USA - Fly Fishing in Idaho Wyoming e Montana
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- Scritto da Luca Zanatta (LuZa)
dal 26/8 al 5/9 2003
di Luca Zanatta (LuZa) 10 giornate di pesca nel Lamar, Buffalo, Madison, Slough, ... .....se penso a come è nata l’idea di questo viaggio quasi non riesco a crederci: ritornando da una giornata di pesca andata non troppo bene, l’amico Stefano, inseparabile compagno di molte avventure di pesca , propose gli States come nostra prossima meta. Ricordo che rimasi per qualche secondo a pensare su quella pazza proposta, per poi scoppiare in una risata. Da quel momento però quelle parole rimasero per me indelebili e , dopo qualche giorno, chiamai Stefano per comunicargli che la cosa si poteva fare, anzi si doveva fare!! Non avendo a disposizione il tempo necessario per pianificare al meglio la vacanza, è iniziata una ricerca spasmodica di informazioni, di telefonate, di e-mail inerenti al viaggio, interpellando “guru” del forum (Pipam) e alla fine ci siamo affidati all’amico Claudio Tagini, alias Claudio U.S.A., che efficacemente ci ha redatto la famosa “bibbia”, contenente tutte le informazioni relative al viaggio in tutte le sue tappe (le migliori pool dove pescare, gli accessi agli streams, i migliori ristoranti della zona, etc). DIARIO DI VIAGGIO Mercoledì 27 Agosto, alle ore 23.00 locali, arriviamo a Idaho Falls un po’ stralunati dal viaggio e la mattina seguente, come primo trasferimento, dobbiamo percorrere circa 90 miglia per l’appuntamento che abbiamo con la guida alle Big Springs dell’Henry’s Fork. Da un piccolo ponticello in legno si vedono delle trote di dimensioni incredibili (anche oltre al metro) ma purtroppo pescare in questo tratto è proibito. Dopo esserci conosciuti con Tom, guida del Blue Ribbon Flies di West Yellowstone, decidiamo, dopo un suo consiglio, di andare a pescare nell’Henry’s Fork, nelle vicinanze di Last Chance (Idaho). La giornata è fredda e ventosa ed il cielo è coperto . L’Henry’s Fork in questo tratto scorre lento ma costante è largo dai 40 ai 50 metri con erbai nel fondale, guadarlo è cosa impensabile. Io provo con lo streamer e Stefano in caccia con la Hopper ma i risultati tardano ad arrivare e così Tom propone di cambiare zona, anzi stato. Dopo un breve lunch ripartiamo per il Montana (ci troviamo al confine tra i due stati) dove si trova il Madison River, presso il Raynolds Bridge, una zona molto conosciuta ai pam locali. Stefano ed io peschiamo a ninfa con lo strike indicator, tecnica a noi non troppo conosciuta ma alla fine efficace: infatti già ai primi lanci iniziano le catturare. Le Rainbow sembrano trote di dimensioni maggiori a quelle reali, data la loro forza e combattività, un vero divertimento quando le hai in canna. Imitazioni come la Cooper con testina color rame montata su ami del 16-18 risulta micidiale in termini di catture. Successivamente riesco ad agganciare anche due Mountain Whitefish, che a prima vista assomiglia molto ad un temolo privo della lunga pinna dorsale, molto meno combattivi, almeno quelli che ho catturato io. La nostra giornata finisce nel Madison, molto più a valle del ponte, catturando sempre con la stessa tecnica, nonostante la mancata schiusa serale in cui speravamo. Ritorniamo a West Yellowstone dove troviamo ad aspettarci a tarda ora la simpatica Charlotte, proprietaria delle “fishermen cabin” dove saremo alloggiati per tre notti. Al mattino scopriamo che nella stanza dove servono le colazioni, è a disposizione degli ospiti un angolo per la costruzione di artificiali,molto attrezzato.......una chicca!! Finita la colazione, dato che le condizioni meteo sono buone, con sole e assenza di vento, decidiamo di riprovare l’Henry’s Fork, nel tratto presso Last Chance. Nessun pam presente: a noi due sorgono i primi dubbi. Peschiamo “l’acqua” alla ricerca di qualche attività ma notiamo solamente qualche bollata sporadica a distanze irraggiungibili. Dopo uno sguardo d’intesa decidiamo di spostarci poche miglia più a nord e provare il Buffalo River, segnalatoci da Claudio come alternativa. Qui riusciamo a catturare parecchie Cutthroat a secca,di dimensioni modeste, usando principalmente imitazioni di piccole effimere. Il fiume è molto bello specie il tratto che costeggia un piccolo campeggio e non sappiamo se a monte le cutthroat di questo stream possono essere di taglia più ragguardevole; certamente valeva la pena esplorarlo ma oramai incombeva la sera. Il giorno successivo decidiamo di ritornare a pescare nel Madison, (al famoso “3 dollar bridge” il cui nome deriva dal proprietario dei terreni,il quale chiedeva appunto tre dollari per il parcheggio della macchina). Il pesce è in attività sin dal mattino, con buone catture a secca, C.D.C. e piccole Caddis su ami del n° 18 le mosche più usate. Molto bello il tratto sia a monte che quello a valle del ponte, (quello a valle è più infrascato, e quindi meno battuto). Abbiamo solamente visto il tratto vicino all’Iron Bridge, perché l’affluenza di pam era molto elevata, quindi abbiamo deciso di trasferirci molto piu a monte (tra Quake Lake ed Ebgen Lake) dove Claudio, in precedenza ci aveva segnalato il suo “Secret Spot”. Ho pescato questo tratto con una piccola copper a mezz’acqua,catturando discrete Rainbow 33-38 cm , mentre Stefano pescando in caccia a ridosso della riva è riuscito a catturare due cutthroat di taglia ragguardevole. Il giorno seguente lo dedichiamo al Madison River a monte del Reynolds Bridge .Rimaniamo per tutto il giorno in questo tratto di fiume che scorre molto veloce alternando la secca, Hoppers, Stimulators, C.D.C, alla ninfa (Cooper, Pheasant Tail con pallina in testa) con discrete catture con entrambe le tecniche. Nei giri d’acqua formati dai grossi massi presenti sul fiume, si posizionano le trote di taglia, catturiamo le Rainbow più belle pescando a risalire “sondando” queste pool. La nostra terza giornata è oramai finita, ed anche il nostro breve soggiorno a West Yellowstone. Al mattino seguente, ci attende il trasferimento al Canyon Village all’interno dello Yellowstone Park. La cittadina di West Yellowstone dista solamente due maglia dall’entrata est del parco e nonostante sia molto piccola esistono ben quattro fly shop, regolarmente visitati, tutti molto belli e ben forniti; mentre a Last Chance, ci sono i fly shop più famosi, come Trouthunter o Henry’s Fork Anglers il famoso negozio di Mike Lawson (si possono fare buoni acquisti tipo Waders, Gilet, e quant’altro). Lasciamo il Montana per entrare nello stato del Wyoming dove si trova lo Yellowstone Park, e ci preoccupiamo subito di trovare la Ranger Station, per procurarci i permessi di pesca. Il costo per l’intera stagione, è di soli $ 20 e subito penso ai costi di certe riserve slovene o austriache. Con il permesso viene fornito un libretto con tutte le acque pescabili all’interno del parco; solamente il Firehole è chiuso a causa della temperatura eccessivamente calda che a secondo i Rangers “stressa” il pesce. Ricordo che a riscaldare l’acqua, oltre al sole, ci sono i geysers. Costeggiamo un lungo tratto del Madison molto invitante, ma molto pericoloso da pescare, a causa di alcuni fanghi morbidissimi, tipo sabbie mobili, che si nascondono sotto una fitta erba, a ridosso delle sponde. Appena entrati nel parco avvistiamo molti animali, spiccano i bisonti con la loro mole imponente. Dedichiamo una mezza giornata alla visita dei geyser e troviamo il tempo per un piccolo giro turistico nella zona dove pernotteremo per due notti: Mammoth Hot Springs. Come dice Claudio, siamo affetti da ”bacillus alieuticus febbrilis” nella forma più grave cioè “freneticus”, e quindi pensiamo subito su quale stream o creek pescare lasciando a Stefano la scelta. Decide per il Lamar River: dall’incrocio della Tower Roosevelt prendiamo la strada per la Northeast Entrance e parcheggiamo la macchina presso uno tra i primi parcheggi che si trovano lungo la strada. Da quel punto non si vede lo stream perché c’è una lunga prateria da percorrere e, cosa di non poco conto, frequentata da bisonti. Dopo aver preso un buon margine di sicurezza tra noi e loro, ci proiettiamo sul fiume. Il River presenta brevi correntine intervallate da lame calme e con grossi massi al centro del fiume, con fondo sassoso ... siamo circondati da una natura incontaminata. Capita di rimanere per qualche minuto ad osservare quello che ci circonda, nessun rumore tranne quello dell’acqua che scorre. Siamo oltre ai 2000 metri di altitudine e iniziano subito le catture. Stefano aggancia una bella cutthroat a secca mentre io cerco fortuna più a monte, dove, dopo un breve raschio e l’inizio di una lama calma, riesco a catturare cutthroat di buone dimensioni, sempre a secca. All’imbrunire, dopo una schiusa di formiche alate molto grandi, la giornata giunge al suo momento magico con le cutthroat in piena attività. È quasi buio e pensiamo subito alla prateria da ripercorrere al ritorno: trovarsi a pochi metri un bisonte, nel buio quasi totale, non sarebbe di certo una bella esperienza. A tarda ora, arriviamo a Mammoth rischiando di saltare la cena presso l’unico ristorante della zona. Al mattino seguente decidiamo di pescare nel Gardner in una zona dove pochi possono esplorarlo. Parcheggiamo la macchina presso lo Sheepeater Cliff e da li’ proseguiamo a piedi, con lo zaino contenente l’abbigliamento da pesca; camminiamo per circa un’ora e mezza lungo un sentierino che a poco a poco si fa’ sempre più impervio. La discesa al fiume non è delle più facili. Risaliamo il Gardner a secca, buca dopo buca, catturando divertenti cutthroat (modeste) e il contesto naturale che ci circonda è meraviglioso. Arriviamo alla macchina stanchi e affamati ma con il tempo necessario per fare il colpo serale nel Lamar River, dove un’imponente schiusa di formiche alate (come nel giorno precedente) fa impazzire le trote: buone le catture nell’ora e mezza a nostra disposizione. A cena pianifichiamo la giornata successiva gustando l’ottimo Prime Rib (filetto) che servono al village di Mammoth e decidiamo che il nostro prossimo fiume sarà lo Slough Creek. A mattino seguente ci svegliamo molto presto e dopo una veloce colazione siamo in direzione della Tower JCT per raggiungere lo Slough Creek. Arriviamo alle otto del mattino e lasciamo la macchina al parcheggio dal quale non si vede il fiume. La scelta della canna è casuale dato che non possiamo vedere che tipo di acque pescheremo. Io decido di pescare con una 8’ #3 scelta che poi si rivelerà assai azzardata mentre Stefano opta per una 9 #5. Camminiamo per circa 45 minuti in direzione del Canyon, zona poco battuta perché difficile da raggiungere ma dove stazionano le cutthroat più grosse. In questo tratto, a circa 2000 metri, lo Slough Creek scorre sinuoso e lento, con fondo sassoso. Immediatamente riusciamo a vedere le prime ninfate e dalle “gobbate” vediamo che il pesce presente è di dimensioni notevoli. Stefano è il primo ad agganciare una bella trota la quale, dopo un breve combattimento, riesce a slamarsi mentre io mi concentro su di un’altra che a pochi metri da me si sta’ cibando di piccolissimi insetti. Monto una piccola formica senza ali, su amo del 22 pescando a risalire, e dopo un buon lancio ho una stupenda cutthroat in canna. Ben presto la coda esce quasi tutta e chiamo Stefano per un sostegno morale ma anche lui a un pesce in canna. La mia lotta termina ben presto, infatti la trota riesce a slamarsi e, dopo una lunga serie di imprecazioni, torno a pescare. Dopo una ventina di minuti aggancio la seconda Cutthroat trofeo della mattinata, con un C.D.C montato su amo grub del 18. Sento che questa volta la trota non riuscirà a scapparmi e richiamo Stefano il quale si precipita con il guadino in acqua. Dopo qualche minuto possiamo finalmente ammirare da vicino, in tutto il suo splendore, questo bel pesce: ci colpiscono le pinne laterali molto lunghe e, dopo la foto di rito, la trota riprende la sua corrente. Una pacca sulla spalla da parte del mio socio, il quale esclama frasi “irriguardose” nei miei confronti, mi fa’ tornare al fiume. Catturiamo altre cutthroat, sui 40 cm, cattivissime, dopo di che Stefano affamato decide di tornare alla macchina. Io continuo a pescare, anche se inizio ad avere un certo appetito, quando la mia attenzione viene colpita da una bollata che sembra un gorgo, tanta è la violenza e la mole del pesce nello spostare l’acqua, e in un istante mi passa la fame e la sete. Mi concentro su quella “bestia” che ho appena visto, scendo pian piano la corrente per posizionarmi al meglio e monto una V2 su amo del 14. Al primo lancio la mosca draga ma nonostante questo la “bestia” sembra interessata anche se ho la sensazione di un rifiuto. Asciugo ben bene la mosca e aspetto qualche minuto per paura che si sia spaventata, ma eccola di nuovo bollare. Questa volta prendo tutte le precauzioni possibili: il lancio è buono leggermente in diagonale un buon mending e sono perfettamente in pesca. Quando vedo salire la “bestia”, ferro con decisione, quasi incredulo che pesci di queste dimensioni possano salire su una mosca secca. La trota parte in corrente sfilandomi tutta la coda e alcuni metri di baking, la canna soffre un pesce di quelle dimensioni e pian pianino inizio a recuperarla. Ma quando è a qualche metro da me, riparte, sfilandomi per la seconda volta tutta la coda. Urlo a gran voce il nome del mio socio ....... niente. Sono solo e inizio a pensare che non potrei mai guadinare un pesce di queste dimensioni senza l’aiuto di qualcuno. Decido allora di portarmi pian piano a valle, dove vedo la possibilità di poter spiaggiare questo magnifico esemplare. Quando riesco ad avvicinarlo alla riva lui sferra delle puntate micidiali per tornarsene in corrente; la canna è al limite e usare una 8’#3 con simili pesci è cosa davvero da incoscienti: forse lo sono anch’io! Quando sento il tip, che sfrega contro i denti della trota, decido il tutto per tutto e succede l’imprevisto: il vettino della canna si spezza in due e rimango praticamente senza gli ultimi 20-25 cm di cimino. A quel punto mi rimangono pochissime possibilità di “lavorare” la trota e quindi inizio a recuperarla verso riva. Finalmente è fatta e sono incredulo davanti a questa Rainbow, sicuramente la trota più grossa da me pescata a secca. Rimango per qualche secondo nel silenzio totale davanti a questo pesce, momenti indimenticabili. Lascio a voi le misure o i pesi, io sono pienamente appagato da questo splendido salmonide pur avendoci rimesso il vettino della canna. Quando la rimetto in acqua per ossigenarla, dopo poco riprende la sua corrente e io il lungo cammino fino alla macchina. Siamo pienamente appagati della giornata e ci spostiamo verso il Canyon Village, dove pernotteremo per due giorni. Prima di andare alla cabin, a depositare i nostri bagagli, ci fermiamo ad ammirare lo Yellowstone River, che scorre maestoso in prossimità del Canyon. Lo percorriamo per qualche miglio, fermandoci spesso a fotografare questo magnifico fiume senza però vedere alcun pescatore.Tutto ciò ci lascia un po’ perplessi, ma oramai è buio e all’indomani abbiamo appuntamento con Tom (la guida) al distributore del Canyon. Finalmente a tavola a gustare un altro prime rib con un buon vino rosso californiano, e per dessert…….be’ meglio lasciar perdere i dolci e …..buonanotte! Alle 9.30 siamo al distributore e ad attenderci c’è Tom il quale ci conferma che lo Yellowstone River non sta’ pescando bene a causa forse dei livelli bassi e decide di farci pescare il Soda Butte Creek. Lo stream scorre su un vasto altopiano attorno ai 2000 metri, circondato da montagne che superano i 3000. Il fondo è sassoso e la larghezza massima si aggira sui 15-20 metri. Il Soda, molto più a valle, si unisce al Lamar che a sua volta confluisce nello Yellowstone. Senza dubbio è stato il fiume che ci ha regalato il maggior numero di catture in una giornata (quasi tutte cutthroat di taglia 35-42 cm, sempre a secca). Le imitazioni in C.D.C , come sempre, sono risultate micidiali, specie nelle ore centrali della giornata. In alternativa le cavallette (piccole), presenti in maniera massiccia sulle sponde dello stream è un’ imitazione sempre valida, come anche la formica alata (grande). Massiccia la presenza di pam in questo Creek ma nonostante questo, lo spazio a disposizione per pescare è talmente vasto che raramente ci si incrocia. Di questo fiume peschiamo un tratto molto produttivo in termini di catture, ma ritengo che in tutta la sua lunghezza il Soda Butte possa soddisfare anche il pam più esigente. Oramai la nostra vacanza sta’ per finire, abbiamo ancora tre giorni di pesca il primo dei quali lo passiamo a Jackson, piccola cittadina molto graziosa del Wayoming. È quasi d’obbligo far visita al bellissimo e (carissimo) fly shop di Jack Dennis, il quale annovera come suoi clienti quattro ex presidenti americani, oltre a noi, naturalmente!!!! Il mattino lo dedichiamo agli acquisti mentre nel pomeriggio andremo a pescare il Gros Ventre River. Iniziamo a pescare, e fa’ un caldo micidiale. Nessun tipo di attività sul fiume. Stefano a secca, pescando in caccia, cattura una cutthroat di buona taglia e io un po’ svogliato continuo a ninfa non sentendo un pesce. A un tratto vedo una bollata e cambio subito l’artificiale montando una paraschute. Dopo poco ho tra le mani una Cutthroat molto bella. Poi il fiume ritorna “muto” e noi, con la gola oramai secca, decidiamo di fare una pausa per una birra, ritornando poi Jackson e provare il Flat Creek , che dista poche centinaia di metri dalla nostra Cabin. Il Flat Creek, si snoda in mezzo ad una vasta prateria, lo si pesca dalle sponde. È un Creek molto battuto per il fatto d’essere vicinissimo a Jackson e quindi molto comodo da raggiungere. I pesci presenti sono abbastanza difficili e nell’ora e mezza dedicata al Creek io ho allamato e perso un pesce mentre Stefano ha catturato due Rainbow. Certamente non si viene a far numero su questo Creek ma quando riesci ad agganciare un pesce la soddisfazione è doppia. Al mattino seguente dato che abbiamo un lungo trasferimento per raggiungere la Swan Valley, nostro prossimo alloggio, peschiamo solamente al mattino l’Hoback River e forse questo, resterà l’unico fiume non proprio all’altezza rispetto alle nostre aspettative.Contrariamente ad altri streams scorre sempre a ridosso della strada, quindi senza lunghi tragitti da percorrere a piedi. Lunghi raschi intervallati da qualche lama, con pools profonde, caratterizzano questo fiume per altro molto scenico. Decidiamo così di fare il lungo trasferimento nel pomeriggio, anticipando il nostro arrivo al Ranch dove arriviamo in serata, (giusto il tempo per dare un’occhiata a quello che ci aspetta domani e cioè il float trip sullo Snake River). All’indomani abbiamo appuntamento con la guida scelta da Claudio per questo nostro ultimo giorno di pesca. È la nostra prima esperienza di pesca dalla barca e facciamo tesoro dei consigli di Claudio: solitamente chi sta’ a prua è avvantaggiato e scambiarsi di posto è cosa frequente.Inoltre bisogna stare attenti al ritmo dei lanci: solitamente è il pescatore di prua che detta il ritmo altrimenti facilmente si incrociano le code. Detto questo, salpiamo. Ed ci dice che a monte hanno chiuso da qualche giorno la diga del Palisades Reservoir e che il livello del fiume è sceso. Purtroppo non sono le condizioni ottimali per pescare; il pesce infatti risente di questi continui abbassamenti di livello e questa non è una cosa buona per la pesca. Io inizio a pescare a streamer con uno zoonker grigio chiaro e Stefano in secca con una cernobyl. Dopo pochi lanci aggancio una bella brown la quale riesce a liberarsi sotto barca. Stefano, pescando in caccia cattura un paio di belle brown lanciando a ridosso della riva. Spesso vediamo gli attacchi alla nostra mosca ma la velocità della barca pregiudica sovente la ferrata. Alterno anch’io la secca allo streamer, specialmente quando Ed ci segnala i punti dove stazionano le Brown più grosse, oltre che alle West Lope Cutthroat native. Stiamo pescando la zona del Canyon, il tratto migliore in questa stagione (così dicono) molto scenico con pareti di roccia lavica a picco dove nidificano le aquile pescatrici, oltre alle tante braids (dove ci si ferma per pescare in wading). Ed mi fa’ notare che in una di queste, in un giro d’acqua a ridosso della corrente principale, stazionano un paio di belle trote che stanno ninfando. Scelgo una piccola ninfa su amo del 18 corpo color verde scuro e monto uno strike indicator per poter controllare meglio ogni piccola mangiata. In breve tempo, in quel giro d’acqua, aggancio quattro Brown sui 35 cm. Ed scrolla la testa e non mi sembra contento. Al ritorno in barca mi dice che in quella buca ci sono trote che superano di gran lunga i 2 kg !!! Quindi ripartiamo e, poco dopo, ci fermiamo a pescare un’altra pool in waders, e questa volta Ed accompagna Stefano. Io ne approfitto per filmare questi fantastici scenari che ci circondano. Si riparte e peschiamo per un lungo tratto dalla barca alternando catture modeste. Molte sono le trote che perdiamo durante il recupero; pescare dalla barca stanca in maniera esagerata, spesso l’equilibrio è precario e i lanci sono molto piu frequenti. Sicuramente ci aspettavamo qualcosa di più, come catturare qualche trota formato XXL, ma anche questa è stata un’esperienza. Sono state dieci giornate di pesca che non scorderemo mai, simili esperienze ti accrescono dentro. I fiumi e il contesto naturale sono a dir poco favolosi, per non parlare delle varie specie di trote che popolano questi streams. Sicuramente una vacanza appagante sotto ogni aspetto che auguro a tutti di provare. Luca Zanatta (LuZa) © PIPAM.com |