BTN - Pesca in Bhutan
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- Scritto da Antonio Napolitano (Flyaenne)
Tempo di lettura: 10 minuti
Pesca in Bhutan
Il regno del Bhutan è uno stato piccolo e meraviglioso di soli 700 mila abitanti sul tetto del mondo nella parte meridionale della catena dell’Himalaya. In Bhutan si ha rispetto di ogni luogo e creatura del pianeta e si pratica il buddismo vajrayana che esalta i concetti di interconnessione ed interdipendenza di tutto ciò che ci circonda e che consente “la vera conoscenza” e “il raggiungimento dell’illuminazione” già in questa vita.
La felicità della popolazione è al primo posto nel rispetto della tradizione che considera la felicità interna lorda (GNH Gross National Happiness) anziché il PIL il principio guida per lo sviluppo del paese. Sviluppo fortemente sostenibile perseguito attraverso un approccio olistico alle nozioni di progresso con una importanza fondamentale attribuita all’equilibrio e all’armonia tra gli aspetti materiali e non materiali del benessere.
Questi valori e questi principi sono alla base del faraonico progetto di “Mindfulness City”, una avveniristica città/stato con proprio ordinamento e propria amministrazione che sorgerà a sud est del Bhutan vicino al confine con l’India e sarà caratterizzata da una assoluta sostenibilità di tutte le sue componenti.
Tutto molto interessante ed avvincente ma più che la ricerca della felicità o l’idea di opzionare un monolocale a Mindfulness City, ciò che ha spinto me e Giacomo ad intraprendere un viaggio di pesca in Bhutan è stato il desiderio di pescare trote selvatiche in alta quota ai piedi della catena dell’Himalaya e soprattutto il fascino della cattura del mitico mahseer (Ser Nya, in bhutanese).
Quasi 20 anni fa ero stato in Himachal Pradesh a pescare il mahseer con l’amico Mauro Mazzo accompagnati dal grande pescatore a mosca indiano (forse l’unico a quei tempi!) Misty Dillon.
Misty e’ stato utilissimo nella definizione dei dettagli pratici e logistici anche di questa spedizione in Bhutan.
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Questo il programma: 4 giorni di pesca alla trota in torrenti d’alta quota e 4 giorni di floating trip in un grande fiume di fondovalle puntando alla cattura del masheer. Dopo avere fatto scalo a New Delhi atterriamo al mattino prestissimo a Paro (unico aeroporto internazionale del Bhutan). Fondamentale il consiglio di Misty di assicurarsi il posto in aereo vicino al finestrino nella fila di sinistra per ammirare, lungo buona parte del volo, l’intera catena dell’Himalaya. A Paro incontriamo Kinley, la nostra guida che ci ha accompagnato per tutto il viaggio.
Massimiliano con Kinley
Kinley era la nostra guida, tra l’altro bravissimo pescatore a mosca. Uno dei pochissimi in Bhutan!
Ad attenderci c’è anche l’amico Guido che era partito dall’Italia un paio di giorni prima di noi per assistere al festival in corso a Paro. Guido, grande viaggiatore ed esperto conoscitore delle culture, civiltà e religioni orientali, seppur non pescatore, ha condiviso con me e Giacomo i primi giorni del viaggio.
Da sinistra: Guido Daccò, Giacomo Calvi e Massimiliano Perletti, con la guida e vari accompagnatori.
Dopo una ricca colazione ci mettiamo subito in macchina verso Thimphu, la piccola capitale del Bhutan (solo 40.000 abitanti), l’unica capitale al mondo a non avere….semafori. Nel primo pomeriggio di nuovo in macchina e dopo un paio d’ore arriviamo sul fiume Pho. Il corso d’acqua e’ molto bello e l’acqua cristallina. Ricorda a tratti il fiume Sesia.
Lame, profonde buche, cascatelle… Le prime catture non si fanno aspettare. Le fario non sono grandi ma con splendide livree e molto combattive. Tutte rigorosamente autoctone. In Bhutan infatti non esistono allevamenti di trote. Ne catturiamo diverse sia a ninfa che a secca.
Ormai con buio pesto chiudiamo il primo giorno di pesca distrutti dalla stanchezza ma soddisfatti. Il giorno successivo sveglia all’alba e mentre Guido visita spettacolari monasteri e fortezze, Giacomo ed io torniamo a pescare sempre sul Pho in un tratto più a monte rispetto al giorno prima. Le catture si susseguono. Ricordo che siamo a quasi 3000 metri d’altitudine. Nel primo pomeriggio di nuovo in macchina. Dopo un paio d’ore raggiungiamo il torrente Sephu Chhu bellissimo corso d’acqua che si snoda in un ambiente montano di larici e pini.
Peschiamo a risalire per un lungo tratto alternandoci di continuo con ottimi risultati sia a secca che a ninfa.
Persino Guido cattura la sua prima trota. E vista la sua gioia e soddisfazione immagino, e mi auguro, non l’ultima…! A notte fonda raggiungiamo Trongsa. Qui salutiamo Guido che prosegue il suo giro per templi e monasteri.
Giacomo Calvi con Samten, l'autista, bravo e prudente
Giacomo ed io di nuovo in macchina verso il Drangme Chhu, grande corso d’acqua che avremmo dovuto discendere in gommone per 4 giorni. Riceviamo però la conferma di ciò che già temevamo: il fiume per le recenti piogge (anomale in questo periodo dell’anno) si era sporcato sino a diventare sostanzialmente impescabile. Grandissima delusione e sconforto. Per fortuna Kinley aveva pronto il piano B: due giorni in gommone discendendo il Manas e due giorni sempre in gommone su un suo affluente, il Mangde.
Giacomo lancia molto convinto dal gommone durante la discesa.
Certamente un programma di ripiego che comunque si e’ rilevato avvincente. Il Manas Chhu scorre attraverso il Royal Manas Park. La natura e’ rigogliosa, nessun segno della presenza dell’uomo per tutto il suo corso. Acque incontaminate.
Il Mangde Chhu è invece un corso d’acqua più torrentizio. Acqua limpida anche se leggermente velata.
Abbiamo pescato sia in wading che dalla barca sempre e solo a streamer. Pernottare in tenda sulle sue rive è stato decisamente suggestivo.
Massimiliano in esplorazione fondali
Tirando le somme, in quattro giorni di pesca su entrambi i fiumi abbiamo preso 3 mahseer a testa, di cui uno…a secca su una cavalletta in foam chiara.
Non penso che da tale cattura si possa trarre la conclusione che i mahseer si possano insidiare regolarmente a secca. Penso che si sia trattata di pura casualità…anche se in verità qualche terrestrial ogni tanto si vedeva ed in questo periodo le cavallette sono abbondanti.
Giacomo ha invece pescato il mahseer più grosso stimato intorno ai tre chili, catturato con uno streamer in un tratto di acqua lenta lungo la riva lanciando dal gommone. Bellissimi pesci anche se ci è mancato un mahseer di taglia importante.
Il fiume successivo è stato il Nakay Chhu nella valle di Phobjikha. Si tratta di un altopiano ad oltre 3000 metri di altitudine di una armonia e bellezza straordinaria.
Il fiume scorre a serpentina per svariati chilometri in questa sterminata valle. Il senso di pace è assoluto. Tante, tantissime trote fario.
La taglia è modesta ma l’aggressività assoluta. Chiudiamo la giornata di pesca pranzando a pomeriggio inoltrato in un suggestivo locale di nome Odiyana. Lo raccomando in quanto li abbiamo gustato il miglior cibo di tutto il viaggio (ndr: in Bhutan non si viene certamente per il cibo. Non c’è grande varietà e la qualità è appena sufficiente. Inoltre devono piacere i peperoncini: alimento base di quasi tutte le pietanze). Il nostro viaggio si è chiuso con l’imperdibile visita al monastero di Taktsang raggiunto dopo un trekking di poco più di due ore e un dislivello di circa 800 metri.
Che dire di questo viaggio di pesca in Bhutan: bilancio altamente positivo nonostante non si sia riusciti a discendere il Manas Chhu considerato uno dei fiumi più prolifici di maheer del Bhutan.
E’ mancata la cattura del grosso golden mahseer, questo è vero.
Un buon motivo per tornare in Bhutan.
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