Armando Quazzo
- Dettagli
- Categoria principale: Fly Fishing Magazine
- Categoria: Interviste
- Scritto da Valerio Santagostino (BALBOA)
Valerio “BALBOA” Santagostino pone le sue domande a:
Armando Quazzo
Classe 1963, laureato in giurisprudenza a pieni voti, Armando, a livello lavorativo si fa le ossa in aziende meccaniche. Nel 1999 entra nella Società Metropolitana Acque Torino fino a diventarne l’amministratore delegato.
La Smat è una società pubblica e serve, tra Torino e provincia, due milioni di persone!
É sposato con Pepita, ha una figlia di 18 anni che studia a Venezia, detta “Iena”…e un gatto, Zack.
I suoi primi ricordi sulla pesca risalgono alle elementari, quando durante una vacanza con la madre, le chiese di comprargli una canna da pesca. -“Ricordo che alla mia richiesta segarono una canna di palude e me la consegnarono. Mi arrabbiai moltissimo”- mi dice Armando.
-” Io volevo una vera canna da pesca!”-
A tredici anni, la svolta! Armando conosce un suo coetaneo che gli parla di questo mitico negozio torinese (ndr: Teresio Felizatto) specializzato nella mosca. Tornato dalle vacanze si precipita in bottega.
-“ Teresio prese subito me e il mio amico sotto le sue ali ”-
Felizatto aveva solo una figlia (Regina) e probabilmente non ha fatto troppa fatica a trasmettere a due giovani leve la sua passione per la mosca.
Armando cresce in negozio, apprendendo tutti i segreti della pesca a mosca, provando canne, code e cominciando anche a far girare il morsetto da costruzione.
-“ La mia prima canna da mosca è stata un’Hardy Fibatube, seguita da una Berkley e da una mitica Orvis Henry’s Fork “, ma siamo dovuti arrivare all’anno 1981 per una canna “seria”.
V: Ciao Armando, senti…il leitmotiv della tua vita è sempre stata l’acqua: nel lavoro, nella pesca, etc…
A: La mia famiglia non aveva pescatori, tranne uno zio che mi portava un paio di volte all’anno con lui. Erano famiglie di altri tempi, con tanti zii, fra i quali uno sicuramente era cacciatore o pescatore. Ed è stato cosi anche per me. Però io ero figlio unico, di sicuro quindi la passione per la pesca non è stata un tara ereditaria-:)
L’ho scoperta a 4 anni, quando perdendomi in spiaggia, mi ritrovavano seduto sul molo e sempre accanto a pescatori.
V: Iniziamo subito con la tua attività di scrittore….piuttosto intensa, direi:
PESCA A MOSCA IL MANUALE COMPLETO del 2008
FLY TYING del 2012
L’ECCELENTE AVVENTURA DI MARTA E JASON del 2021
A: C’è un libro, del 1964, intitolato “Memorie di un imbecille” in cui l’autore, Anselmo Bonaventura si domanda perché si scrive un libro. Le risposte che si dà sono condivisibili: lo si fa per la gloria passeggera, per il piacere di rileggersi o per la speranza che i lettori che leggono le memorie di un babbeo, si rallegrino di essere meno babbei di lui. Aggiungerei che lo si fa anche per la convinzione di avere qualcosa da lasciare ai posteri, oppure per ricevere attenzione per qualcosa che a suo tempo non ha ricevuto l’attenzione che noi ritenevamo necessaria.
Il motivo che ho maturato poggia, invece, su altre basi.
Sostengo, infatti, che noi in Italia abbiamo sbagliato l’approccio verso la pesca a mosca.
Abbiamo privilegiato l’aspetto settario. Basti pensare al numero, enorme, dei “guru”, o presunti tali, che abbiamo in questo paese.
Da qui ho maturato l’intenzione di scrivere dei testi semplici ed accessibili, nei quali si sfati il luogo comune dello sport elitario, difficile, irraggiungibile ed in mano a pochi eletti.
A pesca in torrente
V: Però, Armando, la pesca a mosca è nata cosi…elitaria.
A: Sicuramente, ma poi, fortunatamente, si è addolcita, ha perso un po’ di quella esclusività che aveva alla nascita. Non deve passare il messaggio che sia uno sport inavvicinabile, non è “lontana”, non deve essere snobistica.
É una cosa che ha delle regole, può essere gestita. Questo concetto l’ho distillato nel manuale del 2008.
Sai qual è il grande vantaggio della pam? É un vantaggio ambientale oggettivo…il no-kill.
E sai come è venuto alla luce il mio primo libro? Era un periodo complesso della mia vita professionale, andavo avanti e indietro con la Sicilia e mi ritagliavo un’ora alla sera per scrivere e “staccare” dal lavoro.
Finisco di buttar giù il menabò del libro e mi compro uno scanner della Nikon per digitalizzare le 10.000 diapositive che negli anni avevo accumulato in viaggi (soprattutto di pesca).
Finito quel lavorone, tra l’altro litigando costantemente con mia moglie per il ronzio che la macchina emetteva, lo metto in vendita su Ebay.
Mi contatta un signore al quale do appuntamento al casello di Carisio.
Parlando del più e del meno viene fuori che era un islamista e scriveva per Mondadori.
Ne approfitto, visto che non avevo ancora l’editore, per chiedergli un contatto.
Lo scout di Mondadori aveva appena visto una trasmissione della Bignardi sulla pesca e mi ha dato immediatamente l’ok al progetto!
Spagna Najerilla, la scelta della mosca è sempre complessa
V. Tu sai che a quella puntata delle “Invasioni barbariche” c’ero anch’io, insieme allo scrittore Raul Montanari e al dermatologo Marco Fumagalli! -:)
A: Ma dai! -:)
Comunque sto lavorando al quarto libro…
V. Mi stai dando uno scoop, caro Armando.
A: Speriamo. É una raccolta di storie di pesca, aneddoti e riflessioni, suddivisa per argomenti.
Sarà un libro totalmente autobiografico, ma non tecnico.
Non spiegherà nulla, non avrà gesta da esaltare o fornirà indicazioni tecniche.
Solo mere esperienze vissute da leggere, spero interessanti per il lettore.
In ultima analisi un libro “in trasparenza”, con anche aspetti negativi, ma intimi.
A pesca nelle cave alla ricerca di bass, anche i cavedani, pesci particolarmente diffidenti specie in acqua ferma, soccombono al popper
V: Quando esce?
A: Non lo so…spero presto e vorrei si chiamasse “Il vizio di Pietro”.
V: Bello, il pescatore di Cafarnao, il primo papa, tra l’altro…
Ho letto dei tuoi articoli nella notte dei tempi.
Come è cambiata la pesca a mosca rispetto allora? (ndr: AQ ha scritto più di 200 articoli sulla stampa specializzata ad ora)
A: Non è cambiata, ha una base contemplativa che non cambierà mai. Abbiamo, di questi tempi, solamente un modo di trasferire le informazioni più velocemente. Ma chi era un pescatore a mosca negli anni 80, lo è ancora adesso.
É cambiato l’ambiente, per colpa di comportamenti che ben conosciamo.
Tramonto sul Sandola
V: Ma senza internet, come si faceva a rispondere agli articoli “contro”…tanto, visto il grado di litigiosità nel mondo pam, ci saranno stati anche allora.
A: C’erano le lettere al direttore, una rubrica dove si scriveva frasi del tipo: “Ho letto questo…mi sembra una cazzata enorme”…e da li scaturiva la risposta dell’interessato…di solito abbastanza piccata.-:)
La contrapposizione tra fazioni c’era anche allora.
Ora è tutto esploso. Abbiamo una velocità di ingaggio completamente differente.
E poi esiste questo fenomeno dei “leoni da tastiera”, che aumentano l’entropia del sistema, fanno audience.
A piccole dosi sono anche piacevoli…ogni tanto ti fanno anche sorridere.
Ma quella di avere dei punti di riferimento è una tendenza tutta italiana: il guru ha detto cosi…ha fatto cosà…etc…
Trota sul libero
V: Guarda che ti chiamano anche te guru!
A: No…no, assolutamente, il guru, per me, è un punto di partenza, non di arrivo.
Cerco di mantenere questo atteggiamento, non falso, e di pregherei di credermi, di ritenere che dall’altra parte c’è sempre qualcuno che ti può dare qualcosa o mostrare qualcosa di nuovo.
Ma se proprio vuoi parlare di guru, il mio personale nel campo della costruzione delle mosche artificiali è sicuramente Wayne Luallen che rappresenta la mosca come Maradona al calcio (la mano de Diòs). Wayne è la mano che costruisce in molti dei libri di Radenchich ed ha una conoscenza così profonda del fly-tying che nelle sue lezioni la parte introduttiva è “conoscere il filo di montaggio”, che dura dalle 2 alle 4 ore.
Trote e chironomi
V: Da appassionato di lancio ti devo chiedere cosa pensi del lancio?
A: Il lancio è il modo con cui far arrivare nei tempi e nelle modalità più adeguate ed efficienti possibili, l’artificiale.
All’inizio ho prediletto il lancio muscolare ed in seguito ho apprezzato la tecnica che mi permette di far lavorare la canna e minimizzare lo sforzo. Per di più, il chirurgo mi ha segato il capolungo del bicipite (ndr: uno dei due tendini del bicipite) ed ho dovuto far lavorare di più la canna.
Minor sforzo, massimo risultato…fra l’altro è stata anche la ragione del mio passaggio dalla singola alla doppia mano.
A due mani, nel Po, a valle di Torino
Trota a due mani in Po
Anche i cavedani a due mani
V: Infatti, so che hai una predilezione per la 2H…
A: Nasce negli anni novanta. Felizatto mi coopta come interprete durante i dealer meeting europei della sua marca.
Sono stato traduttore di Orvis in Spagna, in Inghilterra, in Francia.
Poi, l’anno dell’inaugurazione del NFC sul Gaula (ndr: Norvegian Flyfishers Club), Manfred Raguse mi invita come giornalista.
Dovevo documentarmi per poterci andare preparato e l’unica canna che avevo a disposizione era una 15 #11, montata con una coda intermedia WF 11, color ambra.
Ti assicuro che senza “tuition” era veramente difficile capirci qualcosa, ma la malattia per le due mani era oramai scoppiata.
Da quel momento sono andato a lezione da Robert Gillespie, Alastair Gowans, Christopher Rownes, e la mia tecnica ne ha giovato moltissimo.
Ricordo una frase di Ally: -“ La pesca al salmone è una continua serie di lanci quasi perfetti, con ogni tanto l’interruzione di un fastidioso pesce”-.
Irlanda, Ridge pool, sul Moy, a Ballina - il più piccolo salmone della storia
V: Strepitosa! Di Ally conservo gelosamente una sua Cascade e un Ally’s Shrimp.
A: Con Mel Krieger invece solo canne a una mano. L’ho conosciuto a Verona nel 1991, quando venne a promuovere l’FFF.
Nel 1993 ero per lavoro a Baltimora, e su indicazioni di amici in Orvis, mi misi in contatto con Norman Bartlett per una guida a striped sul Rappahannock.
La sera prima dell’uscita sul fiume Norman mi viene a prendere e mi porta a una serata di diapositive tenuta da Lefty Kree.
Seratona, credimi!
L’ho tempestato di domande e mi ha anche preso in ben volere.
Alle 22 mi porta fuori dal negozio per farmi vedere qualche lancio.
Mi ricordo che Lefty prese una 9 piedi coda 5 e nel parcheggio del negozio di Baltimora mi ha fatto vedere “cose che voi umani…”.
In quel negozio ho anche comprato il mio primo morsetto traveller della Renzetti con il quale ci ho costruito e ci costruisco ancora un fracco di mosche.
In mezzo a due leggende della pesca a mosca: Norm Bartlett e Bernard “Lefty”Kreh, Baltimora,1993
Salmone norvegese - 2000
V: So che la pesca che preferisci è quella al salmone atlantico, perché?
A: É vero e il motivo è perché è una pesca dura, impegnativa, ma elegante e molto piacevole.
Non c’è ancora nessuno che abbia capito perché questo pesce mangia, ha talmente tante variabili!
E mi piace perché è fatta in luoghi dove io sento un piacere sublime.
Quest’aria profumata di pini…
Non vorrei passare per snob però.
Ripeto: mi piace il lato etico di questa pesca.
Aspettando uno strattone sul Gaula
Ti racconto un aneddoto. Ero sul Namsen, mezzanotte…c’era un vecchio signore…scambio quattro chiacchiere con lui.
Le solite cose…perché lei è qua…etc…
-“Perché ho litigato con mia moglie”- mi rispose.
-“Quando mi succede, prendo il treno, in cinque ore sono in acqua e poi tutto si appiana”-
Aveva 91 anni, una canna 17 piedi Thomas &Thomas e stava comodamente in mezzo all’acqua a sventolare un palo della luce come nulla fosse.
Mi sono detto che la PAM all’atlantico è uno sport che dà longevità.
V: Bellissimo…certo che prendere un salar non è mai impresa da poco.
A: Il mio record è stato di 12 pesci (fra salmoni e grilse) presi in un giorno con un amico e pescando per 24 ore filate, sul Namsen.
Mi ricordo che, dopo l’ennesimo pesce allamato, fotografato e rimesso in acqua venne da noi un finlandese, che pescava sulla sponda opposta e non aveva catturato nulla: era irritato ed aveva le lacrime agli occhi.
Avevo una canna molto umile (una Shakespeare) ed il finlandese un fascio di magnifiche Loomis sotto il braccio.
12 a 0 è un punteggio troppo duro!
Comunque, la volta dopo, sono stato punito per la mia arroganza-:)
Stavo pescando sul Bjøra…ho cominciato a stare poco bene e sono tornato al lodge. Dopo un the e un’aspirina torno sull’acqua e vedo
salpare un salmone di 12.70 kg. nel posto dove dovevo stare io.
Una rabbia!
Comunque non posso lamentarmi, il mio record è un salar di 108 cm, sul Mandal!
Jason appunto, il protagonista del mio libro.
Ah…rimesso in acqua, ovviamente!
Islanda, Svarta
V: Tanta roba caro Armando!
Pescandolo anch’io, più volte mi hanno fatto notare che li insidiamo quando vengono a riprodursi…un leggero (mica troppo) controsenso per chi si professa amico rispettoso della natura.
Qui da noi, se solo c’è il sospetto che pesti un nido di marmorata (difficilissimo da veder comunque), o una frega di temoli (facile da individuare) ti fanno a pezzi!
Cosa puoi dirmi a nostra difesa.
A: La ritengo un’attività didattica. Una missione; insegniamo al salmone a riconoscere i pericoli. A parte gli scherzi, mi sembra una polemica sterile (come molte polemiche). È provato che trote e salmoni se ben maneggiati (guai a chi tiene il pesce fuori dall’acqua stritolandolo per farsi la foto da tenere sul desktop e da far vedere agli amici sul telefonino), ritornano alle abituali attività come – ad esempio – nutrirsi o per il salmone vicino al compagno/alla compagna, in meno di una mezz’ora. Questa secondo me è la riprova che se ben esercitata, la pesca a mosca ha un impatto nullo sull’ecosistema.
Un salmone impegnativo a Fiskumfoss sul Namsen
V: Ottimo suggerimento. So che parli inglese, spagnolo, francese e pure il norvegese!
A: Si, lo ammetto, è una cosa stupida, dal momento che tutti i norvegesi parlano un inglese perfetto, ma lo faccio per capire cosa si dicono i miei colleghi.
Quest’anno, mentre pescavo in Norvegia, prendo un salmone e lo libero. Mi hanno dato del deficiente!
Alla fine della pescata, salutandoli amabilmente in norvegese, gli ho fatto intendere che avevo capito!-:)
Beh…poi il norvegese mi serve per farmi un’idea sulle riviste nordiche come Villmarksliv dove ci sono molti suggerimenti interessanti che normalmente non troviamo nella stampa specializzata italiana, inglese o statunitense.
Fra l’altro, pubblicano ogni mese una mappa solunare che mette in relazione l’ora del giorno con i momenti di attività del pesce.
Davvero interessante e ben fatto.
L’editore di quella rivista, Runar Warhuus, mi ha suggerito di usare le vecchie DT al posto delle code moderne per la pesca al salmone. Ho fatto uno studio accurato – poi pubblicato sulla rivista americana “The Swing the fly” nel quale è emerso che con le DT si pesca il 30% in più rispetto alle shooting head.
Apertura in Dora Baltea
V: Urka! Spiegaci.
A: Io impiego mediamente 17 secondi nel recuperare la running line, governarla correttamente tra le dita ed eseguire di nuovo un lancio. Ovviamente con la DT si lancia meno distante che con la SH. Se calcoliamo l’arco di cerchio descritto dal raggio (lunghezza del lancio) della DT – per me una media di 26 metri, rispetto a quello della SH (sempre per me e sempre media del pollo di 31 metri) e si combina il dato con il fattore tempo, il risparmio dei 17 secondi per lancio fa percorrere un tragitto complessivo più lungo di circa il 30%.
In sintesi, la nostra mosca rimane più a lungo in acqua (in pesca), una volta trovata la giusta lunghezza di coda non è necessario tenerla fra le dita (aspetto eccellente durante l’inverno perché si può lanciare con i guanti), ci si concentra sul movimento, migliorando il lancio e si aumentano le chance di agganciare un pesce. Quindi, se l’obiettivo non è proprio al di la di una certa distanza, una vecchia DT può fare la differenza.
Trota della Dora Baltea
V: Tre elementi irrinunciabili del tuo set-up.
A: Una tazza di smalto dove bere il the, degli Hardy rumorosi perché ho un piacere sottile a sentire gracchiare i vecchi mulinelli ed un cappello a seconda delle stagioni, da un mad bomber in pelo di coniglio dell’esercito cinese per la pesca invernale, ad una cuffia Sami che non mi dona, ma che adoro; da un Sou’ Wester tipo pescatore di merluzzi quando piove a dirotto ad un Panama per le giornate di sole.
Ero molto affezionato ad un baseball cap della Thomas & Thomas regalatomi da Ally Gowans, ma l’ho perso in un fiume norvegese durante una nuotata non preventivata.
Trota in Dora Baltea
V: Ho visto tante foto in cui sei al mare: preferisci pescare in acqua dolce o acqua salata?
A: Acqua dolce senza dubbio, ma le emozioni che ti possono regalare i pesci di mare sono difficilmente eguagliabili.
Islamorada, 1992
Florida, 2002
Pesce luna nel Golfo di Chiavari
V: Ti piace costruire?
A: Ti confesso che Teresio si era accorto che avevo una certa mano nella costruzione. Lui doveva tenere assortite certe produzioni in negozio e io mi occupavo di tenere lo stock di mosche sempre aggiornato.
Mi dava tutti i materiali per farle, più un tot a mosca.
Con i proventi del lavoro di costruttore – specie durante il periodo universitario – mi procuravo l’argent de poche, necessario ad uno studente per fare il pieno alla macchina e per andare in ferie.
Però Teresio mi ha sottoposto per anni a un’attentissima esamina delle mosche. Se c’era qualcosa che non andava, le dovevo rifare. Il mio incubo erano le Gordon Quill, anche perché sono state le prime che ho dovuto costruire…e poi erano una gran bella rottura di c….! -:)
Credimi, lui le esaminava in maniera certosina.
Sai quando ho ripreso a costruire in maniera abbastanza intensa?
V: Durante il Covid, immagino…
A: Esatto! E ho scoperto che avevo ancora una discreta mano-:)
V: Che altri hobby hai oltre la pesca?
A: Sono monomaniaco…pesca, e colleziono libri di pesca. Una volta alla settimana vado con un amico a fare una pedalata con la bici da strada. Qualche decina di chili fa, mi piaceva correre le maratone (da amatore e con una sola maratona corsa sotto le 4 ore), ma si tratta di uno sport troppo impattante sul fisico ed ho dovuto ripiegare sulla bicicletta.
V: Anch’io vado a chili e non ad anni-:), colleziono libri pam e anche a me piacevano tanto le maratone. Abbiamo molte cose in comune caro Armando.
Con il legno ci peschi?
A: Di canne in bambù ne ho ereditate 4-5 e le considero molto piacevoli in pesca.
Ho una Leonard che si avvicina tranquillamente a una in grafite, una Winston che adoro ed una Orvis che – probabilmente a causa del trattamento (impregnated bamboo) – si comporta come un’anguilla.
V: Hai girato il mondo, hai conosciuto molti pescatori/personaggi, uno in particolare?
A: Di grandi personaggi, si, davvero tanti; mi ha colpito però un illustre sconosciuto.
Era un pescatore norvegese, un professore, aveva una sola scatola di mosche, piena zeppa di Lady Caroline…e basta!
Mi disse -“ Sono 150 anni che prende…prenderà anche adesso”-
Quella frase mi aveva tolto la salivazione, credimi!
Te ne aggiungo anche un altro: Øyvind Kleiven, il mio mentore.
Lo ricordo sempre con simpatia perché lui sì che è un vero guru.
Adesso ti racconto un aneddoto chiarificatore.
Sono sul Bjøra, sto pescando e lui dice all’altro pescatore che era sulla sponda con lui -“ Adesso è nel punto giusto per una tocca…”-
Detto fatto, aggancio un salmone.
Ma sono stato punito ancora una volta!-:)
Lo spiaggio con un perfetto tailing e do la mia macchina fotografica al terzo pescatore presente chiedendogli di fare qualche foto.
Mi restituisce la macchina digitale e non vedo nulla.
Gli dico…cosa è successo?
Mi indica il pulsante errato, quello di accensione.
Il karma di nuovo…me l’ha fatta pagare!
Namsen, Fiskumfoss
V: Cosa ne pensi di questa legge sull’autoctonia?
A: Il direttore della Pravda, nel periodo della perestroika sosteneva come fosse “difficile addormentarsi muti e alzarsi chiacchieroni ”.
Mi spiego: noi soffriamo in Italia della sindrome del primo della classe e ci impuntiamo su posizioni che a livello concettuale sono condivisibili, ma nella realtà troppo complesse da realizzare.
Ti rendi conto che siamo oltre 60 milioni!
Quindi è doveroso innanzitutto fare pace con noi stessi, ricostruendo un habitat perfetto, ma in questa “ricostruzione” non dobbiamo concedere nulla a nessuno!
Il che vuol dire che dobbiamo cambiare tutta la filiera ed applicare lo stesso rigore per tutti: dagli agricoltori che prelevano acqua, alle aziende idroelettriche che turbinano come se non ci fosse un domani e nel momento di massimo vantaggio economico, al DE (ndr: deflusso ecologico, l’ex DMV), ai depuratori che devono depurare in maniera adeguata…etc…
Ma noi siamo i re del compromesso, non saremo mai teutonici nelle nostre decisioni.
V : Quanto costa un litro di latte?
A: Un euro e novanta.
V: Eh kribbio, che latte compri…quello di una giovenca giapponese, allevata a erba medica, munta durante il solstizio d’estate ascoltando musica classica?-:)
A: Il tappo rosso della Centrale del latte di Torino costa cosi! -:)
V: Ah…quindi fai la spesa?
A: Spesa? Assolutamente si…ecco, puoi scrivere che la cucina è un mio hobby, anche se mia moglie sostiene che non cucino più come una volta.
V: Tutte le moglie asseriscono che non siamo più come una volta! -:)
Ho letto, poco tempo fa, un articolo sui furti di piume rare dai musei, dove noi pam venivamo descritti come farabutti e complici…che ne pensi?
A: Posso dirti che è stato un brutto episodio. Uno strumentista dell’orchestra di Filadelfia è entrato notte tempo nel Museo Ornitologico di Tring (UK) e ha portato via due valige piene di uccelli e piume rare.
Mesi dopo è stato beccato perché aveva messo in vendita su Ebay le piume.
É uscito anche un romanzo ispirato a questa storia: The feather thief.
Ma dal momento che gli è stata diagnosticata e riconosciuta dalla Corte la sindrome di Asperger, se l’è cavata abbastanza bene.
Nel momento che l’hanno arrestato, aveva già incassato 200.000 sterline!
V: Un’ultima domanda, volutamente tenuta alla fine perché credo sia molto importante. Per la tua professione (ndr: amministratore delegato SMAT Torino) hai a che fare con l’acqua tutto l’anno.
I pescatori vogliono sempre acqua, gli agricoltori vogliono sempre acqua, i cittadini vogliono sempre acqua, le aziende energivore vogliono sempre acqua…ma purtroppo, in casi di siccità, bisogna fare delle scelte.
Cosa puoi dirmi?
A: Faccio una valutazione squisitamente meteorologica.
É indubbio che la temperatura media si stia alzando.
A Torino abbiamo un “database” assolutamente scientifico che raccoglie il dato nivometrico e le temperature da fine settecento.
Alzandosi la temperatura, si alza lo zero termico.
Vuol dire che la neve si scioglie prima. In altre parole la dotazione di neve, che andava a fusione ad aprile, oggi va in fusione a marzo.
Prima era una riserva importante, ora viene concentrata in un periodo ahimè anche piovoso e finisce in Adriatico.
L’unico modo per superare questa deficienza è quello di creare dei bacini in quota.
Ti do dei dati per spiegarti meglio: dell’acqua che cade in Italia, noi invasiamo l’11%, la Francia il 35%, la Spagna il 37%.
Facci caso…quando vai al mercato le primizie arrivano di solito dalla Spagna…o dalla Francia.
Questo significa che loro riescono a bagnarle e a farle crescere.
Dobbiamo superare la ferita del Vajont del ‘63, e costruire degli invasi intelligenti per la produzione elettrica, irrigua, idropotabile.
Ciò, tra l’altro, significherebbe anche meno acqua durante le alluvioni.
La diga del Bilancino ad esempio, ha salvato Firenze un paio di mesi fa per stessa ammissione del sindaco.
In Francia, questi invasi, d’inverno servono per lo sci, d’estate per il wind surf, il kite e gli altri sport acquatici, evitando anche lo spopolamento delle montagna, altro fenomeno sociale importante.
Sul Test, 1992
V: Permettimi una battuta. Peschi da anni con il caro Umberto (ndr: Benedetti - Veritas Veneto), conosci Francesco (ndr: Perasso - Iren Liguria…il nostro Peri), altro caro amico…voi, che dirigete tre enormi acquedotti, se ci volete fare uno scherzino e vi mettete d’accordo a chiudere i rubinetti, tutta l’Italia del Nord rimane senz’acqua! -:)
A: Potrebbe essere interessante come soluzione, ma non segheremmo mai il ramo sul quale siamo seduti.
V: Leggi Pipam?
A: Si, certo, da sempre. É gradevole, ben scritto, pieno di buoni spunti, è vivo.
Gli utenti è gente attenta e poi è la memoria storica della pam italica degli ultimi 25 anni.
V: Scusa, mi accorgo solo adesso che non porti gli occhiali…cominci ad essermi antipatico!-:)
A: No…ma per costruire si.
V: Beh, allora sei il mio personale guru!-:)
Grazie Armando del tempo che ci hai dedicato.
Spero di vederti questo Natale su in valle.