CUB - Cuba: un sogno a portata di mano
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- Categoria: Avventure di pesca
- Scritto da Fabrizio Moglia
01/01/01
Se il buon giorno si vede dal mattino il nuovo millennio non potrà che portare cose buone. Il 1° gennaio 2001, dopo aver gozzovigliato sino all’alba, il ritrovo con gli amici a casa mia alle ore 7.00 per fiondarci a Malpensa dove alle 10.40 partiva il nostro volo per Ciego de Avila. Bel gruppo numeroso formato, oltre che dal sottoscritto, da Beppe S, PGA Albert, Beppe R., Corrado e Livio.
Alle 7 in punto eravamo già tutti pronti per la colazione, con le canne montate ed una gran voglia di partire. La giornata non prometteva granché: vento teso e freddo da nord, cielo color piombo e temperatura molto bassa. Ci dividemmo, due per barca, e partimmo alla ricerca di qualche flats più riparata in cui poter tentare qualche bonefish. Coky, la mia guida, porta me e Corrado in una specie di laguna tra le mangrovie; qui l’acqua non superava i 40 centimetri ed i gruppi di mangrovie spezzavano il vento che, seppur forte dava qualche chances. Coky mi suggerì di montare un Crazy Charlie dal colore neutro e non piombato e poi si mise in "caccia". Sceso dalla barca cominciò a camminare nell’acqua senza produrre il minimo sciabordio, cosa che tentai di fare anch'io invano. Era concentratissimo sulla ricerca di segnali che tradissero la presenza di qualche pesce. Dopo pochi minuti lo vidi "in ferma" mentre in assoluto silenzio mi faceva segno di mettermi al suo fianco ed allungare coda. Mi indicò un punto ad oltre venti metri ma non vidi nulla sino a quando i due pesci arrivarono sino ad una quindicina di metri.
Quando vidi le due "ombre" venirmi incontro lanciai un paio di metri davanti ai pesci e cominciai a strippare molto lentamente. L’adrenalina era già a 1000 ma quando vidi i pesci accelerare ed uno dei due andare deciso in tailing credo che cuore e respiro si siano fermati un attimo. Tailing, leggera tocca avvertita sul vettino, ferrata e via con le danze. Il primo bonefish della giornata e della vacanza stava filando via veloce ed il rumore del vento si mischiava a quello del mulinello impazzito e non era passata neanche mezz’ora dalla colazione. La lunghissima fuga in un ambiente ove i cespugli delle giovani mangrovie erano dappertutto fu una vera botta di c..fondello ed il pesce, probabilmente prepagato dalla guida, continuava a combattere in acque libere, senza sfruttare la marea di ostacoli che gli avrebbero immediatamente reso la libertà. Dopo qualche minuto Corrado scattò la fotografia a me e Coky con un bel bonefish stimato 4 lbs. Per tutta la giornata camminammo alla ricerca di bonefish alternandoci alla catturare dei pesci. Al termine della giornata, a testa, avevamo catturato una decina di pesci anche se le occasioni sprecate furono parecchie di più. All’imbrunire tornammo al Tortuga e ci ritrovammo con gli altri amici; ad accoglierci il gentilissimo Noel con un bicchierone di mohito ghiacciato, anche se in realtà sarebbe stata meglio una tazza di cioccolata calda. Gran cena a base di aragosta ed ogni sorta di pesce, litri di birra ed una bottiglia di ruhm Mathusalem 16 anni per concludere la giornata.
Il secondo ed il terzo giorno furono appena un po’ meglio del primo ma non troppo ed il vento continuò a soffiare senza tregua. Catturammo tutti qualche pesce ma l’umore non era dei migliori in quanto ci aspettavamo tutti di più come catture ed avevamo a lungo aspettato quei giorni pensando al mare piatto, al sole ed al cielo blu.
Qui l’acqua era immobile ed il fondo scuro. La guida ci disse che avremmo pescato dalla barca; mi fece andare in prua e mi disse di allungare subito coda. Mentre lo facevo notai un lampo di prua alla barca ed in quel preciso istante Coky mi disse di lanciare a ore 12 a 20 metri. Il frenetico Coky comincio ad impartire ordini secchi e precisi "para, para, … lavora, lavora, para… lavora… prendilo". Al primo lancio il primo bonefish. Mentre il mulinello cedeva filo e mi gustavo la lunga fuga del pesce mi resi conto che eravamo circondati da numerosi branchi di bonies di media taglia ma numerosissimi. Come nei giorni precedenti io e Corrado ci alternammo con un pesce a testa, poi in tarda mattinata, l’amico decise di riposare per un po’ e mi ritrovai in prua per un ora filata. In una mattinata catturai 40 bonefish e riuscii a scattare una gran quantità di fotografie. Per pranzo ci fermammo in loco e Coky ci diede un piatto di uno strano intruglio e, appena finito di mangiare, di nuovo a pescare. Quasi stufo ma sicuramente stanco chiusi la canna dicendo a Coky che per quel giorno i bonefish potevano riposarsi e che volevo almeno un tarpon. Nei giorni precedenti ci avevamo provato parecchie volte ma erano decisamente riparati tra le mangrovie e la pesca era, se non impossibile, altamente improbabile; l’unico che ne aveva allamato uno era Beppe S.
Alla ferrata seguirono due salti e poi vidi distintamente la mosca cadere da una parte ed il tarpon dall’altra. Aspettammo una decina di minuti ed il branco uscì di nuovo dalle radici. Altro lancio, altro strike ed altro pesce perso, questa volta era saltato direttamente tra i rami. A quel punto, ormai convinto che anche quella giornata non mi avrebbe regalato il tarpon, parlai con la guida che propose di scendere su un banco di sabbia che delimitava il canale per risalirne un tratto e cercare altri tarpon. Con poca fiducia lo seguii e quando arrivammo alla prima curva sentii Coky avvisarmi di alcuni tarponi in arrivo. Lanciai la mosca verso la sponda opposta prima di vedere i pesci che, dopo qualche istante, sbucarono dal fitto intrico. Decisi che se il pesce avesse mangiato non gli avrei lasciato lo spazio per combattere, a rischio di rompere la canna. Il primo del branco attaccò violentemente la mosca e lo ferrai con una violenza che non avrei riservato neanche a mia suocera. Lo lasciai saltare ma senza concedergli un millimetro di coda. Vista la larghezza ridottissima del canale lo spiaggiai in pochi secondi ed io e Coky ci trovammo a saltare ed urlare come bambini che avevano avuto il loro gioco.
Anche l’ultimo giorno e mezzo di pesca furono piuttosto interessanti e proprio le ultime ore offrirono a Beppe S un’altra fugace opportunità su una coppia di permit. Da quei giorni la palometa è rimasta nelle nostre menti e stiamo pianificando la prossima uscita ai JDR. Finiti i nostri giorni al Tortuga ritornammo sulla terraferma trovando un mare incredibilmente tranquillo ed un tramonto fantastico.... Cazzo che beffa. Il viaggio prevede un pernottamento ed una giornata piena a Moron, piccola città cubana dove si può trovare e comprare di tutto o godere la vista di splendide ragazze, di ogni forma e colore.
Pacchetto Viaggio in bassa stagione 4.200.000 lit. Visto Cubano 20 $ 44.000 lit. Visto per il parco Marino 50 $ 110.000 lit. Bevande 50 $ circa 110.000 lit. Mancia alle guide 50$ 110.000 lit.
Totale 4.574.000 lit.
L’attrezzatura impiegata è stata di canne 9’ # 7, 8 e 9 con coda WF7 o 8 per i bonefish, canne 9’#10 o 12 con coda WF10 e 11 per i tarpon, canne 9’#9 con coda WF9 per i permit. Mulinelli con buona frizione, meglio se antireverse per i permit.
di Fabrizio Moglia
Jardines de la Rejna.
Se il buon giorno si vede dal mattino il nuovo millennio non potrà che portare cose buone. Il 1° gennaio 2001, dopo aver gozzovigliato sino all’alba, il ritrovo con gli amici a casa mia alle ore 7.00 per fiondarci a Malpensa dove alle 10.40 partiva il nostro volo per Ciego de Avila. Bel gruppo numeroso formato, oltre che dal sottoscritto, da Beppe S, PGA Albert, Beppe R., Corrado e Livio.
Dopo oltre 12 ore di volo sul confortevole boeing 767 della Air Europe ed una bottiglia di Laphroig distribuita non equamente tra tutti i partecipanti, finalmente, l’atterraggio all’aeroporto di La Habana, un ora di scalo tecnico per poi effettuare l’ultima tratta, di una quarantina di minuti, sino a Ciego de Avila. Dopo le solite formalità doganali ed un discreto controllo dei bagagli ci attende ancora un’ora abbondante di pullman, sino al porto di Jucaro, e poi la traversata che, normalmente, richiede poco più di 3 ore. Quella notte il mare era piuttosto brutto, il vento rinforzava e tra sballottamenti non indifferenti, in un mare buio pesto ci impiegammo circa 6 ore per cui arrivammo ai Giardini all’una di notte. Ci sistemammo nelle cabine del Tortuga e dormimmo qualche ora, tutti smaniosi di pescare il giorno successivo che venne in un baleno.
Alle 7 in punto eravamo già tutti pronti per la colazione, con le canne montate ed una gran voglia di partire. La giornata non prometteva granché: vento teso e freddo da nord, cielo color piombo e temperatura molto bassa. Ci dividemmo, due per barca, e partimmo alla ricerca di qualche flats più riparata in cui poter tentare qualche bonefish. Coky, la mia guida, porta me e Corrado in una specie di laguna tra le mangrovie; qui l’acqua non superava i 40 centimetri ed i gruppi di mangrovie spezzavano il vento che, seppur forte dava qualche chances. Coky mi suggerì di montare un Crazy Charlie dal colore neutro e non piombato e poi si mise in "caccia". Sceso dalla barca cominciò a camminare nell’acqua senza produrre il minimo sciabordio, cosa che tentai di fare anch'io invano. Era concentratissimo sulla ricerca di segnali che tradissero la presenza di qualche pesce. Dopo pochi minuti lo vidi "in ferma" mentre in assoluto silenzio mi faceva segno di mettermi al suo fianco ed allungare coda. Mi indicò un punto ad oltre venti metri ma non vidi nulla sino a quando i due pesci arrivarono sino ad una quindicina di metri.
Quando vidi le due "ombre" venirmi incontro lanciai un paio di metri davanti ai pesci e cominciai a strippare molto lentamente. L’adrenalina era già a 1000 ma quando vidi i pesci accelerare ed uno dei due andare deciso in tailing credo che cuore e respiro si siano fermati un attimo. Tailing, leggera tocca avvertita sul vettino, ferrata e via con le danze. Il primo bonefish della giornata e della vacanza stava filando via veloce ed il rumore del vento si mischiava a quello del mulinello impazzito e non era passata neanche mezz’ora dalla colazione. La lunghissima fuga in un ambiente ove i cespugli delle giovani mangrovie erano dappertutto fu una vera botta di c..fondello ed il pesce, probabilmente prepagato dalla guida, continuava a combattere in acque libere, senza sfruttare la marea di ostacoli che gli avrebbero immediatamente reso la libertà. Dopo qualche minuto Corrado scattò la fotografia a me e Coky con un bel bonefish stimato 4 lbs. Per tutta la giornata camminammo alla ricerca di bonefish alternandoci alla catturare dei pesci. Al termine della giornata, a testa, avevamo catturato una decina di pesci anche se le occasioni sprecate furono parecchie di più. All’imbrunire tornammo al Tortuga e ci ritrovammo con gli altri amici; ad accoglierci il gentilissimo Noel con un bicchierone di mohito ghiacciato, anche se in realtà sarebbe stata meglio una tazza di cioccolata calda. Gran cena a base di aragosta ed ogni sorta di pesce, litri di birra ed una bottiglia di ruhm Mathusalem 16 anni per concludere la giornata.
Il secondo ed il terzo giorno furono appena un po’ meglio del primo ma non troppo ed il vento continuò a soffiare senza tregua. Catturammo tutti qualche pesce ma l’umore non era dei migliori in quanto ci aspettavamo tutti di più come catture ed avevamo a lungo aspettato quei giorni pensando al mare piatto, al sole ed al cielo blu.
Il quarto ed il quinto giorno vedemmo, finalmente, i colori dei caraibi. Il vento non era cessato del tutto ma tirava molto meno degli altri giorni ed eravamo sotto un cielo incredibilmente azzurro tempestato di nuvole candide in veloce movimento. Ovviamente i colori delle flats e del mare si mostrarono in tutte le tonalità di azzuro, verde e turchese, le spiagge sfavillavano in tutto il loro candore e, cosa più importante, le guide vedevano finalmente i pesci ed avevano voglia di pescare.
Quella mattina ero di nuovo in barca con Corrado e Coky che ci portò in un insenatura poco distante da Boca Grande dove era certo di trovare grossi banchi di bonefish. Dopo un'ora di navigazione sul piccolo e velocissimo barchino la guida spense il motore e cominciò a perticare verso riva. Ci trovavamo in uno specchio d’acqua profondo uno due metri, perfettamente protetto dal vento grazie ad un alto muro di mangrovie.
Qui l’acqua era immobile ed il fondo scuro. La guida ci disse che avremmo pescato dalla barca; mi fece andare in prua e mi disse di allungare subito coda. Mentre lo facevo notai un lampo di prua alla barca ed in quel preciso istante Coky mi disse di lanciare a ore 12 a 20 metri. Il frenetico Coky comincio ad impartire ordini secchi e precisi "para, para, … lavora, lavora, para… lavora… prendilo". Al primo lancio il primo bonefish. Mentre il mulinello cedeva filo e mi gustavo la lunga fuga del pesce mi resi conto che eravamo circondati da numerosi branchi di bonies di media taglia ma numerosissimi. Come nei giorni precedenti io e Corrado ci alternammo con un pesce a testa, poi in tarda mattinata, l’amico decise di riposare per un po’ e mi ritrovai in prua per un ora filata. In una mattinata catturai 40 bonefish e riuscii a scattare una gran quantità di fotografie. Per pranzo ci fermammo in loco e Coky ci diede un piatto di uno strano intruglio e, appena finito di mangiare, di nuovo a pescare. Quasi stufo ma sicuramente stanco chiusi la canna dicendo a Coky che per quel giorno i bonefish potevano riposarsi e che volevo almeno un tarpon. Nei giorni precedenti ci avevamo provato parecchie volte ma erano decisamente riparati tra le mangrovie e la pesca era, se non impossibile, altamente improbabile; l’unico che ne aveva allamato uno era Beppe S.
Partimmo in una corsa sfrenata negli stretti canaletti tra le piante e ci fermammo in una zona in cui le mangrovie lasciavano spazio all’acqua poco profonda ma di tarpon neanche l’ombra. Solo un grosso snook passò vicino alla barca del tutto indifferente a noi ed alle esche che gli passavano davanti. La guida decise allora di portarci in un canale poco distante dove aveva visto, giorni prima, diversi snook. Quando spense la barca e cominciò a perticare vidi 5 grossi pesci uscire dalle mangrovie e venirci tranquillamente incontro attraverso lo stretto e poco profondo canale di fronte a noi. I tarpon erano incuriositi dal rumore e dalla nostra presenza e appena posai la mosca di fronte al branco, alla prima strippata, ne partì uno avvicinandosi lentamente all’esca per poi risucchiarla con un breve scatto ed una rotazione laterale del corpo.
Alla ferrata seguirono due salti e poi vidi distintamente la mosca cadere da una parte ed il tarpon dall’altra. Aspettammo una decina di minuti ed il branco uscì di nuovo dalle radici. Altro lancio, altro strike ed altro pesce perso, questa volta era saltato direttamente tra i rami. A quel punto, ormai convinto che anche quella giornata non mi avrebbe regalato il tarpon, parlai con la guida che propose di scendere su un banco di sabbia che delimitava il canale per risalirne un tratto e cercare altri tarpon. Con poca fiducia lo seguii e quando arrivammo alla prima curva sentii Coky avvisarmi di alcuni tarponi in arrivo. Lanciai la mosca verso la sponda opposta prima di vedere i pesci che, dopo qualche istante, sbucarono dal fitto intrico. Decisi che se il pesce avesse mangiato non gli avrei lasciato lo spazio per combattere, a rischio di rompere la canna. Il primo del branco attaccò violentemente la mosca e lo ferrai con una violenza che non avrei riservato neanche a mia suocera. Lo lasciai saltare ma senza concedergli un millimetro di coda. Vista la larghezza ridottissima del canale lo spiaggiai in pochi secondi ed io e Coky ci trovammo a saltare ed urlare come bambini che avevano avuto il loro gioco.
Lo stesso giorno anche Livio prese il Suo tarpon e Beppe S rischiò l’esaurimento nell’insidiare per almeno 20 minuti uno splendido permit che viaggiava parallelo alla barca mentre Joengen, la Sua guida, lo strapazzava come una maestra isterica tratta i bambini più irruenti. Varie esche e molti lanci giusti non valsero la cattura di quello stupendo pesce.
Anche l’ultimo giorno e mezzo di pesca furono piuttosto interessanti e proprio le ultime ore offrirono a Beppe S un’altra fugace opportunità su una coppia di permit. Da quei giorni la palometa è rimasta nelle nostre menti e stiamo pianificando la prossima uscita ai JDR. Finiti i nostri giorni al Tortuga ritornammo sulla terraferma trovando un mare incredibilmente tranquillo ed un tramonto fantastico.... Cazzo che beffa. Il viaggio prevede un pernottamento ed una giornata piena a Moron, piccola città cubana dove si può trovare e comprare di tutto o godere la vista di splendide ragazze, di ogni forma e colore.
Informazioni generali : la durata del viaggio è di 8 giorni compreso il volo. Il pacchetto comprende il volo A/R da Milano, il trasferimento in pullman ed in barca, la barca e la guida ogni due pescatori, la cabina doppia, colazione, pranzo e cena escluse le bevande ed il soggiorno a Moron. Gli unici extra sono il visto Cubano (20$) il permesso di entrata al parco marino dei JdR (50$) e le varie a Moron (non quantificabili).
Costi
Pacchetto Viaggio in bassa stagione 4.200.000 lit. Visto Cubano 20 $ 44.000 lit. Visto per il parco Marino 50 $ 110.000 lit. Bevande 50 $ circa 110.000 lit. Mancia alle guide 50$ 110.000 lit.
Totale 4.574.000 lit.
L’attrezzatura impiegata è stata di canne 9’ # 7, 8 e 9 con coda WF7 o 8 per i bonefish, canne 9’#10 o 12 con coda WF10 e 11 per i tarpon, canne 9’#9 con coda WF9 per i permit. Mulinelli con buona frizione, meglio se antireverse per i permit.
Fabrizio Moglia (Servizi giornalistici del G.A.S.)
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