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SVN - Il Testimone

Slovenia  25/07/2005


di Gianfranco “Von Pellix” Pelliciari

...ovvero, una splendida vacanza di pesca in Sava e in Radovna.
Anche per il 2005, come peraltro da tre stagioni a questa parte, io e mia moglie ci siamo regalati una “vacanza” in Slovenia. È fuor di dubbio che la località e l’albergo dove soggiornare sono state delle mie scelte strategiche non certo nell’ottica del turismo ma in quella della …pesca: l’Hotel Tripic in Bohinjska Bistrica, praticamente sulle rive della Sava, ritrovo ormai conosciuto ed apprezzato da parecchi pescatori di tutta Europa.


Ma, a differenza degli anni precedenti, quest’estate ho portato con me anche i miei anziani genitori.
Grazie alla perfetta e gentile ospitalità della direzione dell’Hotel, che ci ha messo a disposizione delle splendide e nuovissime camere a pianterreno (mio padre, classe 1916, ha 89 anni e mia madre, classe 1924, ne ha 81 con alcune difficoltà di deambulazione), ho così finalmente potuto adempiere a due impegni che avevo preso con me stesso da molto tempo: portare i miei genitori in vacanza con me e mia moglie per regalare loro un periodo di ferie da passare insieme, come ai bei vecchi tempi - e, forse, fra le ultime occasioni che ci potremo permettere di godere uniti ed in buona salute - senza peraltro nulla togliere alla mia passione per la pesca a mosca ma, soprattutto, far ritornare finalmente a pescare mio padre.

Già. Mio padre….

Gran pescatore alla passata, fin da piccolo mi ha portato per fiumi e torrenti per condividere con me questa sua unica, grande passione che è la pesca in acqua dolce.


Sul “nostro” Ticino ho così imparato da lui prima ad innescare i bigatti su ami del 18 legati ad uno spezzone di monofilo fissato ad una cannetta di bamboo, con un piombino in fondo ed una pennetta d’istrice in mezzo a far da galleggiante, e poi a pescare vaironi ed alborelle, triotti e cavedanelli.
In questo modo, con pazienza e comprensione, da vecchio e saggio pescatore è riuscito a trasmettermi integro il suo grande amore per la natura e per l’ambiente e la sua innata e viscerale passione per la pesca nelle “acque che ridono”.
Così, col susseguirsi degli anni, per me il passaggio dalla cannetta fissa alla canna alla bolognese per la pesca alla passata e alla canna da lancio per la pesca con la camolera, la moschera ed il cucchiaino è stato breve e naturale.
Ma nel contempo, con l’età e perdendo progressivamente la vista per colpa della cataratta, egli dovette prima limitare l’attività della pesca in fiume per poi accontentarsi di quella nei laghetti per finire purtroppo, con l’aggravarsi degli acciacchi ed ormai quasi cieco, nel trasformare l’antica passione in struggente ricordo.

Ma il suo spirito non mi ha mai abbandonato. In tutti questi anni, ogni volta che mi sono ritrovato sul fiume non sono mai stato da solo. Ho sentito sempre la sua essenza accanto a me, poiché in ogni uscita di pesca un poco di lui mi è rimasto sempre attaccato.


A volte, quasi percependolo accanto, mi sono girato di scatto, sicuro di vederlo comparire da dietro l’ansa del fiume o attraversare lo stesso guado da me passato qualche momento prima. Presenza sempre rassicurante, mi ha continuamente stimolato ad assorbire ogni più piccola emozione, ogni sensazione che il pescare mi offriva per metterle al sicuro nella cassaforte dei ricordi. Così, non posso neanche dimenticare come, al ritorno dalle mie battute di pesca, non potendo fare a meno di raccontargli delle mie “strabilianti” catture, godevo ogni volta della luce di piacere che si riaccendeva nel suo sguardo ai miei racconti, della freschezza e della passione che riaffiorava nella sua voce mentre rinverdivamo insieme le epiche pescate fatte tanti anni prima.

Ancora mi suonano nell’orecchio gli epiteti di “… pescator della lippa …” o, peggio, di “… pescator della mutua …” che ancora adesso mi appioppa scherzosamente quando, ogni volta ritornato a casa, alla sua richiesta se avessi portato del pesce per cena, io immancabilmente gli rispondo di averlo liberato tutto. A questa mia risposta, implacabile, segue sempre la sua replica con cui, ad alta voce e con un tono alquanto allusivo, adombra il sospetto del mancato apporto di trote e temoli alla nostra tavola a causa di un mio bel …“cappottino in astrakan”!!!

Ma alcuni anni fa, grazie ad un intervento chirurgico, le cataratte gli sono state rimosse permettendogli così di ritornare a vedere chiaramente, seppur con un campo visivo molto ristretto. A seguito di questo piccolo miracolo mi sono perciò ripromesso di riportalo, almeno un’altra volta, a pescare con me e, per di più, a pescare a mosca!!!
Pertanto, non appena arrivati in albergo quel fatidico 25 luglio, contagiati entrambi dalla smania di andare a pescare, il pomeriggio stesso abbiamo deciso di effettuare le sacre liturgie per l’iniziazione del “nuovo-vecchio” pescatore agli arcani segreti della pesca a mosca.


Dopo alcune ore di un mini corso di lancio sul prato dell’albergo, durante il quale il mio “vecchietto” (lui si arrabbia molto quando lo chiamo così, ma è più forte di me…) mi ha letteralmente stupito dimostrando una disarmante facilità nell’apprendere i primi rudimenti del lancio, stabilito così di essere entrambi pronti per “andare a fregare” – il suo termine preferito – qualche bella trota, abbiamo deciso di andare a bagnare la coda in Radovna la mattina successiva per mettere subito in pratica le nozioni apprese.
È chiaro che il controllo perfetto del sistema canna-coda-mosca non gli è riuscito subito, ma la sua vecchia esperienza di pescatore con la “frusta” (così lui chiama da sempre la mitica “Valsesiana” armata con il trenino di tre mosche sommerse) si è fatta subito sentire, permettendogli di impostare correttamente sin da subito il movimento e la posizione del polso.
Sorprendente è stata anche la voglia di imparare, la capacità di mettersi ancora in discussione e l’entusiasmo di apprendere qualcosa di nuovo che egli, a quasi 90 anni, ha dimostrato. Speriamo che sia una dote di famiglia…. È proprio un “grande” mio padre!!!

Dopo il successo del corso di lancio ed una serata passata a far mosche, giusto per iniziare ho deciso di portarlo in un tratto facile della Radovna, con il preciso scopo di fargli riassaporare la passione per la pesca in caccia alle trote (che ritengo, forse a torto, più facile ed abbordabile rispetto ad altre tipologie di pesca a mosca) cosicché gli ritornassero alla mente vividi i ricordi dei piccoli torrenti di montagna in Valsesia, in Val di Toce o in Val Formazza in cui andavamo a calare i nostri vermoni tanto, ma tanto tempo fa.


La Radovna è sempre splendida.
Un torrente di montagna dalle acque così chiare e fredde da sembrare di cristallo ed il cui fondo è sempre “lì vicino”, mentre invece si trova almeno due spanne più in basso! Le sponde sono naturali e ricche di vegetazione e molti alberi proiettano i propri rami sull’acqua, dando rifugio ed ombra alla numerosa popolazione ittica.



Raschi e correntine dove la corrente è più forte e veloce, si alternano a lanche e a buche profonde dall’acqua limpida e lenta, col fondo sassoso e senza alcun segno di eutrofizzazione.
Così, come ormai sono entrate nel novero delle definizioni di noi pescatori sia “gli occhi verdi della Soca”, che “gli occhi azzurri della Sava” quando ci si riferisce a questi splendidi fiumi sloveni, vere e proprie icone della pesca a mosca, a parer mio non mi sembra assolutamente inappropriato introdurre anche il detto: “gli occhi celesti della Radovna”.

E che dire delle trote che lo popolano.
Splendide fario, dalla taglia non eccessiva ma dalle livree incredibilmente belle e dalla tenacia e forza a tutta prova a cui si alterna anche qualche iridea che, con le fughe spettacolari e gli incredibili balzi fuori dall’acqua di cui è sempre capace riesce a farsi ammirare nella sua più atletica vitalità.


Durante la prima mattina si sono succedute alcune schiuse che ci hanno permesso di pescare in caccia con successo, usando riproduzioni di piccoli plecotteri dal corpo rosso ruggine nelle correntine e nelle piane, per poi passare ad effimere di taglia leggermente maggiore nelle correnti un po’ più vivaci. Nelle buche più profonde, sul cui fondo sostavano le trote più grosse – vista l’acqua a circa 12 gradi nonostante si fosse a fine luglio(!!!) – abbiamo pescato con micro-ninfe dal corpo rossastro e con pallina in tungsteno, specie di colore nero, queste ultime rivelatesi di particolare gradimento per il pesce.
Per la corrente che, a volte, è veramente vivace ho utilizzato lo strike indicator per aiutare mio padre a percepire le abboccate (so che qualcuno storcerà il naso, ma “… la guera, è guera…”, come si dice correntemente a …Bolzano).
Abbiamo pescato nella parte alta del torrente, parcheggiando a circa un chilometro a monte del ponte dell’abitato di Krnika, dove il corso del fiume si avvicina alla strada e gli accessi alle sponde sono più facilmente fruibili per una persona di una certa età, risalendolo per poco più di un chilometro. Alternandoci nell’azione di pesca, ho aiutato mio padre nei primi lanci divertendomi un mondo a vederlo – e, soprattutto, a sentirlo! – quando la coda cadeva troppo all’indietro andandosi ad impigliare nel terreno retrostante. Tutt’a un tratto l’ho sentito gridare in modo diverso e, avvicinatomi, ho potuto godermi la sua prima cattura a mosca.


Quale grande soddisfazione per me vederlo quasi piangere dall’emozione che, comunque, gli trapelava dagli occhi e dalla voce mentre mi chiamava concitato; uno sguardo ed una voce che, subito dopo, si sono riempite d’orgoglio quando, guardandomi negli occhi mentre salpava una bellissima fario dalla splendida livrea e dai colori spettacolari, mi ha detto gonfiando il petto: “… Toh! Vedi che sono ancora capace di prenderle? …”.


Un abbraccio commosso ed un semplice sussurro: “Grazie Gianfranco per questo stupendo regalo che mi hai fatto” ha suggellato quel momento magico vissuto insieme.


Dopo alcune ore e qualche altra cattura, la stanchezza si è fatta sentire ed il mio “grande vecchio” (come ho dovuto – e sottolineo “dovuto” – incominciare a chiamarlo, visto il successo in pesca da lui avuto) si è avviato per raggiungere la macchina per riposarsi e mangiarsi all’ombra delle “fresche frasche” i panini che ci eravamo portati, lasciandomi solo ad affrontare un tratto del torrente dalla corrente particolarmente vivace.
Al termine della giornata, raggiunta infine anch’io la macchina, allo sguardo mi si è presentato però un pescatore tutt’altro che euforico e molto bagnato, che mi aspettava vicino alla macchina a piedi scalzi, con gli stivaloni stesi ad asciugare sul tetto ed un sorrisetto tirato tirato a fior di labbra.


Qualche momento prima, infatti, nell’affrontare baldanzosamente un raschio particolarmente infido – nonostante l’esperienza e l’ausilio del mio bastone da guado – il fondo viscido e la stanchezza nelle gambe lo hanno tradito, facendolo scivolare sul greto del torrente senza altri danni che l’orgoglio ferito ed i vestiti fradici di un’acqua particolarmente fredda. Così, durante il ritorno in albergo, a coronamento di una giornata eccezionale, ho potuto anche gustare una mia piccola vendetta, bramata da tanto tempo e, in quel momento, particolarmente dolce mentre, guardandolo in tralice, con un sorriso da cobra sulle labbra continuavo a sussurragli: “… Guarda, guarda! Un pescatore della lippa che è caduto in acqua …” oppure “… Toh! Un pescatore della mutua che cammina a piedi nudi …”.

Dopo un giorno di pausa passato a zonzo tutti insieme ad ammirare la bellezza dei luoghi ed il fascino dei laghi di Bled e di Bohinj, abbiamo deciso di raddoppiare stabilendo di pescare nella Sava “dagli occhi blu”. In particolare, mi ripromettevo di far prendere a mio padre qualche temolo, pesce da lui amato da sempre per la sua difficoltà di cattura e per il particolare profumo di timo che emana dalla sua pelle.
Anche il fiume, quasi intuendo il particolare evento, per l’occasione si è messo in grande spolvero: giornata splendida dai colori spettacolari, acqua limpida, livelli bassi, corrente contenuta e fondo quasi del tutto pulito. Abbiamo pescato nel “Revir n° 2”, che va dal Ponte della ferrovia presso Bohinjska Bistrica fino al ponte sulla Sava presso il lago di Bohinj, percorrendone in tutto circa un chilometro e mezzo.


Su questo splendido fiume che è la Sava è inutile che mi dilunghi, in quanto straconosciuto ed apprezzato, percui racconterò solo della nostra esperienza. Confidando con l’estrema vicinanza della zona di pesca – non più di un chilometro dalla pensione – siamo partiti abbastanza tardi. Ciò ci ha fatto perdere il momento migliore della giornata ma ci ha permesso di godere appieno del paesaggio. Dato il grande caldo, l’attività in superficie era molto ridotta, obbligandoci a pescare in caccia sia nelle spianate che nelle correntine, alternando piccole effimere ad altrettanto piccoli plecotteri, sempre col corpo bruno-rossastro. Nelle buche dove stazionavano i pesci di maggiore taglia, abbiamo pescato anche a ninfa, montando sempre micro-artificiali col corpo rossastro e pallina in tungsteno nera (gli stessi usati con successo in Radovna).


Anche in questa occasione il mio “giovanotto di novant’anni ” non ha mancato di stupirmi. Questa volta, seguendomi con estrema cautela (il bagno di due giorni prima lo aveva fatto scendere a più miti consigli…) ha provato a pescare prima a secca, ma con scarsi risultati, e poi a ninfa senza strike indicator, vista la corrente relativamente lenta, riuscendo a catturare una splendida iridea praticamente al primo colpo (devo confessare che, date le maggiori distanze rispetto alla Radovna, nel lancio l’ho aiutato ma, ad esclusione della distensione della coda, tutto il resto l’ha fatto da solo).


Ho potuto così continuare a godermi lo spettacolo del suo combattimento con il pesce, per poi accorrere alla richiesta concitata di consigli sulla manovra della coda durante il recupero, beandomi infine del suo sguardo pieno di profonda soddisfazione quando è riuscito infine a guadinare la sua preda.


Alternandoci durante il percorso, da quel momento le catture si sono fatte più frequenti per entrambi ed altre trote sono state ingannate dai nostri artificiali.
Solo un temolo, però, si è fatto catturare da mio padre, riempiendolo comunque di una particolare soddisfazione. Dopo averlo guadinato e slamato con cura, infatti, lo ha rilasciato con negli occhi però un pò di rimpianto, quasi a voler dire, da quel vecchio pescatore che è sempre stato ed in cui il concetto del “No Kill” di certo non è naturale “ … ma dobbiamo proprio …?”. Messasi l’anima in pace alla vista del pesce che si rifugiava sul fondo, si è poi portato subito le mani al viso riempiendosi le narici del profumo intenso del pesce ed io, osservando il suo sguardo soddisfatto, sono convinto che in quel momento egli non avrebbe sicuramente apprezzato di più l’essenza di un costoso profumo francese rispetto all’aroma che gli permeava le mani.

Dopo circa tre ore di pesca, la stanchezza ha avuto ancora una volta il sopravvento e mio padre mi ha lasciato da solo in mezzo al fiume. Risalito sulla riva e dopo essersi gustato i panini che ci eravamo portati al seguito, ha poi continuato a seguirmi dalla sponda opposta mantenendosi al fresco e al riparo degli alberi che la costeggiano, dandomi da lassù consigli ed indicazioni sui luoghi dove stazionavano i pesci più grossi che, naturalmente, pinneggiavano sotto i rami sulla sponda sotto di lui, esultando con me ad ogni mia cattura. Confesso di non avere mai avuto un sostegno più gradito durante le mie battute di pesca.

In conclusione, posso affermare che la vacanza appena terminata è stata, sia per me sia per la mia famiglia, la più bella che noi si sia vissuta da molti anni a questa parte e di questi meravigliosi momenti non potrò mai essere più grato al Creatore per avermi concesso così tanta fortuna.
Questa splendida esperienza mi ha fatto riscoprire un “giovanotto” di 89 anni a cui difetta solo l’energia a sostegno delle gambe, perché di volontà e di capacità, nonché di cose da insegnarmi – tra cui la determinazione e la capacità di soffrire per raggiungere il risultato prefissato e la voglia di continuare ad imparare – il mio "vecchietto” ne ha ancora da vendere..


Non ultimo, vedere come l’affetto e l’amore che lega mio padre a mia madre, sua paziente ed affettuosa compagna nella vita che, certo, non è stata particolarmente tenera con loro, si mantenga ancora splendidamente vitale dopo ben 53 anni di matrimonio, manifestandosi negli sguardi ed in altri piccoli ma significativi gesti, compiuti da entrambi con estrema naturalezza anche durante questa meravigliosa vacanza, a garanzia di quel rapporto profondo e duraturo che ancora li lega. Così, osservare come mio padre, la sera a tavola, con un gesto semplice e naturale prendeva fra la sua la mano di mia madre mentre le raccontava delle catture e delle avventure del giorno con lo sguardo splendente e la voce vivace, quelli di un “ragazzo” di novant’anni, mi ha riempito di orgoglio e di affetto nei confronti di entrambi questi due “anziani giovinetti”.

Eppoi, essendo riuscito a mia volta ad insegnargli i rudimenti della pesca a mosca e lui ad apprenderla con disarmante facilità, volete mettere la mia soddisfazione nel poter restituire temporaneamente quel “testimone” a colui che, parecchi anni fa, me lo aveva affidato con tanto amore?
Incommensurabile…



Von Pellix   ......... Gianfranco Pelliciari


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