Déjà vu - Il moderno "cocchetto"
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- Scritto da Andrea Vidotto (Nino)
Nei meandri dei ricordi del pescatore attempato, non può mancare la pesca con la camolera. Anche se mai praticata. Era un metodo molto diffuso ed efficace. Il più famoso pescatore fu D. Zavattoni, con la sua padronanza della tecnica, canne, lenze e camole. Anche il Palú produsse camole per molti anni, anzi inizialmente solo quelle. Così come A. Castiglioni (Old Captain). Negli anni '60 la plastica era ben presente anche nelle camole, ma di resa inferiore rispetto ai materiali naturali. Infatti nessun temolante che si rispettasse avrebbe rinunciato alle camole in lana o seta rivestite in cocchetto. Definire in maniera assoluta tale materiale è improponibile. Genericamente parlando, si tratta della sostanza serica ricavata dai bozzoli del bruco che si impupa sui cespugli lungo i corsi d'acqua....ma le varianti sono molteplici ed i trattamenti successivi alchemici e tanto segreti da essersi praticamente estinti. Che siano bozzoli di baco da seta, ragni alpini o quant'altro, questo vello, di color bianco sporco paglierino, trattato o meno, veniva avvolto come rivestimento al corpo dell'artificiale. Tale "magica" soluzione, bagnata, rendeva visibile il colore sottostante, donando una consistenza gelatinosa e translucente. Elementi assai graditi ai pinnuti, ieri come oggi. La camolera venne bandita in moltissimi fiumi già negli anni '80, tacciata da strumento di rovina per la fauna ittica. Anche in questo caso, la colpa è del mezzo, mai di chi lo utilizza malamente. Chiaro che si tratta di una tecnica micidiale, se ben interpretata, ma se fusse stata regolamentata e applicata adeguatamente, non farebbe più danni di altri pescatori con altre tecniche ....In realtà resta il ricordo legato tra camolera e fiumi ancora ricchi di pesce. E piaccia o meno, una "perdita" nella nostra cultura alieutica....