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Polvere e trote

Racconto
Di Roberto Groppetti (Brown Trout)

Una nuvola di polvere, alzata dal “gira fieno” trainato dal trattore, mi costringe a girarmi e trattenere il fiato per un minuto. “Anche oggi andrà da schifo” pensai, “quest’anno non sono ancora riuscito a prendere una trota”. Anche perché di uscite sono al minimo storico, è la terza dall’inizio dell’anno, di cui la seconda a trote. 
Le trote di pianura novarese sono difficili e bellissime, schive, come un po’ noi che siamo piemontesi ma ci sentiamo lombardi. Spesso ci salutiamo con un cenno di capo, siamo sempre lì, magari rintanati, ma pronti a lavorare o festeggiare per qualcosa di veramente importante.
Non ho le lenti polarizzate, non sono riuscito a trovarle, chissà dove le avevo messe al ritorno della pescata con Marco. Sicuramente in una scatola con il materiale da fly tying… ma ora ne ho parecchie e trovarle, anche se ci ho provato, è un casino. Fa nulla, aggiungo una difficoltà, se vedo il pesce bene, diversamente lancerò solo sulla bollata.
La battuta di pesca l’ho programmata per le 17. Qualche giorno prima avevo visto uno spettacolo bellissimo, rondini e trote che si contendevano le effimere in schiusa. Le ho osservate bene, anche con il binocolo, erano effimere, non sono ancora in grado di riconoscere la specie, ma diciamo di quelle grigie… Le conosco e le imito da parecchio tempo con ottimi risultati.
La trota bollava ritmicamente spostandosi di qualche metro a destra e ritornava a posto, mai avanti e mai indietro. Capirò più avanti il motivo.
Lo spettacolo del volteggio seguito da trilli delle rondini mi donava uno stato misto fra allegria e pace.
Come faccio da sempre, presi il riferimento sulla sponda.
Il salice con il pezzo di rete da cantiere rossa. È questo che terrò, per quando andrò in pesca.
Alle 15, sono impaziente, e decido di partire. Ma il tempo di preparare l’attrezzatura e di prendere le ultime mosche da testare, e sono già le 15,30. Ok, carico il tutto e parto. Per il viaggio decido di passare a nord di Novara. Tempo quaranta minuti e dovrei arrivare facilmente allo spot. Ho voglia di ascoltare musica elettronica, moderna e sintetizzata. Cerco nel menu multimediale dell’autoradio, ma non trovo nulla… Ok provo la connessione bluetooth con il telefono, cerco Gaby Ponte, metto a manetta, ma il telefono è vecchio e perde subito la connessione. Mi arrendo e sintonizzo la radio. Tempo un quarto d’ora e arrivo. Indosso i waders e gli scarponi. Infilo la coda negli anelli ed entro in acqua. 
So che ci sono cavedani a galla in questi giorni, faccio qualche lancio, ma nulla. Dovrei stare immobile almeno dieci minuti per sperare che ritornino in posizione, ma la voglia di arrivare al salice è al massimo. È a settanta metri a monte. Per istinto provo lanci durante il tragitto in acqua. Questa passa da metà coscia al polpaccio nel giro di 40 metri. Arrivo ad un punto che mi blocca. Qui ho preso le prime selvagge, trote insperate, prese con mosche da temolo a novembre (nda: tratto NK aperto tutto l’anno). Faccio lanci a monte, con la coda in rapido recupero con la mano sinistra. Nulla. Lo sguardo è rivolto a trenta metri a monte. Nessuna bollata, nessuna rondine. Solo un rumore di trattore e un decespugliatore. Sono infastidito, ma devo arrivare alla riva opposta al salice. Recupero la mosca e la tengo con la mano sinistra. Risalgo la roggia, l’acqua aumenta e mi supera la vita. E’ la prima volta che pesco totalmente “a mollo”. Gli ultimo dieci metri mi bagnano le tasche inferiori del gilet. E’ una figata, l’odore dell’acqua è più vicino, ed ranuncoli d’acqua fanno fatica a far emerger i loro fiori. 
Il tratto d’acqua è per metà libero da vegetazione e per metà corrono i filari dei ranuncoli, con i loro misteriosi corridoi, dove si riparano le trote di pianura.
Nel tratto di confine dei filari, la vedo pinneggiare a galla. E’ lei, una bella trota di stazza. Non bolla, ma sicuramente è in caccia. Nuota al bordo esterno del filare, a tratti sparisce per bollare nell’ombra del riva opposta. Non c’e nessuna schiusa, monto una mia variante della Branko Killer, e la rivedo di nuovo sul verde del ranuncolo. 
Il lancio è di circa otto metri, laterale e con una discreta approssimazione, arriva alla trota che dopo un’attenta osservazione, apre la bocca sotto il pelo dell’acqua e la morde. Anticipo troppo la ferrata, e la perdo subito… Sorrido, e mi vengono in mente le parole di Gabriele: “Se ti vuoi grattare l’orecchio puoi farlo in due modi, o alzando la mano e grattarlo, o passando la mando dietro la testa e dopo aver piegato il gomito, e con la mano al contrario, grattarlo. 
La pesca a mosca è la seconda via.
Aspetto che la trota ritorni. Il rumore del trattore si fa più forte. Venti metri a monte vedo del movimento. Sono sassi che il “gira fieno” spara in acqua. Cinque secondi e qualche sassolino entra anche di fronte di me, e vedo una nuvola di polvere e terra che sta per investirmi. “Porca puttana…” e mi devo girare la faccia. Terra e sassolini mi investono, la superficie dell’acqua trattiene le particelle leggere. “Anche questo”…devo chiudere gli occhi e trattenere il fiato. La trota non si vede più… e il rumore del decespugliatore è oramai lontano. Il trattore ha finito il suo lavoro a pochi metri dalla roggia.
Vedo sul pelo d’acqua, prima qualche cavalletta che si agita, poi decine e decine che dal prato si buttano in acqua. A monte di qualche metri intravedo una, due tre trote a galla. Una chiara (che per me rimane un temolo) e qualche scura che emergono dai corridoi dei ranuncoli. Le cavallette, le hanno smosse, il trattore ha smosso le cavallette. Quello che per me è stato il momento di chiudere la canna, di imprecare contro il contadino, è stata la svolta di una giornata. Sento ragli di asini in lontananza e la voce del contadino che li richiama. Tutto torna. Tutto ha più prospettive.
Una, due bollate! Non ha più senso usare imitazioni di effimere, devo montare qualcosa di più voluminoso. Cerco nella scatola delle “grosse” qualche imitazione importante. Guardo ancora il pelo dell’acqua, ci sono parecchie cavallette e vedo due o tre trote che sono in caccia, ma diversamente dalle mie aspettative non approfittano appieno del banchetto. Cambio il terminale, settanta centimetri dello 0,16. So che questa marca, malgrado dichiarino che i loro diametri siano esatti, arrotondano con qualche centesimo di millimetro in più. E questo mi fa sentire più tranquillo, uso un sedici, ma è quasi un diciassette.
Ho trovato cosa montare, è una “prova” di sedge fatta per il Trofeo Massimo Bindi alla Thymallus Aurora di Biella. E’ arrivata seconda, come secca ad un punto dalla prima. Imita una “big cinnamon sedge”. È montata su un amo grub del dieci con un extended body e ali in CDC Cervo e Volpe, ed essendo stata pensata per una gara ha anche gli occhi e le antenne. 
Adesso è legata al terminale. Faccio un lancio di circa otto, dieci metri, a monte appena al di là dei filari. La tensione sale. So che in questi casi potrebbe partire dal fondo in qualsiasi momento una delle trote di prima. La mosca è posata sull’acqua abbastanza bene ed entra subito in assetto. La seguo, è posizionata correttamente, naviga in modo ottimale e le antenne, spesso reputate superflue, gli danno un leggero contrappeso che la mantengono ulteriormente stabile. 
Quante considerazioni, inutili alla trota che è salita dal fondo. Non ho le lenti polarizzate, ma la vedo benissimo. Osserva la mosca, la segue per circa un metro, la supera e la vedo sparire nel bianco della sua bocca. Ferro. Ma l’azione porta solo a togliere l’esca dalla bocca della trota, che in preda all’eccitazione insegue e ghermisce ancora la mosca. L’azione si conclude con un nulla di fatto. Recupero e asciugo la mosca con un pezzo di scottex. 
Faccio un paio di lanci per far asciugare la mosca. E dopo essere risalito di un paio di metri a monte, mi fermo un attimo ed attendo a rilanciare. Intravedo qualche movimento, “ok ci siamo, devo stare tranquillo”. Il lancio è gemello di quello fatto prima, la mosca è di nuovo in assetto, e vedo come in replay una trota che apre lentamente la bocca e fa sparire la segde. La scena l’ho vista e studiata decine e decine di volte su You Tube. Questa volta ritardo un po’ la ferrata e la mia Loop 10 piedi (da secca) si piega facendomi capire molto bene con chi ho a che fare.
Il pesce parte prima verso a mote parallela ai tunnel di ranuncoli d’acqua: Gli cedo qualche manciata di coda. All’improvviso cambia direzione e vira verso valle. La coda è tesa, e pure io non sono di meno. Viene a galla. La vedo è di stazza. Si infila, e fortunatamente riesce subito dalla erbe. Sfilo il guadino, ed avvicino il pesce. Come sempre negli ultimi metri riparte e mi costringe a darle altra lenza. Raddrizzo la canna e la porto in prossimità del guadino, nel quale entra a fatica. È ancora molto energica e si slama da sola all’interno della rete in acqua. Estraggo dal gilet la macchina fotografica e tento di farle una foto. E’ una bellissima fario. Anzi sembra più una lacustre, non ha nessun puntino rosso. Appena la alzo dal guadino, con un movimento improvviso ritorna in acqua. Niente foto, ma il suo ricordo rimarrà sempre con me.
Mi sistemo di nuovo coda, guadino e mosca. Taglio una decina di centimetri di filo rovinato e rilego la sedge.
Sono fermo, quasi immobile da una decina di minuti. Una bollata a cinque metri a monte attira subito il mio lancio. Allungo con due lanci fino ad arrivare in zona. Stessa scena, ma più accelerata rispetto a prima. La trota insegue di meno e prende subito la mosca. Ritardo ancora la ferrata e bahm! 
Ancora piegata la canna, con una pazza dall’altro capo che parte velocissima a mezza acqua fino ad accennare un salto contenuto. 
La questione si fa seria. Se incomincia a saltare, sapete anche voi come va a finire… 
Devo controllare al meglio e tenere la coda in tensione. E cosi per trenta o quaranta secondi controllo la fuga fino a portarla al guadino. Riesco a misurarla e fotografarla. Cinquanta centimetri di fario, la più bella che abbia preso. La rilascio ma vedo subito che non è ossigenata bene, la riprendo con il guadino e la riossigeno a dovere per un paio di minuti, prima che parta da sola con uno scatto dal guadino sommerso. 
Sono soddisfatto, sono le diciotto e trenta. Soddisfatto e contento.
Le tasche inferiori del gilet sono a mollo… mi fermo per dici minuti. Osservo il verde trasparente dell’acqua e le piante della sponda di fronte. Sono felice. Felice e leggero.
Dal prato altre cavallette si buttano in acqua, a sei metri a monte, nel sotto riva, lo stesso dove sono posizionato io. Un’altra bollata, una bollata da caccia mi stupisce ancora. Penso che tutte le trote del tratto siano salite a galla oggi. Devo per forza adottare un’azione di pesca molto difficile, in quanto sono in una posizione scomoda e non posso di certo muovermi con l’acqua abbondantemente sopra la cintura. Il pesce scapperebbe subito. Allora lancio a monte nel sotto riva. Sempre la stessa sedge. Al primo lancio viene subito presa, senza troppi complimenti. La trota parte subito a valle verso di me. Anzi in un attimo la coda ha un lasco che non riesco a compensare con il recupero a mano della coda. Mi trovo il terminale con la mosca praticamente sui waders. E’ andata… 
E’ andata anche una delle battute di pesca stupefacenti ed appaganti che abbia vissuto. 
In bocca mi rimane un po’ di polvere ma nel cuore ne viene rimossa altra… lasciando del posto all’immagine della prima trota e a molta leggerezza. 

Roberto Groppetti (Brown Trout)


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