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Traité du zen et de l’art de la pêche à la mouche

John GIERACH

Traité du zen et de l’art de la pêche à la mouche

Récits, Gallmeister, Paris 2009 (tit.orig. Trout Bum, 1986).




A cura di Marco Baltieri

Finalmente tradotto in francese Trout Bum (qualche cosa come “il vagabondo delle trote”) di John Gierach, una raccolta di racconti che è diventata un piccolo classico della letteratura di pesca a mosca (e lo attesta il fatto che la sua lettura è perfettamente godibile anche a più di vent’anni dalla prima edizione). La sua natura di “buon libro” è anche dimostrata dal fatto che l’editore Gallmeister lo ha inserito nella collana di Nature Writing, di letteratura riguardante la natura, nella evidente convinzione che il testo possa interessare un pubblico che va ben al di là dei soli pescatori a mosca. Il titolo francese cerca di “attualizzare” il messaggio dei racconti di Gierach, facendo anche un po’ il verso al famoso libro di Robert M. Pirsig, Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta. La raccolta si apre con una citazione: Dire che la pesca a mosca è un hobby è come dire che la neurochirurgia è un lavoro (P. Schullery). Poi si snodano i racconti di Gierach, che vanno a toccare qua e là tutto l’universo dei pensieri e della cose che fanno la vita di un pescatore a mosca. Ne ricordo alcuni, quelli che mi ritornano alla mente quando io stesso sono su un torrente, o mi preparo la roba per andare a pescare, o quando armeggio goffamente dietro al morsetto. Prima di tutto quello dedicato ad “alleggerire il carico” (che cosa è davvero essenziale nelle 37 tasche e mezzo del nostro giubbotto?). Poi quelli dedicati ai piccoli torrenti e ai laghi di montagna (quest’ultimo assolutamente utile anche nelle nostre Alpi: basta sostituire le cuttroaths con le fario). Se avete problemi con le vostre scatole di mosche leggetevi i racconti che sono dedicati a questo “problema” (cosa metterci, come ordinarle, modelli utili e modelli inutili, ecc. ecc.; un consiglio. Evitate di diventare costruttori “professionisti”!). Come si fa a sapere quando ferrare il pesce nella pesca a ninfa? Questa è davvero una questione che implica la disciplina monastica dello zen, in cui la ripetizione all’infinito degli stessi gesti vi può (forse!) portare un giorno all’”illuminazione”, a non sbagliare più (quasi) nessun pesce. Ci sono anche alcuni racconti che leggo con piacere ma che escono dalla mia esperienza: quelli dedicati alla pesca del bass, così legata alle tradizioni statunitensi. Veramente “alla Gierach” sono anche le storie dedicate alle canne in bambou, di cui l’autore tiene a specificare che non è collezionista, ma appassionato utilizzatore (confessando che è disposto a risparmiare su cibo e vestiti e ad andare in giro con un vecchio pick up, piuttosto che resistere al fascino di un vecchio refendu). Per finire, l’impagabile racconto (proprio da Trout Bum) su come prepararsi il caffè nei bivacchi lungo i torrenti, gustandone l’aroma che solo il vecchio bricco di ferro smaltato (e qualche frammento di cenere o aghi di pino…) possono dargli.

Marco Baltieri

© PIPAM.org
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