Pesca al limite
28/07/00
di Mauro Merli
Quando il freddo non speventa !
Quante volte, abbiamo raggiunto il nostro limite o quello della nostra attrezzatura nel campo della pesca a mosca ?
Io credo di aver provato tutte e due le situazioni nell’inverno del 1999 quando in condizioni meteorologiche avverse, 12 gradi sotto lo zero, ho deciso di andare a pescare in Slovenia. Armato di tutto punto, tre canne di differente tipologia e azione di pesca, una Loomis 9#5, una Scott 9.5#9, e la teleregolabile da 7 a 10 piedi per code da 3/6 in base all’apertura, stivali in neoprene di 5 millimetri di spessore, tuta termica, guanti e cappello tipo russo con tanto di pelo di coniglio, (valido per costruire alcune ninfette d’emergenza) mi sono trovato a fare i conti con un nemico implacabile: - IL GELO
La prima difficoltà riscontrata, chiaramente è stata quella del doversi cambiare da borghese nei panni di pescatore. Non fate mai lo sbaglio di lasciare i waders bagnati o gli stessi scarponcini nel baule della macchina, a meno di non metterla in un garage riscaldato, avrete la spiacevole sorpresa di trovare tutto gelato e quasi impossibile da indossare. Se possibile quindi occorre cambiarsi in albergo, di solito l’ora che noi decidiamo di andare a pescare gli altri ospiti dormono ancora e passiamo inosservati. Non credo che sia il caso di alzarsi prima delle 08, anche pescando in acque di risorgiva, che mantengono quasi inalterata la loro temperatura per tutto il tempo dell’anno, si possono trovare schiuse o pesci in attività. - IL MONTAGGIO DELLA CANNA
Avete mai provato a cambiare un terminale o semplicemente rifare un nodo a mani congelate ? Cosa semplicissima nei mesi caldi, ma quasi da farsa in questi giorni, tutto diventa più difficile e i movimenti automatici appresi nel corso degli anni, risulteranno improponibile facendovi sembrare un principiante incapace di fare quello voluto. Rimedio, è quello di partire con già la canna montata e con già l’artificiale montato. - AZIONE DI PESCA
Visto quanto detto sopra, inviterei a pescare con una ninfa, senza stare a guardare troppo se sotto useremo del 16 o addirittura del 18.Questo per ovviare al problema di attaccarsi sul fondale e rompere il finale costringendoci a fare e rifare nuovi nodi. L’artificiale usato, credo sia meglio se di dimensioni sostenute, e in base alla velocità della corrente, di peso e di materiale idoneo. Penso non sia necessario specificare che con correnti veloci occorre usare un materiale di costruzione più rigido del marabù e se vogliamo stare vicino al fondo occorre appesantire in fase di montaggio ulteriormente il nostro artificiale. - INCONVENIENTI VERI E PROPRI
Succede a volte specie se utilizziamo poco la nostra attrezzatura di andare a pescare con una coda segnata o screpolata. Questo è uno sbaglio che non concede attenuanti. La coda, dove non protetta dall’appretto, assorbendo l’acqua congelerà molto velocemente, impedendovi di lanciare e rendendo molto fragile la coda stessa. Esiste sul mercato un prodotto da usare sia sulla coda che da dare sui passanti della canna, distribuito dalla loon. Ritengo che non sia il caso visto la mia esperienza di utilizzare code molte rigide già in natura, la coda che mia ha regalato maggiori soddisfazioni è la 444sl, molto morbida.
I finali inoltre, subiranno lo stesso trattamento delle code, io consiglio quelli conici, perché non hanno nodi e quindi subiscono meno l’irrigidimento provocato dai nodi rimanendo elastici più omogeneamente. La loomis, glx, canna degna di nota che non ha bisogno di presentazioni, prontissima nella pesca, ottima per la ninfa, ha il difetto (secondo me) di essere troppo rigida nella sua azione e complice il freddo avremo più rotture sul finale nei diametri di minor spessore. Ulteriore inconveniente, se non si è usata un po’ di paraffina sugli spigot, può essere quello che l’umidità o le mani bagnate nel momento del montaggio possano fare in modo che con il gelo la canna si inchiodi. Nel caso che anche la paraffina indurendosi per il freddo blocchi la canna, basta tenere stretto nel pugno della mano un po’ di tempo i due pezzi da separare e il gioco e fatto. La scott 9.5#9, come la loomis non ha bisogno di presentazione, canna adatta alla pesca del salmone del Danubio, o Huco come lo chiamano loro. La coda da usare per questo tipo di pesca, sarà una S.T 8 –4° di affondamento con almeno 200 metri di backing da 30 libbre. Io ho usato con successo degli artificiali da mare della Ebel con un finale di 1,5 metri con punta finale dello 0.30 con 20 cm di cavetto termosaldante. Non occorre andare tanto per il sottile nella preparazione dei finali e degli artificiali, visto la dimensione che raggiungono questi pesci, oltre il metro e trenta centimetri per circa una ventina di kg. Per questo tipo di pesca, esistono delle leggi molto severe e occorre essere accompagnati da un guardapesca locale, la misura minima del pescato deve essere di 90 cm. Le posizioni migliori dove pescare questo pesce ve le indicherà il vostro accompagnatore (sempre che riusciate ad entrare in sintonia con lui $$$$) oppure, se lui ha voglia di fare l’indiano, io consiglio di pescare sotto tutte le briglie dove l’acqua fa più schiuma, lanciando a valle e recuperando fino sotto alla cascata e se un Huco è in attività, preparatevi ad un aspro combattimento. Il perché della canna telescopica come terza canna, è spiegato dal fatto che se parecchi di noi, io compreso, la ritengo una mezza canna da bigatti, offre delle proprietà uniche. Sta’ comodamente nella ladra del giubbotto nel caso che si rompa la vostra canna, e se dovete andare a visitare un posto impervio e molto infrascato, sarà insostituibile negli spostamenti e sempre montata pronta all’uso.
Unica nota dolente, da quest’anno, 2000, il posto dove andavo a pescare in Slovenia, sarà chiuso come tutti gli altri fiumi. Questo per temoli e trote, rimane l’alternativa Huco. Io in due uscite di pesca, ne ho pescati due.Uno a uscita. Ma non sempre è domenica. Nella pesca in queste condizioni, occorre tener presente che la canna con lo scorrere della coda bagnata, si caricherà di uno strato di ghiaccio di notevole spessore, cosa che la rende molto più rigida ed estremamente delicata. Per ben due volte ho avuto occasione di vedere canne rotte in azione di pesca. La prima volta, con la canna un mio amico, nel tentativo di far uscire dai passanti la coda rimasta bloccata dal ghiaccio, ha tirato con le mani la coda piegando alla rottura il cimino, cosa che può succedere anche a chi normalmente usa il fatidico chicco di riso per collegare il finale alla coda stessa, la seconda volta, mentre lanciava, la coda non scorreva nei passanti, facendo in modo che lo streamer montato sulla lenza, colpisse il cimino provocandone l’immediata esplosione del pezzo. Basta immergere spesso la cima nell’acqua, sempre più calda dell’aria esterna per ovviare in parte al problema, cosa che però si riverifica appena iniziamo a recuperare la nostra coda. Come dire, non è certo il momento migliore l’inverno per la nostra pesca, ma il vero contatto con la natura selvaggia, ci porta ad apprezzare ulteriormente questa nostra passione. Ho notizia che in Valle d’Aosta, esiste una riserva in località Verres, (credo si scriva così) che rimane aperta tutto l’anno, in condizione di NO KILL. Con il passare delle ore, la temperatura esterna, di solito aumenta e se abbiamo indossato indumenti molto grossi, sudando proveremo più freddo di quello che è in realtà. Il consiglio di vestirsi a strati, togliendo indumenti in base al freddo reale, è una soluzione pratica, come quella di indossare delle magliette appositamente studiate da famose ditte, che fanno traspirare il corpo ed espellendo all’esterno il sudore. Credo le conoscano tutti. Può accadere anche che per sicurezza, nel chiudere la macchina, inseriamo l’antifurto, questo dispositivo specie se comandato tramite telecomando può creare dispiaceri, in quanto se non disattivabile tramite chiave, può visto che le basse temperature fanno calare notevolmente, la potenza delle batterie di funzionamento rendendo vana l’apertura delle portiere. Nel caso che invece, chiusa la macchina con la chiave, non si riesca più a fare girare il nottolino della serratura, un buon rimedio è quello di scaldare la chiave con un accendino, di solito questo basta per sbloccare il movimento interno. Ulteriore disagio per i portatori di occhiali, sarà quello dell’appannaggio delle lenti dovuto al fiato, occorre premunirsi di appositi prodotti in vendita da ogni ottico. Per quello che riguarda i piedi, bisogna tenere conto del fatto che il piede, va si protetto dal freddo, senza però bloccarlo dentro lo scarponcino, il troppo stretto, impedisce una corretta circolazione del sangue peggiorando la sensazione di freddo.
Le mani sono forse il punto più critico di tutto il corpo. Io uso un paio di guanti da sub in neoprene, sottili il giusto da poter permettere sensibilità nel lancio, una volta bagnati, mantengono la temperatura corporea, guai però a toglierli per slamare il pesce o per fare nodi od altro, è tremenda la sensazione che si prova a rimetterli. Consiglio quindi ami senza ardiglione, e imparare a fare i nodi con i guanti. Tutto questo, tratto da mie impressioni di pesca, non vogliono essere bibbia, ma semplici consigli da chi ha provato di persona a pescare sotto la neve. Ciao e se vedete una sagoma sul fiume mentre nevica, attenzione, potrebbe anche essere uno yeti. Mauro Merli
© PIPAM.com |