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Studiare l'ecosistema

 

STUDIARE L’ECOSISTEMA

Testo e foto di Marco Riva (Marble)

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Seguendo il forum, spesso ci si imbatte in questioni prettamente ecologiche; noi PAM ci chiediamo il perché di alcune situazioni che osserviamo nei fiumi o intorno ad essi, sia che riguardino i nostri beneamati pesci (presenza o assenza di certe specie, esito delle immissioni, stato delle popolazioni), sia che riguardino lo stato dei fiumi in generale (inquinamenti, crisi idriche, presenza di opere antropiche), ma anche la “bontà” o meno di certe gestioni della pesca (regolamenti, tratti a regime speciale).

Le risposte o i commenti che si leggono in merito a questi quesiti spesso denotano nel pescatore a mosca medio una certa attenzione ai problemi ecologici ed una conoscenza superiore alla media delle dinamiche che regolano gli ecosistemi acquatici in generale e la fauna ittica nello specifico.

Fin qui tutto bene, ma c'è un però.....

Altrettanto spesso le spiegazioni ed i commenti che vengono postati non sono propriamente corretti ed a volte invece sono profondamente errati, sebbene chi li abbia espressi sia ottimo e navigato pescatore, anche con un certo credito.

Mi spiego meglio: i meccanismi che regolano gli ecosistemi acquatici e la fauna che in essi vive sono molteplici e molteplici sono le cause che concorrono a determinare una situazione di stress ambientale o di degrado, ad esempio, della comunità ittica nel suo insieme o delle singole popolazioni di alcune specie.

Spesso quindi le cause non sono singole, ma sono un concorso di concause che insieme determinano problematiche ambientali.

Questo mio intervento vorrebbe cercare di chiarire un po' meglio l'approccio che sarebbe opportuno avere verso un ecosistema acquatico e quali siano i parametri che si devono considerare per avere una corretta visione d'insieme e “tentare” di dare una spiegazione ad un problema, necessaria per proporre delle soluzioni. Un po' come in termini medici, si effettua una diagnosi della patologia sulla base dei sintomi e delle analisi necessarie, in modo da poter formulare una cura.

Senza il quadro completo tutte le parole spese contano poco e anzi, rischiano di ingenerare ulteriore confusione nell'utente medio.

Giusto per inserire una nota polemica in questo discorso: quante volte, come ittiologo, mi sono dovuto sorbire dei discorsi allucinanti da sedicenti personaggi che ritengono di possedere il Verbo ed in più denigrano la mia professione, come fossimo gli ultimi che potrebbero dire qualcosa, per giunta a loro, pescatori da una vita!
Cercherò ora di dare un'impostazione ed un approccio corretto, al fine di chiarire i fattori che devono essere considerati nello studio e nella comprensione degli ecosistemi acquatici; mi rendo conto comunque che questo contributo non potrà essere esaustivo, ma spero che per alcuni possa essere utile e chiarificatore.

Innanzitutto è necessario liberarsi da preconcetti o informazioni che ci sono pervenute da terze persone e che già hanno avuto modo di essere rielaborate. Principio fondamentale è l'osservazione dello stato di fatto, puro e semplice, e cercare di non averne già un'idea pregressa. L'osservazione del corpo idrico deve comprendere il contesto territoriale circostante, la presenza o meno di abitazioni, capannoni, scarichi insomma di qualsiasi tipo di disturbo antropico. Ancora, si deve osservare la presenza o meno di affluenti, annotare la presenza di fauna e flora, sia acquatica sia quella che indirettamente ha a che fare con l'ambiente acquatico.

Altro elemento importante è la morfologia del corso d'acqua, il fatto che sia naturale o in qualche misura artificializzato. Il regime idrico presente al momento dell'osservazione ed il regime naturale, osservabile dai segni presenti in loco (ad esempio livello di acqua segnato sui sassi della riva, presenza di detriti e rifiuti sugli alberi delle sponde, presenza di muschi e macrofite acquatiche fuori dall'alveo etc etc).

Altra cosa fondamentale, che spesso rappresenta un grande limite per lo studio di un ecosistema acquatico, è la conoscenza del pregresso, ad esempio le dinamiche evolutive delle comunità ittiche, la composizione in specie e la struttura di popolazione delle specie presenti, eventuali eventi traumatici avvenuti in passato ed eventuali studi presenti sull'area.

Mi rendo perfettamente conto che un pescatore che si rechi a pescare su un fiume e noti una moria di pesci, non possa materialmente ottenere certe informazioni né abbia il tempo e la competenza per verificare alcuni degli aspetti che ho elencato sopra...... è proprio per questo che a volte mi stupisco di quanto facilmente taluni diano una spiegazione certa ed univoca di un qualche disastro.

Altro aspetto fondamentale, soprattutto in quegli ambienti acquatici in cui le attività alieutiche rappresentano un impatto importante sulla fauna ittica, è per l'appunto la gestione delle popolazioni ittiche, cioè i piani di semina, intesi come quantità di pesce che viene immesso, qualità dello stesso(tipologia di immissione: novellame, avannotti schiusi da poco, subadulti o adulti pronta pesca), stato sanitario della fauna ittica, sforzo di pesca e regolamento (misure minime, giorni di pesca, numero massimo di catture consentito etc).

Ma veniamo al dunque, ed immaginiamo di trovarci di fronte a situazioni ambientali disparate: dalla moria di pesci, alla condizione di acque sporche e puzzolenti, con patine di materiali non ben identificati, oppure di fronte ad una mancanza di invertebrati acquatici ed una conseguente mancanza di schiuse, così care a noi pescatori a mosca, oppure ancora ad una situazione ittica che nel tempo si è andata via via deteriorando, portando inevitabilmente alla considerazione “non c'è più pesce” e così via.

1. evento puntiforme critico (morie più o meno importanti):

Siamo su un fiume e notiamo che sia in atto una moria di pesce, oppure che c’è una patina maleodorante e schiumosa sulla superficie, oppure ancora, l’alveo è ricoperto da un sedimento di dubbia naturalità.

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In questo caso forse la situazione può essere più facilmente spiegabile con uno sversamento di liquami zootecnici, scarichi civili, scarichi industriali. Per risalire alla fonte del problema è sufficiente risalire fino al punto in cui sono presenti le evidenze dell’inquinamento; potremo trovarci di fronte ad uno scarico, un guado, ma anche ad un ponte, dal quale qualche simpatico personaggio abbia pensato bene di scaricare un po’ di rifiuti di cui non sa che farsene.

La prima cosa da fare è sicuramente chiamare gli uffici preposti, cioè ARPA, polizia provinciale, Ufficio Pesca della Provincia di competenza.

Non è detto però che una moria possa essere dovuta sempre e solo ad un evento puntiforme di inquinamento. Ad esempio, in un ambiente in cui in piena estate, in condizioni di minima portata d’acqua, si verifichi una moria, le motivazioni potrebbero essere l’aumento della temperatura o la mancanza di ossigeno nelle ore notturne per la respirazione delle alghe eventualmente presenti…..

Non sempre quindi, anche in caso di eventi eclatanti, la spiegazione sia semplice o immediata; è sempre importante conoscere il territorio e quello cui è soggetto nel tempo il corso d’acqua.

2. modificazione delle condizioni attese o abituali (alterazione delle schiuse o diminuzione del popolamento macrobentonico):

in questo caso le spiegazioni al problema sono spesso meno chiare, le cause sono molteplici e necessitano di analisi approfondite.

L’analisi del macrobenthos ad oggi è uno dei fattori maggiormente studiati per determinare la qualità delle acque; ci sono dei metodi e degli indici (vedi articolo nel magazine: “indici biotici” ) che servono proprio per determinare la qualità biologica delle acque in base a quanti e quali organismi vivono nel substrato. Ma perché ci può essere una alterazione del popolamento macrobentonico di un corso d’acqua, oppure di una variazione delle abitudini (ad esempio tempi e quantità delle schiuse); quali sono le cause?

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Uno dei fattori è sicuramente la presenza di scarichi, che tanto o poco alterano la comunità macrobentonica, spesso facendo scomparire gli animali più sensibili. A questo inoltre potrebbe essere associata ad esempio la presenza di derivazioni che diminuiscono la portata in alveo, con un eventuale aumento della temperatura (anche di pochi gradi, determina una minore o maggiore idoneità per certi organismi, che variano la loro abbondanza), oppure con la scomparsa di certi microhabitat dovuta alla minore velocità di corrente (o profondità), come ad esempio i ditteri Blephariceridae (vedi immagine sopra), che si attaccano con le loro ventose sui massi di maggiori dimensioni nei punti a corrente maggiore (per intenderci dove non ci sta nemmeno un salmone), oppure gli efemerotteri Epeorus, presenti dove la corrente è forte e turbolenta, sotto i sassi ed i ciottoli, ma che scompaiono se la corrente dell’acqua non ha questi requisiti (guarda caso sono tra i taxa più sensibili, anche alla qualità delle acque).
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Poi, in un corso d’acqua un elemento veramente dannoso è il fenomeno dell’idropeaking, cioè la variazione improvvisa e ripetuta del livello dell’acqua, a seguito di manovre idrauliche. Anche questo fattore è deleterio per la fauna macrobentonica (oltre che per la fauna ittica, ovviamente), e dove interviene può causare una alterazione della stessa, anche sensibile.

Come cercare di capire una alterazione del macrobenthos e delle sue “abitudini”? come accennato è necessario verificare il popolamento, tramite campionamenti quantitativi (ad oggi viene applicato un metodo nuovo nuovo, lo STAR_iCMI basato proprio su campionamenti quantitativi), ma anche sapere la gestione delle portate e la loro modulazione nel corso della giornata/settimana. Se poi ci sono dati bibliografici sullo stesso tratto, allora si può tracciare un’evoluzione nel tempo, ed assegnare con più certezza un’alterazione ad una o più cause.

3. alterazione della popolazione ittica rispetto all'atteso:

Rispetto all’atteso cosa significa? Può significare varie cose: o che ci sono meno pesci rispetto a quanti ci si aspetterebbe, oppure di dimensioni inferiori, oppure la presenza di altre specie. Tutte queste valutazioni fanno riferimento a come noi verifichiamo un cambiamento rispetto a quanto riscontrato in passato, avendoci già pescato. Ma abbiamo una “statistica” sulla quale basarci per poter dare dei giudizi? Una buona statistica dovrebbe comprendere alcune decine di uscite di pesca in condizioni paragonabili, e non solamente alcuni casi particolarmente fortunati che influenzano il nostro inconscio nel ricordo di una particolare pescata in un particolare fiume.

Nel mio piccolo ho potuto constatare come uno stesso tratto di torrente, in una particolare giornata, sembrava che ribollisse di pesce, e preso dall’entusiasmo ci sono tornato il giorno dopo, senza prendere, se non qualche trotella. A distanza di settimane è ricapitata una giornata come la prima, e poi basta, rimane nella memoria, perché, pur essendoci attualmente pesce, non sono più riuscito a ripetermi (o meglio, non mi è più capitata una situazione tanto favorevole)

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In altre occasioni invece, ad una prima osservazione non sembrava ci fosse molto pesce, salvo poi, con l’ausilio dell’elettrostorditore, verificare una quantità di pesce inaspettata.

Ma diamo per assunto che in effetti possa esserci una alterazione in peggio della quantità e della taglia media di una o più specie ittiche che comunemente sono oggetto delle nostre uscite di pesca.

Le motivazioni, a pensare bene, potrebbero essere eventi naturali o pseudo naturali che hanno determinato una contrazione delle popolazioni ittiche; ad esempio qualche piena rovinosa, che potrebbe annullare l’esito della riproduzione, oppure trasportare verso valle parte della popolazione ittica, oppure uccidere proprio il pesce. Tutte le popolazioni ittiche sono soggette a fluttuazioni naturali anche significative delle loro popolazioni. Ricordiamo il temolo, che per la sua biologia è soggetto a rapidi declini ed altrettanto rapide esplosioni demografiche. È possibile mettere in conto che le cause possano essere naturali, ma di solito così non è, o per lo meno gli effetti di qualche evento traumatico vengono acuiti da altri fattori che invece sono determinati dall’uomo. Ad esempio, in un corso d’acqua semiartificializzato, con massicciate sulle sponde e briglie lungo il corso, una piena potrebbe avere effetti devastanti rispetto che ad un altro fiume in cui l’alveo è invece prevalentemente naturale. Bisogna pensare che la fauna ittica si è evoluta adattandosi meglio possibile ad una situazione ambientale e, se tale situazione cambia, allora il tasso di sopravvivenza cala anche drasticamente. Spesso poi le piene rovinose degli ultimi anni sono un effetto secondario della trasformazione del territorio e quindi anch’esse di naturale hanno poco….

Altri fattori che influenzano le popolazioni ittiche sono ad esempio la presenza di nuovi predatori (non necessariamente l’uomo) come ad esempio i simpatici pennuti neri (i cormorani), oppure qualche specie ittica predatrice (e qui di esempi ce ne sono molti: il caso del siluro è eclatante, ma altri pesci alloctoni sono tremendamente più impattanti, perché ad esempio predano sulle uova di altre specie). È possibile verificare se in un sito sono presenti cormorani, oppure specie ittiche dannose? Spesso non è possibile, spesso invece si possono notare le fatte degli uccelli ittiofagi, ma anche osservare altri predatori acquatici all’opera.

Vediamo ora la gestione della fauna ittica, intesa come gestione delle semine. Se un corso d’acqua “ha bisogno” di semine è per ovviare ad un deficit, che può essere determinato da vari fattori. La pesca non necessariamente è il fattore più importante: per secoli, pur con mezzi più primitivi, la pesca è stata intesa come prelievo di pesce a scopo alimentare ed anche se oggi, con mezzi più raffinati e su vasta scala, la pesca rappresenta un fattore di stress per la fauna ittica, ciò, a mio avviso, non giustifica in pratica la quasi totale scomparsa di certe specie ittiche. Le semine direi che possono essere considerate come un antidolorifico ad un paziente che sta male per una frattura; sono utili in via temporanea, per ricostituire una popolazione ittica, ma la frattura ha necessità di altre cure. È errato considerare le semine come un’occasione per poter pescare, almeno come accezione ambientale. Spesso le semine vengono effettuate con materiale che non riesce a riprodursi naturalmente (non mi riferisco alle iridee, che quasi sempre non sono “adatte” per la riproduzione, ma anche alle fario di allevamento). Una volta che tutti gli individui sono stati pescati, cosa lasciano al fiume? Un bel niente, nemmeno un piccolo! A cosa servono quindi? Solamente a far pescare.
Spesso si criticano le gestioni che scelgono di effettuare una gestione accorta delle semine, utilizzando materiale autoctono e di buona rusticità. È vero che i risultati spesso non si vedono subito, o non si vedono per nulla, ma se ci allontanassimo dalla nostra visione utilitaristica della risorsa ittica, allora forse potremmo vedere il senso delle semine fatte per il fiume e, magari, ci accorgeremmo di quelli che sono i veri problemi, dei quali la pesca è solo la punta dell’iceberg.

Quante volte abbiamo la sensazione di pescare pesci “naturali”? e poi cosa significa naturali? Secondo me in molte occasioni catturiamo dei gran bei pesci, magari cresciuti in loco, ma derivati da semine di novellame non idoneo. Se non sono in grado di riprodursi, a distanza di tempo una situazione che poteva sembrare ottima, va via via deteriorandosi, magari accentuata da altre problematiche.

In definitiva, fino a che non si rimuovono i fattori che determinano una diminuzione della fauna ittica, allora le semine saranno sempre necessarie e le popolazioni ittiche difficilmente potranno riprendersi. Sebbene ad oggi necessarie, sono le semine stesse che paradossalmente possono rappresentare un fattore negativo: ad esempio massicce immissioni di iridee costituiscono un fattore negativo per la sopravvivenza delle specie autoctone.

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Per quanto riguarda invece la gestione della pesca, anch’essa può rappresentare un fattore che se non tarato su un ecosistema specifico, può sortire effetti indesiderati. La predisposizione di misure minime adeguate, i periodi di chiusura per la protezione del periodo di frega, la quantità di pesce che può essere prelevato, sono tutti elementi che spesso sono definiti a livello provinciale e/o regionale e non vengono predisposti invece a livello di bacino idrografico o di fiume. Se la trota marmorata nel tal fiume si riproduce a dicembre, e nel tal altro fiume si riproduce a novembre, allora devono essere predisposti periodi differenziati, così come se in un fiume gli accrescimenti sono inferiori rispetto ad un altro, allora le misure minime dovrebbero essere differenziate a seconda del contesto territoriale.

Ora, non dico che il regolamento di pesca possa rappresentare un fattore che determina un peggioramento della comunità ittica di un corso d’acqua, ma se non predisposto adeguatamente, potrebbe essere una concausa di un deterioramento della comunità ittica stessa.

Per concludere, se si assiste ad una situazione ambientale che “non ce la racconta giusta”, ora sappiamo che i fattori da considerare sono molteplici; alcuni degli aspetti che ho elencato sono improbabili come elementi principali di degrado, ma ogni situazioni territoriale è a sé; nulla toglie che la spiegazione più plausibile sia quella giusta. È anche vero comunque che generalmente i fattori più deleteri sono sempre gli stessi ed in definitiva possono essere anche considerati secondo una specie di “classifica”, che definisce la loro “pericolosità per la fauna e per gli ecosistemi acquatici in generale(aspetti correlati che vanno sempre di pari passo).

In un recente convegno è stata predisposta una specie di “top six” delle pressioni antropiche più dannose per gli ecosistemi acquatici:

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1- Derivazioni idriche: sia a scopo idroelettrico che per scopi irrigui od industriali

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2- artificializzazioni: dell’alveo, delle sponde, del territorio circostante

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3- scarichi: principali fonti di inquinanti civili, zootecnici o industriali

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4- biomanipolazione: intesa come introduzioni di specie alloctone, errata pianificazione delle immissioni, inserimento accidentale di agenti patogeni

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5- pesca: soprattutto per quanto riguarda la pesca professionale, ma anche la pesca sportiva

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6- sport e turismo: tutte le attività che in qualche modo utilizzano i corsi d’acqua per essere praticate.

Per sommi capi ritengo sia una classificazione plausibile, i cui punti possono essere utilizzati per spiegare il maggior numero di eventi o situazioni di degrado cui si assiste.

Spero che gli aspetti che sono stati proposti possano aver parzialmente chiarito le idee e possano essere applicati nelle nostre quotidiane esperienze sui fiumi e sui laghi, dove trascorriamo i nostri momenti di relax. 

 

Marco Riva


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