Siluro
Domanda: Buon giorno, mi presento: mi chiamo Alessandro Sala, attualmente sono il Segretario di Gruppo Siluro Italia, una società di pescatori sportivi a livello Europeo, e la disturbo per un suo parere a riguardo del Silurus Glanis e del suo impatto ambientale. Volevo sottoporle questa tesi di laurea da 110 e lode, e sapere cosa ne pensano gli ittiologi italiani. Volevo inoltre chiederle se esiste un forum di ittiologia italiano a cui sottoporre alcune domande. Qui di seguito il link della tesi completa, e di seguito il capitolo sull'impatto ambientale della tesi stessa. Sperando possa chiarirmi le idee, anticipatamente la ringrazio. Risposta: Si è già scritto molto sul siluro; le sue notevoli dimensioni e la sua fama di predatore sono ormai note a tutti. In effetti il siluro da adulto si ciba prevalentemente di pesci ed è molto probabilmente causa della diminuzione di altre specie nei corsi d’acqua che colonizza. L’accrescimento del siluro in molte acque del nord Italia è elevato e supera ampiamente quello di altre località europee. L’accentuata esplosione demografica che il siluro sta ancora mostrando in parecchi dei nostri corpi idrici sostiene l’ipotesi secondo cui le popolazioni di siluro nelle acque italiane siano in una situazione di non-equilibrio, e che probabilmente a questa espansione seguirà una regressione fino al raggiungimento dell’equilibrio attraverso una serie di fluttuazioni (Rossi R., Trisolini R., Rizzo M. G., Dezfuli B. S., Franzoi P. & Grandi G., Atti della Soc. Italiana di Sci. Nat. E del Museo Civico di Storia Nat. Di Milano, 132 (7), 69-87, 1992; Marconato E., Maio G., Salviati S., Relazione Tecnica Provincia di Venezia, 2000). Ad oggi è certo che il siluro rappresenta un problema per l’impatto che sta avendo sulle popolazioni delle altre specie ittiche. Il siluro sembra comportarsi come un predatore opportunista (Riva M.A., tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, 2001; Piccinini A. & Pattini L. “Il siluro, la biologia della specie, le tecniche di pesca e la storia”. EDAI, 1996), per cui il suo spettro alimentare comprende le fonti più comuni e disponibili nell’ambiente in cui vive; in certi casi, come ad esempio nelle acque della parte meridionale della provincia di Venezia (Marconato et al. 2000), si è osservato che all’aumentare della presenza del siluro corrisponde una significativa riduzione delle presenze di anguilla e tinca. Anche le dimensioni delle prede non sembrano essere correlate con le dimensioni del predatore: ad esempio si sono trovate sia grandi quantità di piccoli pesci oppure una sola grande preda in siluri di taglia analoga. Per quanto riguarda la tesi di laurea citata nella domanda, in parte si concorda su alcune considerazioni fatte e alcuni risultati riportati in quel lavoro confermano vari dati fino ad oggi raccolti anche nelle nostre acque. E’ importante ricordare, però, che la situazione delle comunità ittiche dei sistemi idrografici francesi è diversa da quella che si riscontra in Italia e valutazioni che possono essere adeguate per un paese potrebbero non esserlo per un altro. Decisamente inopportuna è stata l’idea di aggiungere al lavoro di tesi citato anche parti appartenenti ad altri lavori (come detto nella presentazione della biologia del siluro nel sito del Gruppo Siluro); non è possibile accettare la validità di certe affermazioni, se svincolate da un contesto territoriale e non supportate da una bibliografia in merito. Inoltre, l’inesattezza della traduzione di alcuni passi della tesi in questione sembra un malcelato tentativo di avallare ipotesi che ecologicamente sono inaccettabili: ad esempio, per ciò che riguarda la valutazione relativa ad una presunta non competizione con altri predatori, la tabella presentata induce a pensare che, in relazione agli orari di attività, dell’habitat di caccia e della tipologia di prede, in pochi casi ci sia completa sovrapposizione di nicchia trofica tra il siluro e le altre specie predatrici. La traduzione dei termini “lentique” e “lotique” rispettivamente come “fondo” e “superficie” è completamente errata, in quanto la traduzione esatta è “lentico” e “lotico”, la cui accezione corretta significa nel primo caso ambienti di acque lente o ferme (lentico), mentre nel secondo caso indica ambienti di acque correnti (lotiche). In ogni caso, comunque, si trascura il fatto che il siluro, prima di raggiungere le maggiori dimensioni, anche nelle taglie inferiori interferisce con le abitudini alimentari degli altri predatori. Si dimentica, inoltre, che una volta adulto, esso è in grado di predare anche gli altri predatori; vari lavori sviluppati in acque italiane hanno spesso evidenziato la presenza nello stomaco di siluri di medie-grosse dimensioni, del luccio, del persico trota e del persico reale. Incomprensibile è anche l’ipotesi secondo cui la presenza del siluro possa apportare benefici in termini di biodiversità alla comunità acquatica e, tra l’altro, l’esempio riportato che concerne un ambiente marino con gruppi faunistici come molluschi ed echinodermi, è assolutamente fantasioso e inapplicabile al caso in oggetto. Un concetto deve essere ben chiaro: quando si inserisce un elemento nuovo in una comunità biologica evoluta e stabilizzata, questo rappresenta SEMPRE un elemento di disturbo che comporta inevitabilmente una ristrutturazione di detta comunità, anche semplicemente solo per far spazio al nuovo arrivato (che deve mangiare, riprodursi, ecc). Ciò significa che comunque, in funzione della propria valenza ecologica, le diverse specie risentiranno più o meno negativamente del nuovo entrato, e in modo certamente più pesante quando questo è un super-predatore. E ancora: per avere una misura del cambiamento della comunità ittica in corsi d’acqua dove è stato introdotto il siluro, si dovrebbe attuare un monitoraggio condotto in un arco di tempo che comprenda diversi anni. Da questo punto di vista i dati riportati nella tesi di cui sopra sono insufficienti e non esaustivi, oltre a mostrare evidenti errori nelle cifre, fatto che invalida ulteriormente l’attendibilità di valutazioni previsionali. Senza ripercorrere tutto il documento che Alessandro ha inviato, appare che la citata tesi presenti spesso una visione piuttosto personale della problematica “siluro” e si ritiene improbabile che qualche collega ecologo d’Oltralpe l’abbia avallata tal quale. In definitiva si ritiene che la presenza del siluro nelle acque italiane sia un serio problema per la comunità ittica autoctona che al contrario, sulla base ora anche di normative nazionali e internazionali, deve essere tutelata. Nei vari monitoraggi che le amministrazioni pubbliche routinariamente conducono, appare chiaro che la presenza del siluro, ma anche quella di numerose altre specie esotiche, sta causando la contrazione e a volte la scomparsa di specie ittiche autoctone. E’ anche chiaro che non si riuscirà ad eradicare questa specie dai corsi d’acqua dove è presente; probabilmente dopo il boom demografico si arriverà ad una situazione di equilibrio con le altre specie, equilibrio che assai probabilmente sarà negativo per la comunità ittica originariamente presente. La situazione desta quindi preoccupazione e la presenza del siluro, in quanto specie alloctona, non può essere ritenuta un fattore positivo. Una strategia per il controllo di questa specie invasiva, visto comunque l’interesse alieutico che attorno si è sviluppato, sarebbe l’incentivazione della sua pesca con l’obbligo del trattenimento del pescato; ciò è inserito ad esempio nei regolamenti di pesca di alcune province e regioni italiane. E’ anche vero che talvolta intervengono dei problemi legati per esempio al trasporto ed allo smaltimento del pesce pescato, nel caso si decida di non consumarlo o legati all’etica propria di ogni pescatore. Probabilmente è da preferire un approccio che faccia prevalere il buonsenso ed una coscienza ecologica corretta anziché anteporre al bene comune i propri fini utilitaristici. Se il siluro è l’evidenza più macroscopica del danno che le specie esotiche stanno causando agli ecosistemi fluviali, non bisogna dimenticare tutte le altre specie meno appariscenti, ma altrettanto dannose, ricercate ed apprezzate con altre tecniche di pesca e in competizioni varie. Per concludere, sperando che la risposta sia stata esaustiva, si aggiunge che al momento non esiste un forum di ittiologia nazionale liberamente fruibile; si può fare riferimento all’Associazione Italiana Ittiologi Acque Dolci (AIIAD), il cui sito internet è in fase di aggiornamento ed a breve sarà disponibile una sezione dedicata alle problematiche di settore, alle riviste specializzate oppure ai vari siti on line dedicati alla pesca nelle sue varie forme. A.I.I.A.D. Team © PIPAM.com |