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GER - I lucci di Rugen

Words: Valerio “BALBOA” Santagostino
Photos: tutto il team
Tempo di lettura: 15 MINUTI
  Novembre 2021

 

Una piccola isola, (che poi tanto piccola non lo è neppure), che emerge dal nulla, tra vento e silenzio, un mare senza onde, delle camminate in wading verso una striscia di alberi o sabbia, fitti canneti lungo le rive, stormi di uccelli in continuo passaggio…questa è Rugen, nel Nord della Germania, un tempo appartenente alla famigerata DDR, gettata nel Baltico, tra Danimarca, Polonia e Svezia.
Si pesca in una natura aspra, dura, ma di grande fascino e di una bellezza irreale.

 
Tutto è ostile: il vento, la temperatura dell’acqua, la pioggia, la mancanza di sole, il freddo pungente, le sabbie traditrici, i fondali scuri, le meduse, le alghe…e pensare che d’estate è la Rimini dei crucchi.
Già, i crucchi: così chiamati i soldati croati che militavano nell’esercito asburgico e che erano soliti reclamare dal prestinaio il pane, “kruch”, nella loro lingua. Da allora, dal periodo risorgimentale, i milanesi chiamano con questo nome tutti i popoli di lingua tedesca.

Voli di oche e cigni

 

Ma torniamo alla pesca: Rugen è famosa per i lucci. Grandi lucci, se si ha la fortuna di allamarne qualcuno, che entrano dal Baltico nelle lagune dell’isola, satolli di aringhe e desiderosi di acque con bassa salinità.
Il sale…già il sale…altro elemento fondamentale per l’attività dei paperi.
Le condizioni dell’acqua devono essere stabili. Le maree o i venti non devono alterare la salinità dell’acqua, altrimenti l’attività dei pesci rallenta sensibilmente.


Alla base, comunque, c’è che i lucci, a Rugen, si possono pescare in wading per chilometri, al largo dalle rive, modalità di pesca forse unica in Europa.


Eccomi in un punto particolarmente profondo.

L’amico Mamo inizia la sua giornata.

 

Dovete però sopportare ore e ore di gelo in un’acqua a 8°-10°, lanciare almeno 18-20 metri con una coda # 9-10 e non soffrire il freddo, altrimenti c’è sempre l’alternativa della barca, con la quale si sta all’asciutto e si coprono molti spot di pesca…e anche più velocemente.

Ah…dimenticavo, le mucche mannare!
Da un’indagine ufficiale, in Germania, nell’ultimo anno si sono verificati 7000 attacchi all’uomo da parte di bovini, con purtroppo 9 morti. E a Rugen, qualche bel pascolo, con allevamenti a stabulazione libera, bisogna attraversarlo.
Quindi, o siete imparentati con Manolete, o qualche cornata potete rischiarla.

Vi ho fatto desistere dall’andarci? Non era mia intenzione, ovviamente, ma di sicuro non è una pesca facile.


Mamo con un paio di bei lucci.

 

Le nostre mattinate iniziavano quasi sempre con un rito scaramantico, propiziato dall’amico Mamo, che in maniera solenne ci ripeteva: -“ E’ una pesca affascinante”-
per poi scivolare dolcemente in acqua da rive erbose e farci strada tra i canneti, prendendo lentamente il largo, sparpagliandoci e lanciando a ventaglio.



 

Dopo una mattinata infruttuosa di lanci, ci si domandava -“Chi me l’ha fatto fare”-, ma dopo un breve attimo di smarrimento, ci saliva di nuovo la carogna e si ricominciava a pescare, anzi, spesso con più convinzione di prima.
E la convinzione, piuttosto che lo sconforto, è sicuramente la miglior mosca in quelle condizioni.


Luca e i suoi lucci.

 

Che strano! Quello che tutte le nostre signore desidererebbero fare per combattere la cellulite, e cioè una bella passeggiata con le gambe nude massaggiate dall’acqua fredda, per noi maschietti, si trasforma in una pesca da incubo, molto ruvida e faticosa.

Ovviamente non dite alle vostre congiunte che avete trovato il rimedio alle “bucce di arancia”, perché una volta scoperto l’inganno, potrebbero darvi in pasto ai lucci!-:)


Immersione!

 

A proposito di mosche: abbiamo streamerato artificiali medio piccoli, prevalentemente scure, di Fabio Consonni, Gherardo Zambelli, Michael Menardo ed Enrico Mondo, e hanno dato buoni risultati.


Michael con due bei paperi.

 

Negli hot spot ci ha portato un vecchio amico, oramai da anni affermata guida, Bernd Ziesche, un giovanotto che si divide tra i lucci tedeschi, le trote di mare danesi e i salmoni norvegesi. Bella persona veramente, ottima guida e gran lanciatore.

https://www.first-cast.de/

L’avevo conosciuto anni fa, all’Effa, e con lui ero già stato a Rugen nel 2006.


Bernd e Gherardo.

 

Mi aveva confidato che dopo un periodo, con poche soddisfazioni da perito chimico in un’azienda, stava facendo la grande scelta della sua vita, cioè dedicarsi alla pesca a mosca e trasformarla nella sua attività lavorativa.
E sembra ci sia riuscito egregiamente.


Riconoscibile nelle barche e nei tetti di cannette l’influenza “olandese”.

 

Abbiamo pescato con code floating, intermediate, o floating con punta intermediate, e lungo alcuni canali più profondi, segnalati dalla nostra guida, con delle sink 3.
Il cavetto in titanio, che ha degli indubbi vantaggi, è stato il più utilizzato, in abbinamento con micro moschettoni che facilitavano la sostituzione delle mosche.
I finali non erano mai sotto lo 0,40 e venivano allungati se montati sulle galleggianti.


Riccardo opercola un gran bel luccio.

 

I lanci, con quelle code, non sono proprio facili. Tendenzialmente bisogna eseguire meno falsi lanci possibili, e senza toccare l’acqua, anche per preservare forze e articolazioni e camminare silenziosi, ma con sicurezza.
Ricordatevi che, dopo una cattura, potrebbero esserci altri lucci nelle vicinanze, quindi battete bene l’acqua a raggiera.


…e un paio di scatti anche per Balboa.

 

Qualora si incontri un fondo simile alle sabbie mobili, niente panico!
Ma se non vi sentite a vostro agio nell’esplorare nuovi fondali, non inoltratevi in acqua oltre il ginocchio.


 

Un paio di raccomandazioni: bisogna vestirsi “a cipolla” , con robusti calzettoni, caldi sotto wader, perché dopo ore l’umidità entra comunque nelle ossa e non dimenticate le protezioni alle dita.
Portatevi sempre o i guantini o gli speciali manicotti di Lycra per le dita.
Facoltativo, ma molto suggerito è lo stripping basket, nel quale si riponevano le spire di shooting durante il recupero.


Gigi in recupero e con successo…
 
All’imbrunire, quando le sfumature vespertine della laguna non permettevano neanche di riconoscere le sagome dei pescatori, si usciva dall’acqua. Infreddoliti, certo, anzi, molto infreddoliti, alcuni appagati, altri con l’irrefrenabile desiderio di ricominciare l’indomani.
 
Termino questo articolo raccontandovi dell’unica attrazione, ma davvero impressionante, dell’isola: il “colosso di Prora”, e cioè i resti del progetto più grandioso della Germania nazional-socialista di Hitler degli anni trenta.
L’intenzione era di costruire il più grande stabilimento balneare al mondo, un complesso di edifici che consentisse, a turni di 20.000 persone alla volta, di trascorrere due settimane di vacanza all’anno. L’ambizioso progetto, oltre alle 10.000 stanze affacciate sul Baltico, avrebbe dovuto comprendere piscine e un’enorme sala comune utilizzata per la propaganda tanto cara a Goebbels.

 

Lo scoppio della seconda guerra mondiale allontanò dalle priorità del 3° Reich questo piano che, ovviamente, con la sconfitta della Germania, fu poi completamente accantonato.
Negli anni successivi, questa mastodontica struttura passò dal demanio a varie imprese di costruzioni che, completandola parzialmente, l’hanno riconvertita e utilizzata per svariati scopi: ospitalità a sfollati, rifugiati, addestramento di soldati, ostelli della gioventù, casa vacanze, rave party, fino addirittura alla trasformazione di una parte a Residence di lusso.

 
La spiaggia, di sabbia bianca, è lunga otto chilometri e il mare è veramente pulito e trasparente. La pineta non ha nulla da invidiare a quelle di Capalbio o Migliarina.
Bene, grazie innanzitutto ai miei amici che hanno condiviso con me questa esperienza.

Da sin: Luca Prono, Mamo Perletti, Gherardo Zambelli, Riccardo Carrara, Gigi Rizzo, Michael Menardo, Balboa.
 
Gruppo molto affiatato e divertente, grazie ragazzi, grazie Bernd, grazie Rugen…alla prossima.

L’ultimo luccio della vacanza, preso da Riccardo.



Valerio “BALBOA” Santagostino




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