Canna e corda
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- Scritto da Mirto Campi
Racconto
01/08/01 di Mirto Campi
Era tanto che avevo desiderio di provare a lanciare in quella buca da film.
L'enorme pozzo doveva essere popolato da belle Fario autoctone, in quanto a valle e monte della buca stessa di pesce ce n'era, eccome. Il problema era arrivare a quel buco scavato nell'arenaria chissà in quale era antica.
Da valle si doveva risalire almeno di 200 metri, mentre da monte, tagliando un campo di foraggio s'intravedeva il pozzone a circa una cinquantina di metri.
"Bene", mi dissi tra me e me, "La corda d'alpinismo ce l'ho, non mi resta che scendere".
Il mattino dopo alle quattro ero immerso nel campo di foraggio, passando sotto all'enorme spaventapasseri che al centro del campo stesso mi guardava esterefatto. Nello zaino tenevo un tiro di corda di 50 metri precisi, la canna smontata ed altre diavolerie personali.
L'enorme faggione che era a guardia della valle mi sarebbe servito come ancoraggio della corda, e sistemato il tutto lanciai i 50 mt. di corda nel vuoto.
Il volo fu accompagnato da un sibilo nel vento che si perse nella gola sottostante. Speravo che il tiro di corda fosse sufficientemente lungo, tanto d'arrivare alla base del pozzo.
Non mi sarebbe piaciuto dover piantare qualche chiodo negli anfratti della roccia per aggiungere uno spezzone ed arrivare al pozzo. Non sentii rumore alcuno della corda nell'acqua, e con il dubbio di restare a piombo in parete cominciai a calarmi. Fatti i nodi del caso mi lasciai scivolare nell'anfratto in cui il sole ancora non aveva rotto il freddo.
"Stupendo, guarda che gola e che pozzo" esclamai dentro me. Mi stavo gustando tutta la discesa in corda singola con il mio zaino in spalla, e tutto per cercare d'insidiare una fario che, davo solo per certa la sua esistenza. Anche se non ci fossero state trote, quella mattina il connubio scalata-pescata faceva parte della mia vita; per sempre.
Circa a metà discesa, m'accorsi che un piccolo ramo aveva una biforcazione, ed in questa biforcazione era presente un nido, probabilmente di Gheppio, un piccolo rapace. Arrivato a circa due terzi della discesa mi fermai un attimo... Impossibile da crederci, ma i miei occhi avevano visto un'ombra furtiva nell'acqua, a lato del pozzo. Sembrava un'enorme fario, e l'emozione di essere visto mi percosse. "Magari ho fatto tutta sta cazzata di fatica poi quella mi vede e salta in tana". Quella era proprio una bella Fario.
Decisi di uscire a lato del pozzo, proseguento sulla sinistra per non farmi scorgere. Nell'impresa due unghie della mano mi si spezzarono per un piccolo voletto, ed un piccolo sassino incontrò la mia testa dura, ma in mente avevo Lei...
Finita la discesa mi sfilai lo zaino dalle spalle, e con calma preparai la canna con l'artificiale. Come un gatto felino in agguato arrivai alla base del pozzone che ora m'appariva in tutta la sua grandezza e profondità. Lanciai l'esca ed al primo approcio sull'acqua ferrai energeticamente. Era Lui, Il Trota da 1,5 kg che mi dava battaglia in casa sua.
La lotta si fece furibonda, il Trota saltava fuori dall'acqua non capendo cosa stesse succedendo lì, lì dove nessuno era mai arrivato a tanto. Poi partì deciso verso il basso, deciso a staccarsi quel coso dalla bocca ed a ritornare in pace a casa sua nel suo pozzo. Alla fine potei accarezzarlo: stupendo maschio con una stupenda livrea, nessun filo di grasso in eccesso. Sentìì il cuore che gli batteva per l'avventura e pensai:"Chissà se nessun uomo ti ha mai toccato, guardato." È come se mi avesse capito, penso proprio che fossi il primo, e tale volevo restare.
"Voglio che resti nella tua tana per tutte le tue stagioni, d'autunno e d'inverno, voglio che continui a cacciare, voglio che continui questa poesia".
Così il Trota riprese la sua acqua, la sua tana, mi lasciò andandosene in tranquillità...per sempre. Restai al lato del pozzo a fumarmi una siga e ad attendere l'arrivo del sole.
Da lassù era stupendo, che posto incantato, magico. La salita la tralascio, perche 50 mt in salita mi costarono l'arrivo a casa alle 13, giusto per il pranzo. Ora sono passati parecchi anni da quando ho incontrato il Trota, e penso se sia ancora lassù in quella buca, penso che magari anche Lui sente la mia presenza... Stiamo invecchiando entrambi, ed entrambi non ci siamo più rivisti...
Ma queste sono cose nostre...
"Bene", mi dissi tra me e me, "La corda d'alpinismo ce l'ho, non mi resta che scendere".
Il mattino dopo alle quattro ero immerso nel campo di foraggio, passando sotto all'enorme spaventapasseri che al centro del campo stesso mi guardava esterefatto. Nello zaino tenevo un tiro di corda di 50 metri precisi, la canna smontata ed altre diavolerie personali.
L'enorme faggione che era a guardia della valle mi sarebbe servito come ancoraggio della corda, e sistemato il tutto lanciai i 50 mt. di corda nel vuoto.
Il volo fu accompagnato da un sibilo nel vento che si perse nella gola sottostante. Speravo che il tiro di corda fosse sufficientemente lungo, tanto d'arrivare alla base del pozzo.
Non mi sarebbe piaciuto dover piantare qualche chiodo negli anfratti della roccia per aggiungere uno spezzone ed arrivare al pozzo. Non sentii rumore alcuno della corda nell'acqua, e con il dubbio di restare a piombo in parete cominciai a calarmi. Fatti i nodi del caso mi lasciai scivolare nell'anfratto in cui il sole ancora non aveva rotto il freddo.
"Stupendo, guarda che gola e che pozzo" esclamai dentro me. Mi stavo gustando tutta la discesa in corda singola con il mio zaino in spalla, e tutto per cercare d'insidiare una fario che, davo solo per certa la sua esistenza. Anche se non ci fossero state trote, quella mattina il connubio scalata-pescata faceva parte della mia vita; per sempre.
Circa a metà discesa, m'accorsi che un piccolo ramo aveva una biforcazione, ed in questa biforcazione era presente un nido, probabilmente di Gheppio, un piccolo rapace. Arrivato a circa due terzi della discesa mi fermai un attimo... Impossibile da crederci, ma i miei occhi avevano visto un'ombra furtiva nell'acqua, a lato del pozzo. Sembrava un'enorme fario, e l'emozione di essere visto mi percosse. "Magari ho fatto tutta sta cazzata di fatica poi quella mi vede e salta in tana". Quella era proprio una bella Fario.
Decisi di uscire a lato del pozzo, proseguento sulla sinistra per non farmi scorgere. Nell'impresa due unghie della mano mi si spezzarono per un piccolo voletto, ed un piccolo sassino incontrò la mia testa dura, ma in mente avevo Lei...
Finita la discesa mi sfilai lo zaino dalle spalle, e con calma preparai la canna con l'artificiale. Come un gatto felino in agguato arrivai alla base del pozzone che ora m'appariva in tutta la sua grandezza e profondità. Lanciai l'esca ed al primo approcio sull'acqua ferrai energeticamente. Era Lui, Il Trota da 1,5 kg che mi dava battaglia in casa sua.
La lotta si fece furibonda, il Trota saltava fuori dall'acqua non capendo cosa stesse succedendo lì, lì dove nessuno era mai arrivato a tanto. Poi partì deciso verso il basso, deciso a staccarsi quel coso dalla bocca ed a ritornare in pace a casa sua nel suo pozzo. Alla fine potei accarezzarlo: stupendo maschio con una stupenda livrea, nessun filo di grasso in eccesso. Sentìì il cuore che gli batteva per l'avventura e pensai:"Chissà se nessun uomo ti ha mai toccato, guardato." È come se mi avesse capito, penso proprio che fossi il primo, e tale volevo restare.
"Voglio che resti nella tua tana per tutte le tue stagioni, d'autunno e d'inverno, voglio che continui a cacciare, voglio che continui questa poesia".
Così il Trota riprese la sua acqua, la sua tana, mi lasciò andandosene in tranquillità...per sempre. Restai al lato del pozzo a fumarmi una siga e ad attendere l'arrivo del sole.
Da lassù era stupendo, che posto incantato, magico. La salita la tralascio, perche 50 mt in salita mi costarono l'arrivo a casa alle 13, giusto per il pranzo. Ora sono passati parecchi anni da quando ho incontrato il Trota, e penso se sia ancora lassù in quella buca, penso che magari anche Lui sente la mia presenza... Stiamo invecchiando entrambi, ed entrambi non ci siamo più rivisti...
Ma queste sono cose nostre...
Mirto Campi
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