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LA COURSE AMOUREUSE

William HUMPHREY

LA COURSE AMOUREUSE

Gallimard, Paris 2003




A cura di Marco Baltieri

William Huphrey (1924-1997) è uno scrittore statunitense che ha pubblicato, tra l’altro, anche racconti di pesca. Qui ne vengono tradotti otto in francese: The spawning run, My Moby Dick, Cast and cast again, Great Point, The rigors of bonefishing, Bill breaks his duck, The royal game, The fishermen of the Seine. Il tono generale è sempre tra l’ironia e la passione partecipata; lo sguardo quello del pescatore a mosca meditativo, che ha capito che a dieci chilometri da casa ci sono forse più cose da imparare che andando dall’altra parte del pianeta.
Nel primo racconto (La course amoureuse/The spawning run, che dà il titolo alla raccolta) abbiamo l’autore a confronto con i “luoghi sacri” della pesca a mosca dell’Inghilterra meridionale (Test, Itchen, ecc. oggetto anche dell’altro racconto Lettres d’un pêcheur satisfait). Poi si sposta nel Galles, in un vecchio hotel dotato di un esclusivo percorso di pesca al salmone.
L’americano in jeans si trova circondato di vecchi signori in tweed, età media 60/70, tutti un po’ suonati; le loro mogli cercano conforto con Mr. Holloway, l’unico pescatore che non ha mai potuto registrare una cattura sul libro dell’hotel, che dal 1881 segnala ogni salmone catturato.
In Mon Moby Dick si racconta la storia di una trota di più di un metro, orba da un occhio, scoperta in un torrente, e che diventa il problema da risolvere prima della chiusura della pesca. Per convincerla ad abboccare bisogna raffinare sempre più la tecnica (mosche sempre più piccole, finali sempre più sottili…). La conclusione, l’ultimo giorno della stagione, la potete forse immaginare.
Il faut lancer sans se lasser (Cast and cast again) ci fa conoscere alcuni pescatori francesi famosi: Charles Ritz, naturalmente, e Pierre Affre, con il quale passa interminabili giorni di pesca in Scozia, a “lanciare e lanciare ancora”, per qualche milione di volte, alla ricerca di un salmone che non arriva mai.
Sempre con Pierre Affre, l’autore scopre l’inaspettato mondo dei pescatori della Senna, a Parigi (Les pêcheurs de la Seine): tipi e tipacci come Pierrot le Plombier e Paulo le Trépané, fino al più noto Albert Drashkovitch (e lo sapevate che al Pont-Neuf ci sono delle schiuse di Ephemerella Dorothea?). La Grande Pointe e La rude vie d’un pêcheur de bonefish sono invece di ambiente americano. Nel primo siamo nella mitica Nantucket, a pescare bluefish su una lingua di sabbia in mezzo a un vento della malora; nel secondo sulle flats delle Bahamas, a cercare bonefish con Otto Pinder, una vecchia guida di sessantatre anni, con innumerevoli figli e nipoti.
Non abbiamo ancora parlato di Le gibier royal: infatti non si parla di pesca ma di caccia nella “Francia profonda”, di vino e dell’impareggiabile gusto della carne di cinghiale.

Marco Baltieri

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