L'evoluzione delle canne da mosca
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- Scritto da Valerio Santagostino (BALBOA)
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La canna è l'attrezzo base con cui praticare la pesca con la mosca artificiale. In oltre 50 anni di pratica di questa tecnica ho visto il suo l'evolversi e nei 30 anni in cui ho svolto il mio mestiere di cannivendolo, ho potuto farmi una notevole esperienza su materiali, lunghezze, azioni e tipologie di canne più adatte alle varie tecniche ed ai vari ambienti. Nei primi anni 60, avevo sentito parlare della pesca a mosca da un mio collega tedesco, l'amico Udo che pescava a spinning lucci sul Ticino e che li rilasciava tutti. Un antesignano del catch and release, in anni in cui il pescato finiva regolarmente in padella ed il primo ad accennarmi a questa, per me allora sconosciuta, tecnica di pesca. Ero giovanissimo e pescavo con la canna fissa e la bolognese a passata sul Ticino ed occasionalmente a spinning ed al tocco in torrente per le trote. Fu nel 1964 che in Valsesia, vidi per la prima volta volteggiare una lenza più lunga della canna con un finale a cui erano attaccate alcune mosche. Ne rimasi affascinato, anzi folgorato, e mi fiondai da Titta Sport a Borgosesia dove acquistai una canna valsesiana in canna di Nizza e cimino in bambù nero con un'asola a cui legare la lenza lunga circa una volta e mezza la canna e costruita in crini di cavallo intrecciati a cui si applicava un finale con 4 mosche di vari colori. Imparai presto a farla volteggiare con un movimento ellittico che si concludeva con una spinta in avanti per posare le mosche. A quei tempi le lame del Sesia erano tappezzate di temoli che catturavo abbastanza frequentemente ma, per le trote dovevo ricorrere al cucchiaino, in quanto le marmorate, unica specie allora presente, erano estremamente difficili da avvicinare a portata di lenza. Fu circa un anno dopo, sull'Aveto, che vidi un pescatore che volteggiava la lenza con una canna più corta ed un mulinello. Fu una rivelazione!! con siffatto attrezzo avrei potuto ampliare notevolmente il mio raggio d'azione e quindi, nel negozio Spem di via Larga a Milano mi procurai l'attrezzatura per la pesca “all'inglese“ come veniva definita allora. Si trattava di una scatola di legno contenente una canna giapponese ( allora erano prodotti economici ) in 3 pezzi in bambù esagonale con 2 impugnature con cui la trasformavi, anche, in canna da spinning. L'estetica era molto accattivante in legno laccato e legature di rinforzo in seta rossa, aveva un'elasticità spaventosa ed un'azione che si potrebbe definire “cattolica“ perché, per lanciare, dovevi sperare nella divina provvidenza. Il mulinello era un pesantissimo rocchetto in zama e la lenza, ovvero la coda di topo, in seta verde apprettata di non meglio precisata misura e peso, doveva essere svolta a fine pesca, posta su di un aspio,fatta asciugare e quindi apprettata ogni volta salvo, diventare facilmente, un ammasso colloso.
Avevo 23 anni, una passione pazzesca ed una costanza incredibile. Fu così che durante il mio viaggio di nozze, a fine maggio del 1965, a Salsominore sull'Aveto, catturai la mia prima trota a mosca secca. L'anno successivo partecipai alla fondazione del Fly Angling Club di Milano, presso il bar pasticceria Villa in p.le Cadorna. Eravamo in pochissimi a praticare già questa tecnica di pesca e fu un'occasione unica per scambiarsi opinioni, esperienze ed una opportunità per cercare di progredire nel lancio e nella costruzione degli artificiali, pressoché introvabili anche da Ravizza, l'unico negozio di Milano attrezzato e con un commesso, Sandro Ghilardi, che pescava a mosca.
Dopo alcuni mesi acquistai, usata, dell'amico Marenzi una Pezon e Michel “Parabolic normale” da 8'6” . Era bellissima e passavo ore ad ammirarla per non parlare del senso di appagamento dato dall'esserne il fortunato proprietario. Decisamente più performante del mio aborto giapponese ma, … non lanciava da sola. Lavorando nel campo dei trasporti internazionali mi procurai libri e riviste francesi ed inglesi che, grazie alla mia conoscenza delle lingue, mi permisero di poter allargare le mie conoscenze su tecniche di lancio, costruzione, strategie di pesca ed attrezzature. Grazie alla collaborazione con un mio cliente, la Spem Sport Pesca che importava canne in bambù dalla Milward e dalla Farlow Sharpes inglesi e le prime canne in fibra di vetro dalla Phillipson americana, ho avuto quindi l'opportunità di seguire e perfino interagire nello sviluppo dei materiali e delle azioni in quanto nel 68' ho collaborato nella progettazione di una serie di canne in bambù impregnato della Sharpes. Nei miei progetti si trattava di canne ad azione progressiva, decisamente rapida per l'epoca ma, successivamente modificate in produzione, accorciandole per renderle più lente e potenti e più adeguate al mercato della ditta scozzese. L'unica eccezione fu la 7' # 4 che rimase inalterata e che fu molto apprezzata sul mercato italiano grazie ad un negozio di Firenze gestito da Roberto Pragliola.
Era l'inizio di una profonda evoluzione dovuta principalmente ai materiali ed alle tecniche costruttive.
Bambù refendù.
Con canne di questo tipo è stata scritta la storia della pesca a mosca, almeno fino a quando non sono stati scoperti i materiali compositi ed oggi vive un discreto ritorno di popolarità. La sua lavorazione è lunga, difficile, complessa e quindi piuttosto costosa. Trattandosi di un prodotto naturale è soggetto a notevoli differenze di qualità e sarà impossibile trovare 2 canne uguali a meno che non siano state ricavate dallo stesso culmo. Il peso del materiale ne accentua l'inerzia con conseguente ritardo nel riallineamento e quindi ne riduce la rapidità anche se, oggi, con l'utilizzo di colle moderne, tapers con disegni più rastremati e costruzioni hollow built, ovvero parzialmente svuotate all'interno, questo problema è stato notevolmente contenuto. Purtroppo l'assottigliamento del cimino non può essere esasperato, vuoi per obbiettive difficoltà tecniche vuoi per il fatto che la sua struttura tenderà a snervarsi ed a cedere in breve tempo. Quando ho iniziato a pescare a mosca, nel lontano 1965, le canne in bambù più popolari erano di fabbricazione francese ed inglese con lunghezze dagli 8' in su e con azioni decisamente lente e potenti, totalmente inadatte, al loro utilizzo sull'Aveto e sui torrenti che frequentavo all'epoca e quindi, dopo poco, ho iniziato ad accorciarle, tagliando generosamente, una parte del tallone che così facendo, si irrigidiva parecchio, con conseguente spostamento della curva verso il cimino. La canna diventava più leggera, rapida e più consona all'utilizzo di code meno pesanti. L'amico Rancati ed i soci del Fly Angling Club di Milano le ribattezzarono “reseghed“ ovvero segate, ed alcuni di loro mi hanno fatto modificare le loro costosissime, potentissime ma, faticosissime Hardy “Phantom“ 9'. La canna in bambù ha prestazioni, perlomeno nei lanci in distanza, spesso assimilabili a quelle in composito ma richiederà un maggior rispetto del timing, un miglior controllo della spinta ed una maggiore attenzione nel lancio con un minor comfort dovuto al maggior peso, compensato dal piacere derivante da un attrezzo in materiale naturale e dal grande fascino. Oggi, raramente, si utilizzano canne con lunghezze superiori ai 7'6” in quanto non siamo più abituati al loro peso e mi ricordo che negli anni '60, quando utilizzavamo le lunghe e potenti canne dell'epoca, prima dell'apertura ara necessario fare allenamento preventivo con bottiglie di vetro piene di sabbia per rinforzare la muscolatura in vista degli sforzi previsti per la stagione di pesca. A fine anni 60 la ditta Hardy commercializzò una canna da 7' progettata dall'amico Mario Riccardi che successivamente, fu consulente anche della Pezon e Michel e che mi procurò una Parabolic Royal 7' da lui progettata. Era una canna decisamente rapida e potente molto simile alle mie reseghed ma tendeva a picchiare la mosca sull'acqua ed era necessario controllare bene lo shooting per evitare pose troppo rumorose. Nell 'utilizzo delle canne in bambù, anche di quelle moderne, rispetto a quello delle canne in composito sarà come guidare una Giulietta Spider: eleganza, velocità e ripresa non sono inferiori a quelle di una macchina moderna ma non avremo il servosterzo, i freni con Abs, l'aria condizionata ed il confort di marcia sarà totalmente diverso.
Fibra di vetro
La fibra di vetro è stato un materiale messo a punto, originariamente, dalla DuPont ed utilizzato per la fabbricazione di svariati prodotti, dalla nautica all'edilizia e non ultimo, per la costruzione delle canne da pesca. Il fiberglass ha contribuito a diffondere notevolmente, la pesca a mosca, massimamente negli Stati Uniti, in quanto si poteva produrre canne in serie con un procedimento industriale e quindi, renderle decisamente più economiche ed accessibili. Erano inoltre più leggere, robuste e più resistenti agli agenti atmosferici di quelle in bambù.
Purtroppo però, il materiale aveva ed ha, un modulo molto basso, ovvero un elevato grado di elasticità con un ridotto ritorno di energia e quindi la canna, ancorché con un profilo molto rastremato e con un'elevata conicità, risulterà sempre poco reattiva e con una ridotta rapidità. Ricordo di aver posseduto una Hardy “Jet“, rimediata usata al club ed immediatamente rivenduta in quando inconciliabile con le mie esigenze di lancio ed una Mitchell Garcia vinta, unitamente ad un mulinello automatico e relativa coda di topo, ad una gara di pesca a mosca sull'Aveto a Cabanne (ebbene si! ho anch’io i miei scheletri nell'armadio), molle come un fico e con impugnatura anatomica in finta pelle che fortunatamente, ho trovato da piazzare per ben 30.000 lire, il che dà un'idea, oltre che dell'evoluzione anche della svalutazione. Anche per questo materiale stiamo assistendo ad un ritorno di popolarità, con ogni probabilità, dovuto ad azioni di marketing tese a cavalcare più la moda del momento che effettivi vantaggi tecnici. Malgrado i miglioramenti strutturali, data la loro dolcezza e sensibilità sono apprezzabili solo da chi desidera un attrezzo atto ad agevolare il combattimento con finali particolarmente sottili o per amplificare le emozioni derivanti da catture di prede di ridotte dimensioni.
Compositi in fibra di carbonio
Le canne in grafite hanno segnato una nuova era per le canne da pesca e per quelle da mosca in particolare.
Cosa si intente per grafite? Questo termine si riferisce ad un tipo di fibra di carbonio che è stato inventato nel 1965 dalla Royal Aircraft Establishment di Farnborough, Inghilterra. Questo prodotto aveva un modulo di circa 10 milioni di P.S.I (pound x square inch) decisamente troppo basso per le esigenze di una canna da pesca e quindi, successivamente, la ditta americana Fenwick mise a punto delle canne che utilizzavano la tecnologia HMG. Si trattava di un materiale ottenuto da una fibra sintetica chiamata polyacrylonitrile sottoposto a temperature di oltre 2500° in una particolare atmosfera, ottenendo filamenti con un elevato grado di resistenza e rigidità che erano successivamente miscelati con fibre di vetro e resine epossidiche. Va precisato che, contrariamente a quanto è stato spesso scritto, il modulo non ha niente a che vedere con il numero di fibre di carbonio ma è unicamente un'unità di misura per le capacità d'allungamento dei materiali. Vale sia per il tondo di ferro che per i compositi utilizzati nella costruzione delle canne da pesca.
Le diciture pubblicitarie tipo 56 milioni di moduli non si riferiscono al numero di fibre utilizzate ma : 56 millions modulus ovvero 56 milioni di Psi ovvero pounds x square inch.
Da allora è stato un continuo evolversi della tecnologia atta ad ottenere materiali sempre più resistenti e con moduli sempre più alti per ottenere attrezzi sempre più leggeri. Per le canne da mosca non è consigliabile alzare eccessivamente il modulo e quindi la rigidità in quanto, l'attrezzo sarebbe eccezionale per il lancio, potendo sviluppare loops strettissimi ma, diventerebbe ingestibile in pesca non avendo sufficiente elasticità per ammortizzare gli shocks della ferrata e le testate del pesce durante il combattimento e quindi la ricerca si è orientata sul miglioramento delle resine per ottenere performances sempre più elevate così da poter ridurne le percentuali utilizzate. Infatti la resina ha il compito di assemblare e compattare i vari materiali del composito ma, purtroppo, ha un comportamento passivo, appesantendo ed irrigidendo la canna ma senza restituzione d'energia così da far perdere sensibilità e rendendo il lancio più faticoso.
Le canne costruite con compositi di nuova generazione, a parità di disegno e di potenza, non hanno prestazioni sostanzialmente diverse da quelle di qualche anno fa, ma sono più leggere, hanno una risposta dinamica migliore, minori vibrazioni e flessioni parassite e sono quindi più precise, sensibili e più piacevoli offrendo un maggior confort facilmente avvertibile dopo una giornata di pesca.
Tubo e canna della Fenwick che introdusse le prime canne in grafite. Una nuova era era iniziata, con forse una perdita di poesia e romanticismo a vantaggio di una maggior praticità derivante dalla maggior leggerezza, rapidità e confort di attrezzi soggetti ad una continua evoluzione tecnologica.
L'azione.
Sull'azione delle canne da mosca sono stati versati fiumi di inchiostro (tutti impescabili per la loro torbidità) ma, sostanzialmente si riferisce alla curvatura che il fusto assume sotto sforzo.
Un'azione troppo spostata verso la punta faciliterà i lanci a breve distanza ma, purtroppo, comporterà un sovraccarico del cimino quando dovremo volteggiare una maggior lunghezza di coda o quando dovremo effettuare lanci dove si rende indispensabile poter contare sull'incremento di potenza del tallone quali rollati, radenti ecc. oltre a dimostrarsi scarsamente efficace nel combattimento con prede di taglia o di grande combattività. Sostanzialmente la tendenza del mercato si orienta su azioni medio rapide ma, negli States, alcuni grossi produttori stanno promuovendo il ritorno ad azioni molto “soft“. Come in tutti i prodotti commerciali si cerca di orientare le mode per creare nuove tendenze. Se si sono vendute gonne cortissime, bisogna spingere verso le gonne lunghe. Nella pesca a mosca assistiamo allo stesso tentativo, dopo canne rapide e rapidissime, si tenta di muovere il mercato con canne lente decantandone la tradizione e la piacevolezza.
La canna progressiva è in genere la più consigliata in quanto sulle brevi distanze lavorerà la parte superiore, salvo poi, fare intervenire il resto del fusto ma, per evitare l'abbassamento del cimino con conseguente apertura del loop sarà opportuno utilizzare accorgimenti atti ad incrementare la velocità di coda ricorrendo ad una maggior escursione del braccio per le canne corte e le code leggere o trazioni semplici e doppie indispensabili per canne più lunghe e code pesanti che altrimenti risulterebbero faticosissime. Una canna sotto caricata con code più leggere risulterà anche più rapida per via della ridotta flessione.
L'azione parabolica, con un piegamento a semicerchio, era la più popolare per le canne in bambu' in quanto la tecnica di lancio del tempo, con utilizzo quasi esclusivo del polso e minimo spostamento del solo avambraccio ne sfruttava l'effetto molla con relativa restituzione d'energia ma, oggi è praticamente impossibile da ottenere con canne in composito data la continuità di conicità richiesta dal procedimento costruttivo ma comunque, utilizzando moduli più bassi e profili poco rastremati si ottengono prodotti con una curvatura molto accentuata, difficile da controllare in fase di spinta ma in grado di offrire dei vantaggi per pesche dove sarà necessario lanciare con loop più aperti come pescando a sommersa con più mosche od utilizzando ninfe appesantite. Anche durante il combattimento, queste canne, potranno venire apprezzate per la loro dolcezza.
Anche nei compositi sono stati fatti molti esperimenti atti a conferire particolari caratteristiche meccaniche con l'aggiunta di spiralature di Kevlar, fili di titanio, aggiunta di boro o di berillio come sperimentato dall'amico Mario Riccardi. Ricordo che a fine anni 70 ho acquistato dalla Giunti di Prato, tra le prime a vendere su catalogo un vasta gamma di prodotti da mosca, un grezzo dell’americana Rodon. Aveva una lunghezza di 8'6”, un'azione lentissima con oscillazioni paurose e, dopo il montaggio ed alcuni disperati tentativi di utilizzo, l'ho relegata tra le curiosità ad imperituro ricordo degli errori di percorso.
Oggi la gamma di canne a disposizione del pescatore è veramente vastissima con materiali, lunghezze, potenze, pesi ed azioni atte a soddisfare la maggior parte delle esigenze e dei gusti. Si va da canne in bambù con azioni rivisitate per i più romantici a quelle in fibra di vetro per chi ama la sensibilità ed il gusto retrò a quelle super tecnologiche in compositi di ultimissima generazione.
Per quanto riguarda le lunghezze andiamo dalle cortissime e rapidissime canne da 6' a 7'6” per gli amanti del lancio ad alta velocità di code leggere, alle 11' per code 2-3 per chi ha un approccio pragmatico privilegiando la più produttiva pesca a ninfa a filo senza contare gli appassionati di quelle a 2 mani o per chi predilige canne potenti per la pesca ai predatori sia in acqua dolce che in mare. L'evoluzione tecnologica continuerà a fornirci attrezzature sempre più performanti sperando che il futuro ci metta in condizione di poterle utilizzare in ambienti ancora accettabili.
Fibre di vetro
Le canne in fibra di vetro stanno avendo un ritorno di popolarità dovuto più ad azioni di marketing tese a cavalcare la moda che ad un effettivo vantaggio tecnico. Questo materiale, malgrado i miglioramenti strutturali, rimane scarsamente reattivo e pertanto consigliato qualora si desiderino attrezzi di grande dolcezza atti ad amplificare le sensazioni derivanti dal combattimento con prede di ridotte dimensioni, magari in ambienti di particolare spettacolarità.
Salmone: le moderne canne in composito permettono la cattura di pesci sovradimensionati alla loro potenza come questo salmone catturato a secca con una 9’ #5.
Barbo: Con le nuove tecnologie e possibile ottenere canne di lunghezze di 10’ od 11’ con un peso inferiore ai 100 grammi per praticare la pesca con la ninfa anche a pesci grufolatori come i barbi.
Trota: Le caratteristiche di leggerezza, rapidità, precisione e restituzione d’energia delle più moderne canne in composito di ultima generazione hanno permesso anche l’evoluzione della tecnica di lancio di code leggere e leggerissime per la pesca a mosca secca.
Taimen: Le moderne canne in composito, grazie alla loro leggerezza e potenza permettono la cattura di pesci di grossa taglia.
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