Riflessioni sul fly tying
Pur provenendo da uno dei miei fornitori abituali, noto per l’ottima qualità della merce, le creste presentavano differenze abbastanza marcate, soprattutto in lunghezza e colore. Erano sì tutte di qualità ma solo alcune eccellevano in bellezza. Questo mi ha fatto ricordare quali e quante possono essere le variabili che portano ad avere materiali, e qui mi riferisco esclusivamente ai materiali naturali, ottimi, buoni o scadenti.
Il clima, il periodo dell’anno in cui l’animale viene abbattuto, il tipo di allevamento, la concia, la selezione dei riproduttori. Anche per piume relativamente semplici da procurare, come quelle dei fianchi di germano o alzavola, certi periodi dell’anno, sempre che l’abbattimento sia concesso, danno migliori risultati qualitativi. Per esempio in termini di lunghezza delle fibre o di colore della piuma. Alcuni sapranno che la mia grande passione sono le salmon flies e le mosche antiche in generale.
Quando si inizia a costruire mosche da salmone atlantico, classiche o artistiche, si entra gradatamente e poi sempre più prepotentemente in un meccanismo che ci obbliga a migliorare la nostra valutazione qualitativa di qualunque materiale utilizzato, dalla seta ai tinsel, dalle piume più comuni a quelle quasi introvabili.
La ricerca dei piumaggi diventa un fatto maniacale, un hobby a parte, quasi indipendente, che può avere i sintomi, anzi li ha, del collezionismo. Si diventa quasi ornitologi in erba con punte di feticismo puro.. La raccolta dei materiali, o meglio l’accumulo, è propria di quasi tutti i costruttori indipendentemente dal tipo di mosche costruite e logicamente a livelli diversi di ossessione. La ricerca di piume rarissime è diventata per certi rami della costruzione, mosche classiche in testa, quasi una malattia.
Diversi personaggi in giro per il mondo riescono a procurare in maniera legale piume altrimenti introvabili. I prezzi naturalmente sono in linea con la rarità, raggiungendo anche svariate decine (o a volte centinaia) di Euro per una singola coppia di piume. La rarità di queste piume non deriva solo dal fatto che gli uccelli da cui provengono siano protetti. Alcuni di questi animali non sono ne rari e nemmeno protetti ma vivono in zone poco accessibili all’uomo.
Nella mia collezione di piume rare ho alcune piume del petto dell’Indian Crow (Pyruderus Scutatus) che con molta probabilità derivano ancora da una partita di uccelli imbalsamati (circa 600 esemplari) che furono battuti a un asta di Londra alla fine del 1800.
Molte piume in circolazione oggi provengono ancora da quegli esemplari. Sapere che pochi uomini al giorno d’oggi hanno visto un Indian Crow (nome volgare che non ha niente a che fare con l’India) in libertà aiuta a capire la rarità. La continua analisi dei piumaggi e la crescente esperienza portano a poco a poco ad affinare quella capacità di giudizio sulla qualità di qualsiasi piuma o pelo.
E’ importante imparare a distinguere e giudicare la qualità di piume e peli quanto imparare a identificare varietà qualitative all’interno dello stesso materiale a seconda dell’utilizzo richiesto. Per portare un facile esempio consideriamo una sezione di pelo di cervo. Questo può provenire da moltissime parti dell’animale e ogni parte ha peli con caratteristiche meccaniche adatte per usi ben definiti. Corpi di popper, code e ali di secche, e così di seguito.
Quindi imparare a selezionare il materiale aumenterà la qualità delle nostre mosche e aiuterà inoltre a risparmiare nell’inesorabile processo di accumulo che, come detto sopra, tocca un poco tutti noi. Il tempo, la pratica e gli errori aiuteranno comunque a progredire nella scelta dei nostri materiali naturali. Chi costruisce da tempo sa che è il costruttore che deve dominare il materiale, nel senso che deve essere in grado di manipolare piume e peli affinché questi assecondino i suoi desideri costruttivi. E questo vale per qualsiasi tipo di mosca, dalla secca allo streamer. Ma è naturale che la qualità iniziale dei materiali aiuti moltissimo in questo compito. Un’ ottima tecnica costruttiva darà ugualmente risultati piacevoli anche con materiali relativamente poveri. Ma se combinata con un’alta qualità di questi, allora il risultato sarà garantito.
Non mi addentro troppo nel discorso mosca bella – mosca brutta perché si entrerebbe nella sfera dei gusti personali o della visione che ognuno ha della costruzione, ma comunque mi permetto un piccolo accenno.
Più di un secolo fa Orvis e Cheney, in un loro famoso libro (Fishing with the Fly), esortavano a usare ed esibire mosche di bella fattezza. Accontentarsi di mosche malamente costruite avrebbe portato alla sciattezza in tutti gli aspetti della propria pesca, dalla canna al resto dell’attrezzatura e all’approssimazione. Molte decadi dopo, non molti anni da oggi, Ernest Schwiebert esortò alla ricerca della bellezza nella pesca a mosca in quanto come diceva lui “la bellezza è la più in pericolo di tutte le cose del nostro tempo”. Mi si può obbiettare che anche mosche malamente assemblate sono ugualmente catturanti e questo, a volte, può essere vero. Però, nel massimo rispetto di chi sceglie di accontentarsi di una mosca mediocre, la mia visione della costruzione e i motivi che mi spingono a sedere di fronte ad un morsetto vanno oltre alla mera ricerca di cattura. E così è stato per generazioni di pescatori e costruttori. Se così non fosse stato, se non fosse esistita la ricerca della bellezza in una mosca, allora probabilmente non sarebbero esistite le migliaia di pagine scritte sul fly tying negli ultimi 200 anni.
La preparazione mentale e la ricerca della bellezza nelle nostre creazioni al morsetto dovrebbe essere coltivata sin dall’inizio e in qualunque tipo di mosca. Bello non significa complicato, ma ha più a che fare con la correttezza di esecuzione, con le proporzioni. E tutto questo risulta inevitabilmente in una corretta funzionalità di utilizzo. Il giusto dosaggio dei materiali, la parsimonia nei giri di filo, la lunghezza delle code, degli hackle o il loro posizionamento sul gambo dell’amo garantiscono un giusto assetto dell’artificiale, sopra o sotto l’acqua e un suo corretto utilizzo con conseguente maggiore efficacia. Quindi molto spesso il danno dell’approssimazione non si limita all’estetica. Molto spesso una brutta mosca è anche una mosca poco catturante o che non lavora come vorremmo.
Desidero chiudere questa mia divagazione sul fly tying con la descrizione di qualcosa che, recentemente, mi ha colpito molto e che sono convinto abbia arricchito il mio sapere di costruttore e pescatore. La raccolta e lo studio di testi antichi e moderni è uno dei miei interessi paralleli alla costruzione e alla pesca e a questi fortemente legata. L’analisi e la riproduzione delle mosche di costruttori del passato completa il quadro. Di recente ho avuto modo di avere tra le mani alcune opere di costruttori quali i Dette, i Darbee, Hewitt (allievo e amico di Theodore Gordon) e altri che hanno fatto la storia del fly tying negli Stati Uniti. Sono mosche delicate, proporzionate, veri gioielli.
Ma quella che mi ha colpito più di tutte è stata una Royal Wulff costruita dallo stesso Lee su un amo da salmone. La leggerezza, la delicatezza di questa mosca, l’essenzialità e la parsimonia nella quantità di fibre di coda di vitello utilizzate nelle ali e nella coda erano uniche e indescrivibili. Nulla a che vedere con la rigidità e la pesantezza delle stesse Royal Wulff costruite oggi commercialmente. Tecnica, scelta dei materiali e capacità, Lee era anche questo.
G.E.M. Skues, in una raccolta dei suoi articoli apparsi sulla Fishing Gazzette intitolata Silk, fur and feathers e pubblicata nel 1950 (dopo la morte dell’autore), scrisse nelle righe di introduzione:
-“Come è vero che c’è di più nella pesca che il semplice pescare, così è vero che c’è di più nella costruzione delle mosche da trota che il semplice costruire mosche da trota.”-
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