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SVN - Millenium Fishing

Slovenia  24/09/01

La chiusura del millennio.

di Fabrizio Moglia


L'alba.

Le note di “The River” di Bruce Springteen aleggiavano nell’aria appestata di fumo nella taverna di Planina dove già di primo mattino alcuni avventori stavano appoggiati al bancone con gli occhi rossi, un mozzicone di sigaretta tra le labbra ed un bicchiere di grappa di prugne tra le mani .
Quando io, Beppe S ed il Giudice chiedemmo i permessi di pesca l’enorme barista ci guardò con aria perplessa e ci disse le uniche parole in italiano che sapeva “non più pesca adesso”. Il Giudice iniziò a parlare con uno dei presenti in perfetto tedesco e tramite una traduzione tedesco, sloveno e italiano capimmo che la pesca era, ovviamente, aperta ma visto che tutta la vallata era ricoperta da un metro di neve da ormai una settimana il barista aveva restituito il blocchetto di permessi all’Istituto Ittiologico di Lubiana per cui, dopo una grappa ed un caffè, ci recammo a casa di Andrea il guardiapesca dell’Unica. Anche Lui non aveva più permessi per cui concordammo che ci avrebbe appioppato la multa che aveva lo stesso costo del permesso. Per la prima volta in vita nostra ci avvicinammo al fiume felici e multati, prima ancora di iniziare a pescare.

La neve.

La valle e le colline circostanti erano ammantate di neve immacolata ed intatta, nessuna traccia ne deturpava la bianca coltre se non qualche impronta lasciata dai caprioli. La vegetazione bassa era sparita completamente mentre gli alberi di alto fusto che in molti tratti si affacciavano sul fiume parevano di cristallo, spogli e ricoperti di uno spesso strato di ghiaccio. Erano le dieci del mattino ed il termometro dell’auto segnava –7, e quella notte era arrivata a –15°. Faticammo parecchio a parcheggiare in quanto gli spiazzi erano ingombri di neve e dopo parecchio lavoro riuscimmo a lasciare l’auto poco a valle del ponte romano.

Il fiume era perfetto, basso, scuro e striato dalle verdissime erbe acquatiche, unica nota di colore in un paesaggio pressoché monocromatico. Senza considerare le condizioni del terreno decidemmo di scendere verso la curva Palù ma dopo poche centinaia di metri desistemmo in quanto la neve arrivava all’inguine e, seppur soffice, rendeva il cammino massacrante inoltre ogni pochi passi bisognava fermarsi a togliere le zeppe di neve che si formavano sotto il feltro degli scarponcini.

Quando entrammo in acqua fu un sollievo. I 7 gradi del fiume parevano molto più caldi della temperatura tagliente dell’aria. Il cielo era azzurro intenso ed il sole splendeva alto ma la morsa del gelo non accennava a diminuire. Dall’acqua si alzava una leggera nebbiolina ma nessun movimento segnalava pesci in attività.

Il tramonto.

Grazie alla totale assenza di bollate ed al paesaggio stupendo scattammo molte fotografie sino a che cominciarono a scendere alcune piccole effimere chiare. Qualche pesce iniziò subito a bollare nei posti più riparati. Subito capimmo che da parecchi giorni nessuno pescava più nell’Unica, lo capimmo dalla schiettezza con cui i pesci salivano sulle nostre mosche. Non catturammo pesci grandissimi e nemmeno in gran quantità ma fu una giornata indimenticabile. Alla sera, mentre il sole stava per scomparire dietro le colline che dividono la valle di Planina da quella di Postumia, si alzò una nebbia fitta che durò pochi minuti e quando arrivammo alla macchina era già sparita, ghiacciata su ogni cosa e gli alberi accumularono un altro sottile strato di ghiaccio.

Dopo una doccia calda ci sedemmo a tavola e davanti ad uno stupendo stinco sapientemente cucinato da Giuseppina e cominciammo a parlare della giornata appena conclusa. Sarà stata la stanchezza delle lunghe camminate tra la neve o il nebbiolo di Beppe, o entrambe le cose ma prima delle 10 eravamo già tutti a letto.

Il mattino successivo era di nuovo una bella e fredda giornata ed impiegammo parecchio per togliere il ghiaccio dai vetri dell’auto per poi scendere al fiume. Passammo di nuovo un giorno sul fiume da soli, immersi nel silenzio e nella neve catturando qualche temolo e scattando tante fotografie. L’unico essere umano che vedemmo scendeva il fiume in canoa armato di fucile. Smettemmo di pescare prima del tramonto, spossati dal freddo e dalla stanchezza e ritornammo alla pensione per prendere i bagagli e ripartire verso casa.

Sulla via del ritorno ci fermammo qualche istante sul ponte romano a dare un’ultima occhiata al fiume che non avremmo più rivisto sino al maggio successivo : era il 30 novembre 1999, ultimo giorno di pesca del millennio.

Fabrizio Moglia
(Servizi giornalistici del G.A.S.)


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