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- Scritto da Beppe Saglia (beppe s.)
18/10/01
La chiusura del millennio, parte 2.
di Beppe Saglia
Leggendo il racconto di Fabrizio sull’ultima pescata del millennio, il pensiero è andato immediatamente ad una delle più belle esperienze di pesca che mi siano successe. E conservando nitidi i ricordi e solo un po’ ingiallite le foto, ho deciso di completare quanto da lui pubblicato.
ANTEFATTO
Ero stato sul Fiume ad inizio ottobre con molti pescatori e poche bollate, ma come sempre accade quando percorro la lunga autostrada sino a Torino, il fascino dell’Unec riesce ad avvolgermi ancor più di quando gli sto dentro, ed e subito nostalgia…
Sarei tornato prima della chiusura.
Si sa che i sogni autostradali sono soliti infrangersi causa ufficio, famiglia, impegni vari. Così quando ogni settimana aprivo la pagina che aggiorna i livelli dell’Unec, avevo la percezione che il fiume fosse sempre più lontano ed irraggiungibile.
Ero stato sul Fiume ad inizio ottobre con molti pescatori e poche bollate, ma come sempre accade quando percorro la lunga autostrada sino a Torino, il fascino dell’Unec riesce ad avvolgermi ancor più di quando gli sto dentro, ed e subito nostalgia…
Sarei tornato prima della chiusura.
Si sa che i sogni autostradali sono soliti infrangersi causa ufficio, famiglia, impegni vari. Così quando ogni settimana aprivo la pagina che aggiorna i livelli dell’Unec, avevo la percezione che il fiume fosse sempre più lontano ed irraggiungibile.
LA DECISIONE
Sino a quando non ho visto che una copiosa nevicata ed un clima rigido avevano colpito la zona. E quando Giuseppina al telefono mi ha confermato che c’era un metro di neve, 15 °C sotto zero, fiume irraggiungibile per la maggior parte, allora il conciliabolo con Fabrizio è stato velocissimo. Si parte. L’idea di essere scambiati per matti, ma di non trovare nessuno, e di goderci degli scenari sconosciuti, più che le aspettative di pesca ci hanno portati rapidamente alla decisione.
Sino a quando non ho visto che una copiosa nevicata ed un clima rigido avevano colpito la zona. E quando Giuseppina al telefono mi ha confermato che c’era un metro di neve, 15 °C sotto zero, fiume irraggiungibile per la maggior parte, allora il conciliabolo con Fabrizio è stato velocissimo. Si parte. L’idea di essere scambiati per matti, ma di non trovare nessuno, e di goderci degli scenari sconosciuti, più che le aspettative di pesca ci hanno portati rapidamente alla decisione.
IL VIAGGIO
Appuntamento alle 5.30 ad Asti Est, viaggio assurdo con l’Y10 di mia moglie, in quanto la mia TD non voleva saperne di andare a benzina (purtroppo nella fretta della partenza è successo anche questo). Eravamo infatti in tre in quanto si era aggiunto un entusiasta neomoschista (il giudice) che ha deciso, tanto per fare un paragone, che l’iniziazione al sesso è migliore con Nicole Kidman che con la compagna di banco un po’ cicciotta e coi brufoli.
Appuntamento alle 5.30 ad Asti Est, viaggio assurdo con l’Y10 di mia moglie, in quanto la mia TD non voleva saperne di andare a benzina (purtroppo nella fretta della partenza è successo anche questo). Eravamo infatti in tre in quanto si era aggiunto un entusiasta neomoschista (il giudice) che ha deciso, tanto per fare un paragone, che l’iniziazione al sesso è migliore con Nicole Kidman che con la compagna di banco un po’ cicciotta e coi brufoli.
LO SPETTACOLO
La neve arriva quasi di colpo, un bel po’ dopo il confine, e uscendo dall’autostrada ci si rende subito conto che ha colpito duro proprio nella pianura dell’Unec. Paesaggio immacolato e fiabesco. La coltre bianca annulla i colori, via il verde dei prati, via quello appena più scuro delle quercie. Planina sembra un borgo d’alta montagna. Abbiamo difficoltà persino raggiungere la casa del guardapesca, in quanto il tradizionale bar che fa i permessi ha già ritirato tutto. Sosta sul ponte romano a fare il punto della situazione, con i cervelli già segnati dal adrenalina, che scambiano per una bollata di grosso pesce l’immersione di un timido tuffetto. Tutto tace purtroppo, ed è già mezzogiorno, ma la bellezza del contesto non lascia spazio a recriminazioni. Ci incamminiamo a ridiscendere, tagliando con notevole sforzo fisico la pianura vergine, risparmiata anche dai daini e dalle lepri. E siamo finalmente in una delle tanto amate anse, irriconoscibili senza le canne e la vegetazione riparia.
La neve arriva quasi di colpo, un bel po’ dopo il confine, e uscendo dall’autostrada ci si rende subito conto che ha colpito duro proprio nella pianura dell’Unec. Paesaggio immacolato e fiabesco. La coltre bianca annulla i colori, via il verde dei prati, via quello appena più scuro delle quercie. Planina sembra un borgo d’alta montagna. Abbiamo difficoltà persino raggiungere la casa del guardapesca, in quanto il tradizionale bar che fa i permessi ha già ritirato tutto. Sosta sul ponte romano a fare il punto della situazione, con i cervelli già segnati dal adrenalina, che scambiano per una bollata di grosso pesce l’immersione di un timido tuffetto. Tutto tace purtroppo, ed è già mezzogiorno, ma la bellezza del contesto non lascia spazio a recriminazioni. Ci incamminiamo a ridiscendere, tagliando con notevole sforzo fisico la pianura vergine, risparmiata anche dai daini e dalle lepri. E siamo finalmente in una delle tanto amate anse, irriconoscibili senza le canne e la vegetazione riparia.
LA PESCA
Pescare trasmette sensazioni raramente provate. Gli anelli della canna si giacciano sino ad impedire totalmente lo scorrimento della coda. E succede ogni 10 minuti, complicando non poco il lancio. Per contro, la totale mancanza di vegetazione riparia, canna, rovi, etc, sepolti sotto la coltre nevosa, permette di lanciare senza la minima preoccupazione di agganci. Libidine, specie nei lanci lunghi. Coda posteriore che si abbassa sino a toccare la neve, vi scorre sopra fluida sino a caricare la canne per essere rilanciata in avanti senza il minimo problema. Come mi manca quella neve alle spalle in certe situazioni!
L’attività di superficie è stato concentrata in poco più di un ora, ma fino a sera si sono susseguite sporadiche bollate, rese uniche nella loro bellezza dal contesto individuale e anche dal momento storico (ultima pescata del millennio). Le catture non sono mancate. Temoli di notevole stazza e vigorosi nonostante la temperatura.
Pescare trasmette sensazioni raramente provate. Gli anelli della canna si giacciano sino ad impedire totalmente lo scorrimento della coda. E succede ogni 10 minuti, complicando non poco il lancio. Per contro, la totale mancanza di vegetazione riparia, canna, rovi, etc, sepolti sotto la coltre nevosa, permette di lanciare senza la minima preoccupazione di agganci. Libidine, specie nei lanci lunghi. Coda posteriore che si abbassa sino a toccare la neve, vi scorre sopra fluida sino a caricare la canne per essere rilanciata in avanti senza il minimo problema. Come mi manca quella neve alle spalle in certe situazioni!
L’attività di superficie è stato concentrata in poco più di un ora, ma fino a sera si sono susseguite sporadiche bollate, rese uniche nella loro bellezza dal contesto individuale e anche dal momento storico (ultima pescata del millennio). Le catture non sono mancate. Temoli di notevole stazza e vigorosi nonostante la temperatura.
IL SUPPLIZIO DEL GIUDICE
Un’immagine non riuscirò mai a togliermi dalla mente. Il giudice madido di sudore a -10°.
Dunque il giudice era alla sua prima uscita di pesca. Aveva preso la canna in mano da solo un mese ed aveva una capacità di distensione della coda non superiore ai 7/8 mt. Dopo sei ore di racconti di catture di ogni genere, di disquisizioni pseudofilosofiche sulla scelta degli artificiali, che lui cercava di ricondurre ad una logica razionalizzazione pur essendo privo di ogni benchè minima nozione tecnica (tipico dei magistrati), era completamente ubriaco. Di parole, di speranze, e soprattutto di voglia di iniziare.
Gli cedemmo la sponda di uno dei tratti migliori; e subito uno dei pochi temoli attivi prese a bollare proprio di fronte a dove si era appostato, oltre la metà del fiume.
Il giudice avanzò in acque oltre il limite del proponibile. Immaginate un tipo alto 1,95 con dei wader (presumo artigianali su misura) alti 1,85 che definire cervicali mi sembra ancora poco. Ciò non ostante mancavano sempre una decina di mt. dal temolo suicida che regolare come un orologio svizzero bollava con malcelata signorilità ogni venti secondi.
Il giudice si sbracciava all'inverosimile in falsi lanci inutili, figli di un incredibile dispendio di forza fisica scoordinata. Giungeva ai fatidici 8 mt. Tutto faceva presagire che ce l'avrebbe fatta, ma irrimediabilmente nel lancio finale, la gran botta antecedente lo shooting faceva crollare coda mosca e finale ad una distanza dal temolo che non accennava a diminuire con il crescere forsennato dei lanci.
Ve la faccio breve. Dopo mazz'ora lo stesso era un bagno di sudore. Quelle gocce che gli imperlavano il viso in un paesaggio fatato e ghiacciato non le scorderò più.
Il temolo non lo prese, non quello, ma cominciò a salire il primo gradino di quella scala che l'ha portato in meno di due anni di costante impegno ad essere un ottimo pam, con vaste esperienze in Italia ed in Europa, buon entomologo, buon costruttore e discreto (per ora) lanciatore.
Un’immagine non riuscirò mai a togliermi dalla mente. Il giudice madido di sudore a -10°.
Dunque il giudice era alla sua prima uscita di pesca. Aveva preso la canna in mano da solo un mese ed aveva una capacità di distensione della coda non superiore ai 7/8 mt. Dopo sei ore di racconti di catture di ogni genere, di disquisizioni pseudofilosofiche sulla scelta degli artificiali, che lui cercava di ricondurre ad una logica razionalizzazione pur essendo privo di ogni benchè minima nozione tecnica (tipico dei magistrati), era completamente ubriaco. Di parole, di speranze, e soprattutto di voglia di iniziare.
Gli cedemmo la sponda di uno dei tratti migliori; e subito uno dei pochi temoli attivi prese a bollare proprio di fronte a dove si era appostato, oltre la metà del fiume.
Il giudice avanzò in acque oltre il limite del proponibile. Immaginate un tipo alto 1,95 con dei wader (presumo artigianali su misura) alti 1,85 che definire cervicali mi sembra ancora poco. Ciò non ostante mancavano sempre una decina di mt. dal temolo suicida che regolare come un orologio svizzero bollava con malcelata signorilità ogni venti secondi.
Il giudice si sbracciava all'inverosimile in falsi lanci inutili, figli di un incredibile dispendio di forza fisica scoordinata. Giungeva ai fatidici 8 mt. Tutto faceva presagire che ce l'avrebbe fatta, ma irrimediabilmente nel lancio finale, la gran botta antecedente lo shooting faceva crollare coda mosca e finale ad una distanza dal temolo che non accennava a diminuire con il crescere forsennato dei lanci.
Ve la faccio breve. Dopo mazz'ora lo stesso era un bagno di sudore. Quelle gocce che gli imperlavano il viso in un paesaggio fatato e ghiacciato non le scorderò più.
Il temolo non lo prese, non quello, ma cominciò a salire il primo gradino di quella scala che l'ha portato in meno di due anni di costante impegno ad essere un ottimo pam, con vaste esperienze in Italia ed in Europa, buon entomologo, buon costruttore e discreto (per ora) lanciatore.
CONCLUSIONE
Leggetevi il meteo, e tenetevi pronti. Se si ripresentano condizioni simili, non esitate. Lo stinco della Giuseppina non sarà l’unica piacevole sorpresa del viaggio.
Leggetevi il meteo, e tenetevi pronti. Se si ripresentano condizioni simili, non esitate. Lo stinco della Giuseppina non sarà l’unica piacevole sorpresa del viaggio.
Ciao a tutti.
Beppe Saglia
(Servizi giornalistici PIPAM)
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