ITA - Una calda giornata
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- Categoria: Avventure di pesca
- Scritto da Beppe Saglia (beppe s.)
20/10/01
Testo e foto di Beppe Saglia (beppe s.)
Una calda giornata d’estate. L’afa già mi attanaglia nonostante siano sono solo le 10 del mattino. Il rito della vestizione tiene necessariamente conto del clima. Giubbotto traforato sulla maglietta, K-way nella cacciatora, birra, macchina fotografica. Risparmio sulle mosche. Via tutte le scatole delle varie effimere nei più diversi stadi, via le ninfe, le sommerse e le emergenti, via le mosche costose (di soldi e di tempo), un pugno di terrestrials, qualche sedges in pelo, ed enormi ecdionuridi montati sia normali che parachute senza risparmio di materiale. Ormai il Nera lo conosco bene. So cosa mi offre, e so cosa cerco. Un equilibrio perfetto, che si realizza solo se trovo un tratto libero in cui immergermi totalmente. Quel giorno macchine in giro ce n’erano poche, e tanto basta per godere appieno delle grandi sensazioni che questa incredibile passione e questo splendido fiume riescono a regalare.
La compagnia di Thomas, ormai un classico di mezza estate, si rivela come sempre piacevole, rispettosa della pesca e dell’ambiente rilassante e non competitiva. A volte avanziamo insieme, battendo contemporaneamente le rispettive sponde, a volte quando la conformazione del fiume lo richiede, ci alterniamo nei tentativi. E l’occasione per vedere come l’amico affronta le situazioni, per confrontare il rispettivo “senso dell’acqua”, per poter osservare con più attenzione quanto succede in quello spaccato di vita che è il torrente, coglierne i ritmi ed i riti, la vita che nasce e quella che muore, separate dall’ineffabile casualità dell’essere, il tutto incastonato in quel posto da favola che è il Nera, con le fronde degli alberi che formano gallerie ombrose e scure e con quell’acqua pulita che scorre veloce tra pallide ghiaie del fondo e lussureggianti rive muschiose. Ed è anche l’occasione per scattare qualche foto, a suggello e ricordo di momenti da rivivere nelle lunghe pause invernali.
Poche catture significative sino a quel momento. Molte trotelle, segno della buona salute del fiume, ma senza l’acuto che sola la vecchia trota di torrente, quella che ne ha vista passare d’acqua e di mosche, vere e finte, riesce a regalare. Poi d’incanto una bollata di quelle esplicite, che non ti danno modo di dubitare sulla taglia del pesce. Anche in ragione del posto. Una piccola ansa laterale alla corrente, di acqua fonda e completamente coperta da una fitta volta vegetazione. Li sotto, al riparo dalla luce e dai pescatori della domenica, la vecchia ha perso il senso della misura che normalmente distingue il pesce di taglia e, nel tempo che il mio socio si prepara nervosamente al lancio cercando di portarsi con cautela quanto più possibile fuori dall’influenza negativa della corrente centrale, regale altre tre maestose bollate in serie.
Sono i momenti in cui succedono le cose peggiori. La mosca si impiglia nel primo anello, cerchi di staccarla e te la ritrovi piantata nel dito. Mentre decidi di rilasciarti, la coda che nel frattempo è scesa a valle con la corrente, si è certamente impigliate nell’unico ramo affiorante. La liberi con grande perizia e scopri che nel maledetto ramo si è conficcata la mosca. Tiri e si rompe il tip. Non trovi naturalmente il nylon che cerchi, ma dopo venti minuti di tensione spolpa coronarie raggiungi l’apoteosi quando non riesci a infilare l’occhiello della mosca perché ci è finito l’attack dentro.Fortunatamente a volte va invece tutto bene!
“Mi tirai da parte, movendomi con cautela nell’acqua mentre già mi volteggiava sulla testa la lenza di Riccardi che già stava compiendo falsi lanci per distendere la coda di topo e prendere la misura del tiro. Mi sedetti su un grosso masso bianco e restai a guardare. E fu allora che compresi bene con chi avevo a che fare. Due volte la mosca entrò nella galleria e due volte Mario la riportò fuori senza farle toccare l’acqua: Aveva preso la giusta mira. Al terzo lancio la mosca entrò sotto il cespuglio e si posò dolcemente sull’acqua. Ci fu una specie di esplosione sotto il cespuglio. Un’esplosione di acqua. Un minuto dopo, la trota, che era una fario sui quattro etti, entrava nel cestino di vimini di Mario Riccardi.”
Scusate la divagazione, ma riguardando la foto mi sono tornate in mente le parole con cui nel 1971 Mario Albertarelli raccontava in “A pesca coi campioni” il suo incontro con Mario Riccardi. Leggere quel racconto mi spinse ad iniziare con la pesca a mosca, e quindi mi sono permesso un ricordo per due grandi personaggi ormai non più tra noi.
Ritornando a Thomas…Lancio preciso, posa un po’ abbondante ma corretta, la mosca non fa in tempo a percorrere più di trenta cm, ed ecco l’attacco, franco e deciso. La ferrata è rapida e sicura. Rito sempre uguale come sempre uguale è l’emozione che ne consegue. Bastano le prime due tirate possenti, con la canna rischiosamente piegata, per capire che è un bel pesce. Quando poi fa il primo balzo fuori dall’acqua, mostrandoci la sua possente schiena scura, non ci sono più dubbi. E’ una trota sicuramente superiore al chilo. Incrocio gli occhi di Thomas, ne colgo la soddisfazione, ma anche la paura di perderla.
E’ un’altra regola non scritta della PAM. Se ad un certo momento temi di perdere un pesce stai pur certo che lo perderai. Chiaramente il fatto avverrà sempre con i pesci più belli, o con quelli a cui tieni di più magari semplicemente per come è maturata la cattura o per il contesto ambientale. E infatti la vecchia, dopo un paio di fughe violente, si inventa la piroetta giusta, balza fuori dall’acqua, si avvita, e si immerge libera, mentre la canna mestamente si scarica, e gli ultimi spruzzi cadono in acqua prima che la corrente cancelli ogni segno di lotta.
La scena è rimasta vuota, il sipario si sta chiudendo. L’attore ha solo un cenno di disappunto. Sa che presto ci saranno altre repliche ed il finale non sarà sempre lo stesso. Da un ultimo sguardo a quella buca, quasi un arrivederci, e quindi mi cede il passo. E’ il mio momento. Avanzo di qualche decina di metri; oltre la curva la corrente si fa più impetuosa. Scorgo in lontananza la sagoma di altri due pescatori, forse stanno scendendo, forse sono appena entrati. Le chance stanno comunque finendo. E’ giunto il momento di osare, di provare dove sai che nove volte su dieci perdi la mosca o fai scappare il pesce. Ma il dio del fiume è con me. Il finale tocca morbido l’acqua e si raggruppa su stesso, la mosca arriva subito dopo e si adagia in un occhio non più grande di un piatto, al di là della corrente, sotto un cespuglio di rovi. E’ fatta! Una splendida trota a coronare la giornata.Dai Thomas, saliamo su, che Piggino e Speedy Gonzales in norcineria avranno già ordinato.
Saluti a tutti.
Beppe S.
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