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USA - Diario di Viaggio cap.1

USA 15/11/01 
di Claudio Tagini

Ovvero, effetti collaterali della pesca a mosca.


28 Luglio 2001 – Dopo una settimana di lavoro quasi febbrile, occupandomi di dettagli per parecchi altri viaggi, imminenti o meno, ieri mi sono finalmente dedicato interamente a quello in cui partecipo personalmente, passando la giornata raggruppando l’attrezzatura. Ho iniziato dall’indispensabile, ma poi, insieme agli ammenicoli che probabilmente userò una sola volta, ho aggiunto anche l’attrezzo per accendere più in fretta la carbonella.

Ora, caricata la macchina, sono pronto a partire, e dovrei fare la faccia triste con mia moglie (in fondo, starò via per un mese!), ma non riesco a nascondere il ghigno: 3 settimane di pesca intensa in Colorado!!!! Lei capisce, per fortuna, e mi abbraccia. Poi mi fà vedere la copia dell’annuncio che ha distribuito in ufficio ed al club.


Il manifesto di vendita.


“Marito in vendita” dice, “Italiano, ancora bella presenza, cucina bene – PESCATORE A MOSCA – Può sparire per settimane intere alla volta (il chè non è neanche male)”

Da casa fino all’imbocco della # 15 Nord, nel traffico in direzione di Las Vegas, penso allo scherzo di mia moglie. Mi scoccia il fatto che, nonostante abbia imbrogliato con una foto di 5 anni fà, non ci siano state offerte d’acquisto!


29 Luglio 2001- L’eccitazione che precede un viaggio di pesca è sempre stata, anche per me, una delle più stimolanti, tra le piacevoli sensazioni che questa passione ci regala.

Io poi, mi ritengo particolarmente fortunato: organizzando viaggi come professione, vivo parecchie volte all’anno questo meraviglioso senso di anticipazione, perchè nell’ipotzzare e formulare itinerari alieutici, anche se per altri, metto lo stesso entusiasmo come se li preparassi per me stesso.
Per professionalità, certamente, ma anche perchè, in parecchi casi, finisco poi col partecipare veramente… com’ è infatti successo anche questa volta.

Non vedo l’ora di incontrare domani Mirko e Paola, a Denver, ma nel frattempo mi godo i paesaggi che incontro nel lungo tragitto. Ieri non era granchè: ho trovato il solito caldo soffocante attraversando il Mojave desert e poi, bypassando Las Vegas, ho proseguito sulla Freeway per andare a pernottare a Mesquite, Nevada, ma oggi è diverso. Già l’angolino di Arizona che si attraversa, prima di entrare nello Utah, è stupendo: anche in questo punto, come nello Zion Natl. Park, il Virgin River ha scavato un bellissimo e profondo canyon nella dura roccia basaltica.

Più avanti, all’altezza di St. George, ormai in Utah, si incontrano le prime formazioni di sandstone, ed il colore delle rocce da nero si tramuta in rosso vivo. Ma è solo dopo aver imboccato la # 70 East, verso Denver, più o meno all’altezza della Fremont Junction, che incomincio a scattare fotografie dalla macchina, senza smettere di guidare.


Hwy # 70 East - UTAH - before Fremont JCT.


Questo tratto della # 70 è davvero spettacolare, ed il fatto di conoscerlo bene mi consente d’essere pronto a catturarne le immagini, prevedendole in anticipo, ma faccio anche fatica a scegliere: è talmente bello ed impressionante che, ogni volta che l’attraverso, penso sempre che andrebbe invece filmato.

Anche l’attraversare territori scenici e disabitati, fà parte della bellezza dei viaggi di pesca nel West Americano ...

Il punto in cui la strada scende tra pareti di rocce rosse segnala l’avvicinarsi dell’Indian Flat, una delle mie soste preferite per sgranchirsi le gambe. L’ultima volta che c’ero passato, una famiglia della vicina riserva degli Uinta-Ouray stava vendendo ornamenti d’argento e vasellame ai turisti. La fanciulla indiana indossava un costume tribale, ed era bellissima. Mi pento ancora di aver rifiutato di pagare $20 per fotografarla.

è da parecchi anni che faccio lunghe guidate per andare a pescare nelle Rocky Mountains, ed anche se ho percorso dozzine di volte gli stessi itinerari principali, l’incredibile paesaggio lungo il tragitto riesce sempre a darmi grandi emozioni.

Sono sensazioni difficili da spiegare, la cui intensità credo sia percepibile solo vivendole, attraversando di persona queste zone: non è tanto la loro bellezza naturale quanto, e forse soprattutto, la vastità, che affascina e dà un gran senso di libertà. Fotografo le stesse immagini che già conosco e che mi aspetto, ed anche se ormai familiari e straconosciuti, questi scenari non mancano di strabiliarmi ancora.
Questa volta, però, provo qualcosa di diverso ed inquietante. Mi fanno ricordare tempi passati, che per la prima volta vedo come tali, facendomi gravare sulle spalle la stanchezza ed i segni inconfutabili del tempo che passa. Mentre le sconfinate distese selvagge suscitavano prima un irresistibile richiamo ad esplorarle, ora hanno assunto un aspetto quasi intimidatorio, come una sfida che non mi sento più d’affrontare, almeno con la stessa baldanza (o forse boria) di una volta.

E di colpo mi viene anche in mente che mia moglie, nell’annuncio, aveva scritto “ancora attraente”, sigillando cosi la fatuità della situazione. Ma mi riprendo subito: cavolo, sto` andando a pescare per tre settimane con amici! Dò un’accellerata da 2 litri al secondo ed alzo il volume della musica al massimo.

Accompagnato dalla colonna sonora di Bob Seager, “Against the Wind” , “Still the same”, attraverso posti dai nomi tanto western quanto tipicamente descrittivi: Sagebrush Flat, Eagle Canyon, Rattlesnake Bench… e poi riconosco le rocce che preavvisano la ripida discesa nello spettacolare San Raphael Draw. In distanza si intravvedono cime di altre montagne, e mi sento poetico: “South Platte, solo e lontano, e nella bisaccia (fishing vest) un viatico di (Blue Wing) Olives” … da Garcia (porca) Lorca ...


HWY # 70 East - UTAH – Indian Flat view point.


Non avrò tempo ne soprattutto spazio per sostare, per cui cerco di rallentare quanto possibile, per fotografare la sequenza di immagini che si presenteranno in rapida successione. E sul parabrezza, che per l’occasione avevo pulito bene durante la sosta, si spiaccica una raffica di insetti, cosi che ora vedo tutto a pois.

In questa zona, circa 40 o 60 milioni di anni fà, dev’essere successo un bel casino: il fondo marino si alza, e diventa crosta terrestre, poi una parte sprofonda verso East, nella direzione in cui stò guidando, innalzandosi verso Ovest, da dove provengo. L’inclinazione degli strati rocciosi, accentuata dalla ripidità della strada che l’attraversa in discesa, dà l’impressione di sprofondare.

“Le rocce che a Denver, alte e schiette, van da San Raphael in duplice filar, quasi in corsa, giganti vecchierelle, mi balzarono incontro e mi guardar”... Lasciamo perdere, anche perchè il camionista del TIR a 18 ruote, che ho incollato dietro, pare non apprezzi molto la poesia, e neppure il fumo bluastro dei suoi freni.

Alla fine della ripida discesa, oltre ad una strombazzata e probabili moccoli, mi aspetta il cartello segnalatore: sono quasi a Green River. Ho tenuto una buona media e, finalmente entrando in Colorado, potrò spingermi sino a Glenwood Springs, a “sole” 200 miglia... invece di pernottare a Grand Junction.

Una volta passata Grand Junction, presso la quale sosto un attimo a fotografare il bellissimo Mt.Garfield, si entra nel Canyon del Colorado River, ed il paesaggio cambia drasticamente, con la strada che seguirà le anse del fiume lungo un pittoresco canyon, alternando punti stretti e rocciosi, ad allargature nella valle, come all’altezza di Rifle, per poi stringersi nuovamente nello stupendo tratto immediatamente dopo Glenwood Springs.


HWY # 70 East – COLORADO – Mt.Garfield, at Grand Junction.


Le immagini Del Colorado River evocano distinti ricordi, suggeriti dall’aspetto che il fiume ha in quel tratto: l’ansa con spiaggia dell’Island Acres Park mi fà venire in mente un tratto del Rogue River in Oregon. Il paesaggio circostante non gli assomiglia affatto, ma quella corrente che si smorza in un rigiro d’acqua, e la pool a valle di essa... . Ed eccomi indietro di parecchi anni, tanti che non riesco nemmeno a ricordare quanti, al mio primo salmone a sorpresa (non che l’avessi allamato per la schiena, ma non me lo aspettavo proprio!) catturato dalle parti di Shady Cove, a Nord Est di Medford, Oregon.

Il viaggio era, speranzosamente, a pesca di steelhead, ma siccome le steelies del Rogue non sono particolarmente grosse, pescavo con una cannetta per coda #6, con finale 4X , ritenendomi per cui sufficientemente armato... fino a trovarmi connettato con una bestia di oltre un metro! La lotta che ne segui, incredibilmente lunga considerando l’attrezzatura, mi è rimasta talmente impressa nella memoria che me ne ricordo i dettagli più vividamente di quelli del mio matrimonio. Non c’è da sorprendersi se poi vengo messo in vendita.


Oregon Chinook.


30 Luglio 2001– Il volo di Mirko e Paola arriva puntuale alle 16:53 - Me la sono presa con calma, persino sostando in alcuni punti lungo il tragitto per fare due lanci, sbagliando clamorosamente la ferrata su di una bella brown nel tratto di Gore Creek poco a valle della sua confluenza con l’Eagle River, ma anche catturando qualche decente cutthroat sul Clear Creek, a solo un’oretta dall’aeroporto.

Ma non mi sono voluto dilungare, e sono arrivato con più di mezz’ora d’anticipo per aspettarli: abbiamo fatto parecchi viaggi di pesca insieme, e gli sono molto affezionato. Anche l’attesa di cari amici che vengono da lontano, l’ansioso scrutare fra i passeggeri che sbarcano per individuarli, e poi il sorrisone e l’abbraccio stretto che ci si scambia, sono piacevolissime sensazioni. Quasi come quella di trovare subito la pensilina giusta e poi tutti i bagagli.

Io chiedo se hanno fatto buon viaggio, e Mirko: “Come sono i livelli?”
“Il Colorado River era bassino, ma gli altri streams che ho visto mi sembravano OK ... avete fatto un lungo viaggio, ed ho pensato che stasera sarebbe meglio se andassimo fuori a cena, conosco...”
“Ahi ahi ahi!!! Livelli bassi eh? Lo sapevo! Cosa sono quei nuvoloni? Non è che stanotte viene giù un temporale e sporca tutto?”

Mirko fà sempre cosi. Non è pessimismo, dice, ma una preparazione psicologica al peggio, cosi che, se il peggio non succede, tutto è più bello... Con otto ore di differenza di fuso orario sulle spalle, Mirko e Paola crollano, ma solo dopo una favolosa cena con selvaggina, giusto accostamento di ottimi vini ed un dessert da sballo. Si addormentano in macchina, mentre guido verso il lodge, cosi che non vedono i lampi in lontananza...


Paola e Mirko – South Platte below Deckers.


Ma poi di notte non è piovuto. Non che avrebbe creato problemi, comunque, perchè il South Platte non è altro che una serie di tailwaters: dall’Antero Reservoir scorre a meandri nel famoso tratto chiamato “Drean Stream”, poi entra nell’Elevenmile Reservoir, dal quale esce nuovamente come tailwater, e scorre nello stupendo Elevenmile Canyon… dopodi chè si allontana da strade varie, si immette nel Cheesman Canyon, del quale ne stiamo ora pescando la uscente tailwater: con tre laghi a monte che fanno da bacino decantatore, le acque sono raramente torbide, anche dopo forti piovaschi.

Mirko è mancino, e cosi che si piazza sempre sulla sponda sinistra del fiume (a volte mi chiedo se il fatto di essere mancino e pescare sempre a sinistra… non siano una scelta politica). Siamo scesi più a valle di Deckers, scegliendo un tratto senza altri pescatori: Paola e Mirko si piazzano sulle sponde, ed io più a monte, con la funzione di “cuscinetto territoriale” per eventuali pescatori in discesa.

Infatti... eccoli arrivare! Uno di loro è in acqua, e pesca a ninfa a scendere (niente di male, e poi non c’è attività in superfice...), ma lanciando un finale piombatissimo a non più di 2 metri a monte, passata, due metri a valle, e ripete il tutto dopo aver fatto un altro passetto a valle,: plofff, passata, e di nuovo plofff a monte. Mi vede, ed ecco che ferra, caccia lo stesso urlo di chi sbaglia a tennis (e crede che tutto il mondo lo stia guardando), riploffa la ninfa e piombini, e ricaccia lo stesso urlo, con classica piegatura del collo e faccia verso il cielo, occhi chiusi ed espressione di dolore. Caspita che mostro! Era riuscito ad allamare la stessa trota (mentre si sentiva osservato, si era dimenticato il passetto a valle prima della seconda passata), anche se l’aveva persa tutte e due le volte!

Entro in acqua e lancio, cosi che Mirko e Paola possano pescarsi ancora un centinaio di metri di fiume. Hanno catturato qualcosa (la prima ad allamare fù Paola), ma non molto, a secca e senza attività... Mirko si stà dedicando con passione ad una trota difficilotta, quando il tennista alieutico incomincia a raccontarmi delle numerose balene che ha appena catturato e che è solito catturare “proprio qui dove siamo, non sò cosa mi succede in questo momento, forse è perchè sono andato a dormire tardissimo e non ho digerito...”

... e vedo una bollata sulla riva opposta. Spiego al tizio che-ha-comprato-una-casa-da queste-parti-e-che-ci-viene-a-pescare-quando-vuole che noi, invece, siamo italiani, e non conosciamo il posto bene come lui, e che Mirko lo stà pescando addirittura la prima volta.

Mirko non capisce bene perchè gli rompo e scatole, ed invece di lasciarlo in pace con la “sua” trota gli chiedo di salire un pò a monte, farsi vedere e lanciare alla bollata che vedo io, di fronte a me ed al tennista/alieutico, proprio vicino a quella beaver house.



South Platte – Mirko's  hook-up.


Si capisce che Mirko stà arrivando a titolo di cortesia, perchè gli è stato chiesto … “dov’è che bolla? Ah, la vedo” Lancio perfetto, allamata, rilascio, e se ne torna alla sua “bastardina” difficile che aveva lasciato. Una scena alla Veni Vidi Vici, che era poi quello che volevo. Il tizio ammutolisce, ma solo per un attimo: “well, anyone can catch a trout on a dry!”...

E pensare che, tra i tanti pescatori veramente in gamba che vengono da queste parti, e tanta gente per bene in Colorado, mi dovevo imbattere in un simile coglione! Tra lui e l’amico non hanno nemmeno il minimo senso di etichetta, e nonostante si sia in tre a pescare quel tratto, proseguono la marcia, plofff, plofff, aaaarrrgh! (ogni due o tre passate, la trota persa, l’urlo del tennista), plofff, plofff, plofff, aaaarrrgh! Ma è vita?

Per il lunch andiamo al Lone Rock Campground, cosi da avere ombra e tavolini, e per poi pescare a monte da li.


South Platte, above Lone Rock.


Non siamo stati tanto tempo sul South Platte, ma abbastanza per godercelo, e pescarne vari tratti, diversissimi tra loro, di cui l’Elevenmile Canyon è senz’altro quello più scenico, ma anche quello che per noi risultò meno soddisfacente dal punto di vista alieutico.


South Platte River – Elevenmile Canyon.

South Platte River – Elevenmile Canyon.

South Platte River – Elevenmile Canyon.


Per la sua bellezza, questo tratto di fiume è molto frequentato da famiglie e campeggiatori, e per loro il Colorado Dept. of Fish & Game lancia trote pronto-pesca. Queste immissioni vengono fatte solo nella zona più a valle del Canyon, vicino ai campgrounds. Da una parte, egoisticamente, ci si augurerebbe che ciò non fosse fatto, ma con tanti altri magnifici tratti di fiume a poca distanza, uno deve anche capire che al mondo non ci sono solo pescatori a mosca!

Ci dirigiamo cosi verso monte, per iniziare a pescare nella zona selvaggia, ma non sapendo esattamente dove iniziasse, ci fermiamo solo dopo aver visto un altro pam, quando arriva una piccola autobotte, dalla quale vengono scaricate centinaia di grosse trotazze... Scoraggiati, proseguiamo, ma l’accesso al fiume diventa arduo, richiedendo ripidissime scarpinate, e notiamo anche come, ad ogni minimo spazio laterale sulla già stretta stradina, ci siano parcheggiate delle vetture. L’idea di rischiare l’osso del collo per poi trovarsi il fiume già occupato ci fà desistere, e cosi che ce ne andiamo in un’altra zona, dagli accessi più facili, questa volta trovandola senza nessuno attorno.


South Platte River - Rainbow.

South Platte River - Vicino al Lake George.


Inizialmente, appunto per la mancanza di pescatori, ci viene da pensare che in questo tratto di South Platte non ci siano pesci, o magari che ce ne siano solo di piccoli... come le mie prime due catture sembrano confermare. Poi allamo qualcosa di più sostanzioso, cosi fà Paola, ma è Mirko, dopo aver fatto anche lui qualche bella cattura, ad agganciare la prima grossa trota del viaggio: una stupenda brown.


South Platte – Mirko's brown.


Con quella fario, Mirko segnala anche l’inizio di una lunga serie di bellissime altre catture, che continuerà a fare durante tutto il viaggio. Si sà che nel South Platte vivono parecchie belle trote, ma non c’è niente come catturarne una per aumentare l’entusiasmo. Ormai assatanato, adesso le và a cercare in tutti quegli angolini difficili dove ha capito si nascondono. Naturalmente le trova, e le cattura, tutte in caccia, attirandole in superfice con una mosca micidiale, che mi dice sia stata creata da un certo uomo delle nevi del Ramo dei Prati...

A pensarci bene, infatti, non è possibile che questo tratto di fiume possa essere un segreto, ma concludiamo che la maggior parte dei pescatori rinunci a lanciare negli angolini difficili, sotto le frasche e l’erba alta piegata sull’acqua, con la correntina che trascina subito la mosca. Almeno, posso immaginare come uno che sappia leggere l’acqua intuisca la possibile presenza di belle trote, ma che ci rinunci dopo aver perso qualche mosca sulle sponde.

Oltretutto, queste grosse trote sono abbastanza sospettose, e basta un solo lancio sbagliato, od anche agganciarsi all’erba (col conseguente casino che si crea cercando di disincagliarsi), perchè si intanino e non si facciano più vedere… ed ecco come chi pesca questo tratto possa facilmente pensare che non ci siano belle taglie!

Paola, negli anni precedenti, aveva semplicemente accompagnato Mirko nelle sue battute di pesca. Dolce e paziente, aveva solo qualche volta fatto rimostranze (ed a ragione), quando l’assatanato tornava ore dopo l’ora promessa, o quando non si staccava più dal fiume... Ora che è stata colta anche lei dal virus alieuticus, è la prima a voler andare a pescare, e l’ultima a smettere! Trovato un punto in cui bollano, inizia una serie di catture, scegliendo la mosca giusta per ogni bollata: non male per una principiante! La sera, poi, mentre Mirko ed io l’aspettiamo, è solo il buio a convincerla di smettere...


South Platte River – Paola.


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Claudio Tagini (ClaudioUSA)


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