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ITA - Krill

  07/10/05

di Beppe Saglia




Per un verso o per l’altro questa stagione in mare non voleva saperne d’iniziare. Tra i boschi che hanno deciso di regalarci un anno di grazia con i funghi che implorano d’essere colti, i fiumi del piano che s’ingrossano  ogni settimana regalando siluri a ciclo continuo, i torrenti in grande spolvero per la chiusura, Popaye che sposta mezza Italia sul Brenta, il meteo impazzito, è stato un continuo rimandare. Ma alla fine si parte. Dubbiosi. Piove da una settimana, piove per tutto il viaggio di andata, sino al parcheggio a S. Margherita, ma poi con sincronismo divino, vedendoci cosi caparbi, Giove pluvio concede qualche ora di tregua, giusto il tempo della nostra prima fugace uscita. Tra la spessa coltre di nuvole basse cerca addirittura di insinuarsi qualche timido raggio di sole.


La metà è scontata. Le boe, a cercar lampughe. Proviamo sia a galla (con un popper fatto con speranzosa dedizione la sera prima), sia sotto con pescetti di varie fogge dove il giallo la fa da padrone. Qualche inseguimento, uno pseudo attacco a vuoto da infarto sul popper, ma dopo una bella ora lo score e ancora a zero.


Ampie schiere di trainisti, a volte con barche sofisticate a volte con vecchi gozzi, salpano ripetutamente ed inutilmente la zona. Brutto segnale quando vanno in bianco anche loro…


Si scruta l’orizzonte alla ricerca di alternative, ma di fontane di gabbiani ululanti neanche l’ombra. In realtà sono presenti in gran numero, ma paiono attendere un ordine superiore. Girano, si abbassano sull’acqua, compiono qualche sporadico tentativo di piluccamento poi stancamente si posano sull’acqua lasciandosi cullare dalle onde appena formate. Decidiamo comunque di abbandonare boe e lampughe per fare due lanci dove stazionano i gruppi più numerosi di gabbiani.


Il tempo di pescare qualche minuto in blind, e subito con grande emozione ed eccitazione scorgiamo quello che non ci aspettavamo. Una mangianza, lo scopo delle nostre alzate notturne, il dispenser di adrenalina. Si materializza improvvisa, a poca distanza dai gabbiani, che però stranamente snobbano. Sognavamo questo momento da mesi. Ci fondiamo nei pressi, e nonostante la solita agitazione della prima volta, nonostante la solita saga di errori da dilettanti allo sbaraglio, riusciamo a lanciargli dentro un paio di volte a testa.



Sensazione particolare, di sbigottimento, quella di aspettarsi lo strattone al primo metro di stripping, e vedere che non arriva. Ne al metro successivo, ne al lancio successivo. Stupore, incredulità mentre il mare si rompe in guizzi e spruzzi, solo un po’ meno violenti e caotici del solito. La senzazione è di assistere ad una predazione ragionata, non istintuale e non fusiosa. La mangianza si esaurisce senza risultati. Si cabalizza, si ragiona ad alta voce e ciascuno fa gli opportuni aggiustamenti. Le esche istintivamente rimpiccioliscono e alla successiva breve mangianza l’aggancio di uno sgombro e di una grossa sarda ci illude di aver trovato il bandolo della matassa.


Ma i conti continuano a non tornare. Le occasioni non sono costanti ma nemmeno infrequenti. Seguendo i gabbiani individuiamo e peschiamo diverse altre brevi e limitate mangianze ma a parte qualche piccola preda occasionale, le esche vengono bellamente ignorate.



Solo dopo un paio d’ore, quando la giornata è contrariamente alle previsioni diventata calda ed assolata, facciamo quello che avremmo dovuto fare subito. Osserviamo attentamente invece di pescare, e sorpresa… non ci sono acciughe, non ci sono latterini, ci sono piccoli gamberetti trasparenti con il capo arancio. Krill? Una telefonata a RDC me lo conferma, sono decisamente loro, i piccoli crostacei presenti in tutti i mari del mondo (dovrebbe trattarsi di Euphausia superba) l’oscuro oggetto del desiderio dei predatori, in gran parte sgombri.


Ecco che d’incanto si spiega la poca collaborazione dei gabbiani, l’insuccesso dei trainisti, lo snobbamento di esche tradizionali e collaudate. E per la prima volta in mare si presenta quella situazione che pensavo essere esclusiva delle difficili risorgive di acqua dolce, cioè lo sconforto di non avere l’imitazione giusta. Oltretutto è mezzogiorno e dobbiamo per problemi vari rientrare presto. Un paio di tentativi ancora con quanto di più piccolo avevamo, e di ritorno un giro dalle parti delle boe per gli ultimi lanci.


Siamo ancora distanti qualche centinaio di metri quando scorgo una mangianza diversa dalle altre sino a quel momento succedutesi. Estesa, franca, violenta, la più bella della giornata. Ci avviciniamo, prepariamo le armi sapendo che sarà l’ultima occasione della giornata. Avevo già messo il popper, ma appena arrivo a distanza di lancio vedo distintamente tra il ribollire dell’acqua le sfumature ambrate del krill. Ancora loro! Decido di lasciare il popper e faccio un bracciolo settanta cm sopra, legandoci la mosca più piccola e rossobrunasta che avevo. Mentre volteggio un altro riflesso si mischia all’arancio, quello giallo verde inconfondibile delle lampughe. Cuore a mille e stavolta la coda parte, per una fuga moderata ma piena di pathos. Nonostante l’amo sia veramente piccolo la sorte mi da una mano e la lampuga arriva finalmente in barca. Uno sguardo ai colori bellissimi e uno all’impietoso viaggiare delle lancette dell’orologio. Peccato abbandonare ora. Peccato aver saputo il giorno dopo che nel pomeriggio sarebbero arrivate anche le acciughe e dietro di loro i tonnetti. Ma ci sarà tempo ed occasione. La grande stagione del mare nostrum è appena partita.



Salati..... Beppe S.W.


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