BZ - "Finalmente Belize!" - parte prima
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- Scritto da Paolo Fortunati (Pablo)
Aprile 2010
Testo di Paolo Fortunati (Pablo)
Fotografie e filmati di Alberto Galeazzo (Faina) e Paolo Fortunati (Pablo) Tutto iniziò un giorno qualsiasi, di un mese qualsiasi del 1992, anno in cui iniziai a pescare a mosca, per poi gradatamente abbandonare quasi tutte le altre tecniche di pesca che avevo praticato sino a quel momento dall’età di sette anni.
Mi trovavo in un noto negozio milanese di pesca a mosca, e stavo iniziando a rendermi conto che negli anni a venire avrei dovuto incrementare notevolmente il mio lavoro per poter far fronte all’acquisto di chilogrammi di attrezzatura PAM, al fine di alimentare la mia fortissima passione oltre al mio esigente ego “alieutico”. Mentre girovagavo per il negozio, ad un certo punto con le braccia cariche di ogni ben di dio, l’occhio mi cadde tra i depliant promozionali di viaggi di pesca in mete esotiche. Attratto dalle fotografie in copertina chiesi al simpatico gestore del negozio di poterne avere qualcuno quantomeno per iniziare a “sognare”. Come immaginerete, una volta giunto a casa, la mia attenzione fu immediatamente catturata dalla proposta di un viaggio di pesca in Belize, un piccolo ed a me quasi sconosciuto stato del centro America, ex colonia inglese, alla ricerca del fantomatico Permit, incubo ruba-sonno per ogni PAM di acqua salata. Permit Da quel momento sono sempre stato attratto da mete esotiche soprattutto in mare, raccogliendo quante più informazioni possibili da riviste specializzate sia italiane che straniere. Purtroppo internet a quel tempo, non era ancora un mezzo informatico sviluppato come lo è oggi, per cui non sono riuscito ad informarmi più di tanto ed il Belize è rimasto per me un “pallino”, un sogno in un cassetto della mia mente, anche e soprattutto per le cifre “astronomiche” necessarie per lo svolgimento di quel genere di viaggio. Ma l’anno scorso, dopo diversi viaggi di pesca a mosca in mare effettuati negli ultimi anni in mete esotiche, giunse finalmente, e quasi per caso, l’occasione di aprire quel cassetto! Parlando con Alberto, il mio ormai stra-collaudato compagno di pesca e grande amico, conosciuto ai più come “Faina”, “Pisolo” o “Schumacher”, nel tentativo “disperato” di trovare una meta da accoppiare al nostro “solito” viaggio nelle Everglades della Florida, concordammo che il Belize faceva al caso nostro. Tra l’altro ci era stato da poco l’amico Stefano Mantegazza, il quale aveva descritto ad Alberto le meraviglie del piccolo stato centroamericano, con i suoi numerosissimi, introversi e scorbutici Permit. Le indicazioni forniteci da Stefano si sono rivelate da subito preziosissime, ed in men che non si dica sono riuscito ad organizzare il viaggio. Così Il 30 Aprile 2010 siamo partiti da Milano con un volo Iberia per Madrid, dove ci aspettava un volo American Airlines per Miami, che ci avrebbe portati a destinazione nel pomeriggio dello stesso giorno. Subito in albergo per depositare i bagagli e poi via in taxi al Bass Pro Shop presso il Dolphin Mall di Miami, per fare, con avidità, la solita incetta di attrezzatura ed abbigliamento a prezzi introvabili in Italia, grazie anche al cambio favorevole. L’ingresso del Bass Pro Shop al Dolphin Mall di Miami Salottino di “meditazione” in un angolo del Bass Pro Shop Dopo una rinfrancante dormita ed una robusta colazione presso l’Hilton Garden Inn di Miami, albergo scelto per la sua vicinanza sia all’aereoporto che al Dolphin Mall, abbiamo preso un volo American Airlines per Belize City, la capitale, dove abbiamo dovuto attendere un paio d’ore a causa di disguidi tecnici. L’attesa è stata però allietata da due Rhum Punch offerti dalla compagnia aerea per il “disagio arrecatoci”, e devo dire che questa cosa ci ha fatto un po’ sorridere pensando a cosa sarebbe successo invece se fossimo stati in Italia! Leggermente su di giri saliamo su un piccolo aereo della compagnia Tropic Air con non più di una decina di posti, che ci ha condotti infine a Placencia, nostra base operativa in Belize. In viaggio verso il Belize Belize City, imbarco per Placencia Il Rhum Punch ha fatto effetto! (notare anche la smorfia della Faina) Arrivati! Placencia è un villaggio che sorge sulla punta di una penisola la cui parte terminale ricorda un po’ la forma di uno stivaletto da donna, proteso verso il mare. All’interno c’è una grande laguna, la Placencia Lagoon dove si possono fare escursioni anche in kayak (magari con canna al seguito), mentre la parte verso il mare è contornata da spiagge di cui fruisce perlopiù la gente del posto. Pur essendo considerata una località turistica nella zona, Placencia è un posto abbastanza tranquillo, frequentato da gente di ogni tipo, escursionisti per le mete naturali dell’entroterra, amanti del bird-watching, velisti solitari e non, vacanzieri in cerca di pace e tranquillità, e naturalmente pescatori a mosca. Mappa di Placencia Per le stradine di Placencia Con un “taxi” arriviamo alla nostra sistemazione: Dianni’s Guest House, sempre consigliataci da Stefano, dove abbiamo prenotato una cabana, graziosa casetta in legno rialzata sulla sabbia con 2 letti, cucinetta, bagno e portico con immancabile amaca, il tutto a 20 metri dal mare! Sì, ora si inizia a ragionare!!!! La nostra cabana, sulla sinistra c’è il viottolo in sabbia corallina ed a 20 metri c’è il mare! Dopo aver depositato i bagagli, facciamo subito un giretto esplorativo del paese ed in particolare nella zona dei moli e delle spiagge (già virtualmente visitata in precedenza a casa su Google Earth), giusto per vedere se si potevano fare “due lanci” prima di cena. Muniti di una birretta fresca e di un ottimo dolce casereccio al cocco acquistato strada facendo da una “big mama” locale, individuiamo il Posto: una lunga lingua di sabbia alla fine del paese che si protendeva in mare verso un’isola di mangrovie creando uno stretto canale con forte corrente regolata dalla marea: sarà la nostra abituale meta di fine giornata! Spiaggia vicino casa che culmina con uno stretto canale regolato da corrente e marea, teatro dei nostri “4 lanci a fine giornata” Come resistere alla tentazione di gustare un dolcetto fatto in casa da una “Big Mama” locale! Nel frattempo però si è fatto tardi e non avevamo ancora incontrato la nostra guida Dermin Shivers (sempre raccomandataci da Stefano), quindi decidiamo di andare a cercarlo chiedendo ai simpatici titolari della nostra Guest House Ruth Turner e Dean Cabral (oltre che per ritirare parte del nostro bagaglio arrivato da Belize City in 2 tempi). Il bagaglio era fortunatamente arrivato, e dopo un paio di telefonate fatte gentilmente da Ruth, riusciamo anche a parlare con Dermin ed a prendere accordi per il mattino seguente: “Inutile svegliarsi troppo presto domani, la marea giusta per i Permit è più tardi, ci vediamo al molo davanti casa vostra alle 7”, sentenzia in un caraibico inglese Dermin! Sede della Dianni’s Guest House con internet point e piccolo bazar “Bene, questo sa il fatto suo!” pensiamo noi, quindi decidiamo di andarcene da WENDY’S RESTAURANT, un ristorantino vicino casa suggeritoci da Dianni (la graziosa figlia di Ruth e Dean) a gustare le specialità creole locali. Tra le varie portate sul menù, scegliamo Ceviche piccante di gamberi con tacos fatti al momento, polpettine di Conch (grosso mollusco che si trova in tutta l’aera dei caraibi) con salsina agrodolce, filetto di Snapper “Island Style”, una bella birra ghiacciata, per terminare infine con un bicchierino di rhum locale sul patio fumando un buon sigaro cubano. Ci alziamo soddisfatti dopo aver pagato la bellezza di 80 BZ$ compresa la mancia (Il $ del Belize corrisponde a 0,5 $ americani, quindi circa 30 Euro in due!!!!), un giretto in paese, un saluto a Ruth che ci ha dato istruzioni su dove andare a fare colazione al mattino (inclusa nel prezzo), e rientriamo nella nostra casetta stanchi e sorridenti. Un’ultima controllatina all’attrezzatura per il giorno seguente, bacio della buona notte ai miei Tibor e ci abbandoniamo entrambi tra le braccia di Morfeo. La mattina seguente alle 6 e 30 eravamo già nel posto prescelto per fare colazione, una sorta di palafitta in legno con tetto in foglie di palma dolcemente adagiata sul mare…. La migliore colazione della mia vita!!! Gnocco fritto, salsicce, uova strapazzate, frutta tropicale, succhi di frutta e caffè: con una colazione così sei a posto fino a sera (o quasi)… Dopo circa venti minuti di estasi la nostra colazione era sparita e, nel silenzio del mar dei Caraibi, si avverte il rombo di una barca a motore: Dermin sta arrivando! Dermin Shivers, valida guida ed ottima persona! Sta arrivando al nostro molo…. Carichiamo tutto e……….pronti a salpare! Dopo pochi convenevoli di rito ed un briefing sullo svolgimento della giornata di pesca, carichiamo tutta l’attrezzatura sul panga (tipica barca locale per pescare nelle flats molto robusta ed adatta ad affrontare le miglia di mare che ci separano dai primi affioramenti della Barriera Corallina del Belize, la seconda al mondo per estensione (almeno così si dice). Dopo poco salpiamo per la nostra destinazione, la Baker Flat, a circa 40 minuti di navigazione dalla costa, tavola “calda” naturale per i nostri Permit! Durante la navigazione incontriamo delfini, grandi tartarughe, ed anche una bella mangianza di grossi Jack Crevalle che tentiamo a trainetta ma purtroppo senza risultato. Delfini incontrati sulla rotta! Quando giungiamo sul posto prescelto, pensiamo che se esiste un paradiso per un pescatore a mosca in mare, deve essere proprio così!!!! Un Pablo in estasi sulla Baker Flat con Dermin Una Faina in estasi lancia sul primo Permit visto La flat di corallo dai colori stupendi è perfettamente percorribile in wading ed è lunga 700-800 metri e larga una cinquantina, sembra fatta apposta per ospitare i Permit. Dermin ci spiega subito come si sarebbe dovuta svolgere l’azione di pesca: uno di noi deve restare vicino alla barca, trascinandola lentamente ad una ventina di metri da guida e pescatore di turno. Al primo cenno di stop della guida (sorrido pensando alla guida “in ferma”, per usare un eufemismo venatorio) chi è alla barca si ferma e segue l’azione da lontano, pronto ad avvicinarsi rapidamente con la barca in caso di aggancio del Permit, per permettere al pescatore di montarvici sopra per combattere al meglio il carangide o di seguirlo tra i coralli in caso di lunga fuga. La guida trattiene la barca mentre faccio la foto, poi trainerò io! Dopo poco avvistiamo i primi Permit con le loro falci nere che fendono l’acqua turchese. I nostri battiti accelerano, tocca per primo ad Alberto che si avvia quasi timoroso a fianco della guida, come un bambino preso per mano dal suo papà, per la prima volta in un parco di divertimenti. I turni di pesca stabiliti sono di circa 30 minuti a testa, purtroppo Alberto non riesce ad effettuare nessuno strike, anche se i pesci sono numerosi e seguono il Bauer Crab fornitoci da Dermin. Abbiamo avvistato i primi Permit quasi subito! Piano piano ci rendiamo conto dell’immensa difficoltà nella cattura di questo pesce: prima di tutto va individuato, e vi assicuro che quando non mostra le sue pinne fuori dall’acqua ed è in movimento è come cercare un fantasma; poi bisogna mettersi in posizione favorevole di lancio il che, con il vento teso sempre in faccia, risulta essere sempre molto difficile; infine, una volta effettuato il lancio, bisogna riuscire a cogliere l’attimo in cui il Permit ingoia (sempre che ne abbia voglia) il nostro granchietto. Infatti, se tardiamo anche un solo secondo nel ferrare (sempre con la coda, mai con la canna), il Permit avrà tutto il tempo di: aspirare l’esca, dargli una strizzata con i poderosi frantumatori faringei di cui è dotato, danneggiare o addirittura probabilmente spezzare il nostro amo di acciaio, ed andarsene lasciandoci con un palmo di naso senza nemmeno averci fatto avvertire la minima sensazione della mangiata! Tutto questo sempre che non sia riuscito a tagliare prima il finale sul corallo! Ecco i “pharyngeal crushers”, frantumatori faringei che il Permit possiede all’interno della bocca per spaccare il carapace dei granchi di cui si nutre Alberto un paio di volte ha recuperato solamente l’occhiello dell’amo, dopo aver tentato di ferrare un Permit, dietro indicazioni della guida che riusciva a vedere il momento in cui il suo Bauer Crab veniva ingoiato dal pesce!!! Inutile dire che qui la guida è preziosissima se non fondamentale!! Senza una buona guida che ti porti nel giusto spot, che individui i pesci che nuotano tra i flutti (in cruising), e che ci dica quando è il momento di ferrare se non riusciamo a vedere la mangiata, le possibilità di avere un Permit in canna si riducono drasticamente. Ma torniamo a quella meravigliosa giornata sulla Baker Flat. E’ il mio turno e come d‘uso mi incammino a fianco della guida alla ricerca della preda, ad un certo punto Dermin si mette “in ferma” a mi dice: “Here’s a school!” (eccone un branco!); con un cenno della mano fa bloccare Alberto che ci seguiva con la barca e mi accompagna in una posizione perfetta per il lancio. Dermin ha appena avvistato una school di Permit! Branchetto di Permit in tailing avvistato da Dermin Vedo le falci nere delle loro pinne fendere l’acqua a circa 15 m. da noi, Dermin mi dice di lanciare, siamo però contro vento (tanto per cambiare), lancio….., un buon lancio, lascio affondare il Bauer Crab ed inizio un lento e nervoso recupero proprio nei pressi di pesci. Ad un tratto sento duro e BBBBAAAAAAMMMMM, piazzo la ferrata con la coda a canna dritta, C’E’! Improvvisamente mi ritrovo in una strana dimensione, tutti i suoni mi sembrano come ovattati, sento solo in lontananza le urla di gioia di Dermin che chiama Alberto con la barca per permettermi di salire e combattere meglio il Permit. Mi ritrovo sulla prua del panga sballottato dai flutti ma fermo come se avessi i piedi inchiodati sopra. L’adrenalina pervade tutto il mio corpo ed ogni muscolo è teso come una corda di violino. Sento il dolce suono della frizione del mio Tibor Riptide, il suono del vento, le urla di incitazione di Dermin ed Alberto……..UN SOGNO !! Pablo incanned... Quasi ci siamo…. Il Permit, anche se di dimensioni non grandi, mi fa sudare, cerca sempre le formazioni di corallo per sfregare con il suo musetto e tagliare il filo, ma io tengo sempre la canna alta e lo forzo. Dopo qualche minuto di libidine è sottobordo e Dermin, anticipando Alberto (Pisolo), lo afferra per la coda con un movimento fulmineo e tanto naturale... “Paolo we got him, Yahoooooooooooo!” (non è pubblicità occulta! ) Presa rapida e sicura! Finalmente è mio! Urla di gioia, fotografie, bellissimo! Dermin tenta di liberarlo dal granchietto a mani nude ma non ci riesce (era ferrato bene), gli dico di prendere la mia pinza saltwater che ho alla cintura ed in un attimo lo slama. Poi scendo immediatamente in acqua per liberarlo, una lenta rianimazione ed è di nuovo nel suo ambiente naturale, libero e più furbo. Ce l’ho fatta, non ci credo ancora ma ce l’ho fatta! Il mio primo Permit! Dopo la cattura ripongo la mia canna in barca agganciando il granchietto al primo anello della mia fida SAGE RPLXi 9#9, lasciando spazio ad un raggiante Alberto il quale, nonostante mi abbia candidamente confessato di essersi “appisolato” proprio un attimo prima della ferrata spegnendo la telecamera (...... ), ammette però di essersi ampiamente riscattato filmando successivamente tutta la cattura compreso il rilascio! Foto con Dermin prima del rilascio Il Bauer Crab fornitoci da Dermin agganciato sulla canna, poco dopo si staccherà l’anellino a causa dell’azione devastante dei famigerati “pharyngeal crushers” Dopo il turno di Alberto, che si conclude con diversi avvistamenti e qualche ferrata in bianco (il Permit è veramente uno s… Simpaticone!), la marea diventa sempre più bassa e quindi Dermin ci dice che i Permit non si avvicineranno più alla flat per oggi. Notiamo però che nella flat avvengono delle frequenti incursioni di piccoli carangidi, perlopiù piccoli Jack Crevalle, Horse Eye Jack (Ojo Gordo) e Bar Jack (Cohinùa). Prendo quindi la mia canna per cambiare imitazione, ma quando faccio per staccare il Bauer Crab al gusto di Permit dall’anellino, mi rimane in mano l’occhiello dell’amo!!!!! Sono stato fortunato: il mio Permit aveva tentato di spaccare l’insidia che aveva in bocca con i suoi pharyngeal crushers, ma per fortuna c’è riuscito solo una volta catturato!!! Incursioni di piccoli carangidi nella flat FINE PRIMA PARTE..... Paolo Fortunati (Pablo)
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