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Il popolo dei pescatori mi prese per mano

Ricordi
Italia  20/05/03 di Piero Ravotti (Piero49)



La prima volta che quella mano, di uomo adulto, già molto esperta del mondo, cercò e incontrò la mia, appena aperta nell'annaspare senza senso la mia prima aria umana, non fu certo per farmi camminare: non posso ricordare, ma non devo ricordare, di sicuro volle che i suoi ed i miei, ancora, incoscienti occhi, vedessero lo scorrere del fiume.
E da allora quella presenza amò costruire, in me, una mente adatta a godere dello scenario più affascinante che qualsiasi essere vivente possa incontrare: lo scenario della Natura.
Quello che seguì fu un progetto non scritto, ma costruitomi addosso, giorno per giorno, dai primi momenti della mia vita fino a quando mi credetti capace di poter correre da solo.
Quelle mani mi insegnarono a catturare grilli nella rugiada del mattino, mi portarono a raccogliere i bruchi dei pioppi, mi indicarono gli sfarfallamenti, mi fecero impugnare la prima canna, annodare le prime piume.
A questo grande pescatore a mosca e gran scapolo, mio zio, che seppe farmi leggere l'unico libro scritto da sempre nel vento delle stagioni, rimane legato ogni mio gesto, anche il più tecnologicamente evoluto, perché fu allora che venni segnato come uno del popolo delle acque, e a questa cultura, soprattutto se l'incontri da bambino, non puoi che appartenerle per sempre.
Un'altra prima volta. Qualche anno dopo, quando, ancora bambino, conobbi, un compagno di pesca di mio zio, un secondo maestro, che, rientrato dagli Stati Uniti, portò in riva al fiume la sua attrezzatura per la pesca all'inglese.
Quella canna dalla sezione non rotonda, quello strano legno, quel goffo mulinello e la magia di quei movimenti.
E poi.
La sua strana mosca di allora e, oggi, il mio strano bisogno di portarmi dietro pallini di piombo.
Quella mosca adesso è conservata con tutte le cautele.
La prima volta che vidi quell'artificiale, mi venne presentato sul palmo di una possente ruvida mano.
Mi ricordo, immagini da bambino, il contrasto, che quell'affascinante minuscolo oggetto, creava tra le dita ruvide e vigorose di quella mano, sullo sfondo di uno sconfinato tramonto estivo in riva al fiume.
Un ciuffo di piume un po' spettinato, abbondante, disorganico, ma colorato come un quadro, e tra le piume lo spessore di un amo forgiato dall'arte del pescatore, ma, e fu questo che rimase impresso per sempre nella mia mente: la testa di questo improbabile essere era un pesante pallino di piombo da pesca.
Per un bambino quasi l'incontro con un abitatore di mondi lontani nell'Universo della fantasia che solo i ragazzini sanno popolare di forme, colori, storie.
Quasi una leggenda che la sera mi chiudeva gli occhi dandomi la serenità che ad ogni bambino porta l'ingresso in una bella favola.
Eppure questo magico oggetto racchiudeva già le pagine del libro della vita.
Rappresentava la creatività, la speranza, la delusione, l'inganno, la vita, la morte.
Ma per quel bambino aveva il fascino delle avventure in riva al fiume.
L'ultima, da allora, di tante altre prime volte, domenica 23 febbraio 2003.
L'ultima domenica di febbraio, il giorno del rito, un'altra mano estrasse dalla sua scatola tutta la tecnologia moderna pronta a posarsi sull'acqua.
Quell'artificiale e tutti gli altri, deposti come preziosi nei loro scompartimenti, aggiungevano nuovi record da archiviare nella mia memoria, un archivio lungo come una vita, dalla preistoria alla supertecnologia dell'uomo postmoderno: una sfilata di acciai, piume, sete, materiali tratti alla natura o nati nei laboratori.
Ma anche queste, giovani, possenti mani che mi porgevano artificiali descrivendone lo spirito e hanno stretto prede in tutto il mondo, che posseggono tutta la tecnologia del moderno e ne creano di nuova, si muovono e vivono oggi perché sono proiettate oltre ogni tempo e attingono la loro forza dall'arte antica di chi guardando l'acqua, annusando l'aria, capisce, per istinto ancestrale, il momento della sfida alla Natura.
Tante prime volte, eppure quella mano che mi portò per la prima volta a vedere l'acqua, che mi fece annodare i primi ami, tracciare nell'aria le traiettorie della sfida e quell'altra che mi fece scoprire come possono galleggiare piume piombate e quest'ultima che oggi guida la squadra dei campioni del mondo, per me sono una sola mano.
E' la stessa mano che ha guidato, da sempre, e che sfidando l'assurdo di queste stagioni sfuggite alla Natura, continua a guidare tutti quegli uomini che, rubando a tutto il loro tempo moderno, supertecnologico, una manciata di magici momenti, ancora oggi ragionano e si muovono come il popolo dei pescatori.


Piero Ravotti

© PIPAM.com

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